Pagina:Vivanti - Vae Victis, Milano, Quintieri, 1917.djvu/196

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184 annie vivanti


Ebbene io, talvolta, provo la sensazione che l’anima mia non solo sia stata ferita, ma uccisa, assassinata mentre ero svenuta in quella notte di terrore.

Mi pare che non sia io — non la vera Chérie, ma un fantasma, uno spettro che mi assomiglia e porta il mio nome — colei che passeggia per questi placidi parchi inglesi, che parla e sorride, che bacia e conforta Luisa, che prega per Claudio e per Florian.

Florian!... Florian! Dove sei? Che forse anche tu sia morto? Che questo senso d’annientamento, d’irrealità in me, non sia che un presagio, un avvertimento della tua vera morte?

Ah! mio diletto dagli occhi azzurri, mio gaio e temerario eroe, sei tu forse già fuori della vita? Se io pur andassi peregrinando per tutta la terra non ti troverei forse mai più?

Ah! fossimo anche noi raccolte sotto l’ala quieta e sicura della Morte — Luisa ed io e la povera Mirella; tutte e tre stese nel buio e nel silenzio con gli occhi chiusi e le calme mani incrociate....

Tante volte lo penso. Che dolce cosa sarebbe se potessimo tutt’e tre fuggir via — fuori dell’esistenza, come riuscimmo a fuggire dal bosco in quella notte! Se potessimo silenziosa-