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vano meno di quaranta, sul suo oorpo e sulle sue membra.

Intanto in quella sala era entrata ancora un’altra persona portata dall’ascensore. Il sarto mise in azione un meccanismo che produoeva dei movimenti ritmici con un debole rumore e subito dopo egli disfece di un sol colpo la leva mettendo Graham in libertà. Il sarto gli rimise il mantello nero; l’uoimo dalla barba bionda gli porse un bicchierino colmo di una fluida sostanza rinfrescante, e Graham potè vedere a traverso il vetro,’ un giovanotto dal volto pallido che lo guardava con una strana insistenza. Il personaggio grasso, agitato e impaziente, passeggiava in quel tempo su e giù per la sàia: dopo poco però girò sui tacchi e s’inoltrò nel passaggio a vòlta per giungere al balcone da cui proveniva, in raffiche cadenzate, il rumore di una folla lontana.

L’adolescente da’ capelli corti consegnò al sarto un rotolo di raso azzurro, che ambedue applicarono al meccanismo nella stessa maniera con cui si fissava un rotolo di cqrta nella macchina da stampare del secolo XIX. Quindi, spingendo la macchina a traverso alla sala sulle silenziose rotelle, la portarono in un angolo, dove una specie di canapo intrecciato usciva graziosamente, dal muro: a questo congiunsero la macchina stessa che cominciò a funzionare con una meravigliosa rapidità.

— Che cosa fanno laggiù? — chiese Graham accennando col bicchiere vuoto quei sarti qffaticari e tentando d’ignorare l’esame minuzioso che gli faceva subire il nuovo venuto. — È forse.... un genere di forza motrice.... in applicazione?

— Sì, — rispose l’uomo dalla barba bionda.