Pagina:Vivanti - Sorella di Messalina.djvu/115

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(Adriano tacque per alcuni istanti. Alberto non osava nè muoversi nè fiatare).


— Due mesi più tardi Weill si tirò un colpo di rivoltella al cuore.

Lasciò una lettera in cui diceva:

«Ho orrore di me... Ho orrore di tutti... e della vita... Adriano, addio. Perdona!»

Morì dopo quattro giorni di agonia all’ospedale. Rosàlia ed io accorremmo al suo capezzale, ma dopo il primo giorno — sia per desiderio di lui, sia per divieto dei medici — non fummo più ammessi alla sua presenza.

Da allora in poi sparì dalla mia casa il profumo dell’Origan, e ritornò il suono strascicante delle pianelle.


(Adriano sostò nuovamente.

E di nuovo il cane abbaiò lugubre e lontano nel gran silenzio della campagna. Un lieve fruscio e crepitìo sui rami annunciò che cadeva la pioggia.

La voce del narratore si fece più bassa).


— Poco a poco subentrò... in lei? in me? chi può dirlo?... un altro sentimento. La stanchezza? Il disamore? No. Qualcosa di più profondo e di più fosco.