Pagina:Zamboni - Pandemonio - Il bacio nella luna, Firenze, Landi, 1911.pdf/428

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« — Che! ci vuole un permesso?

« — Sì signore. —

«Di lì ad otto giorni l’aspettato consentimento giunse.»

Chi avrebbe detto allora ai due sventurati amici Pellico e Maroncelli, che davanti alle loro prigioni sarebbero stati posti i loro ritratti, che si sarebbe pagato l’ingresso per conservare quelle prigioni come un sacello, che sopra il ritratto di Silvio Pellico sarebbero messe firme e foglie; un libro per notare i visitatori forestieri, i quali convengono spontanei a visitare le segrete, non allettati da richiami ufficiali come al Pantheon per V. E.

Non è ciò indizio della grandezza dei due defunti? O dei tempi mutati?

Ma quanto diverso mi parve il ritratto da quel Silvio che nel 1847 vidi in Roma e mi consigliò, anzichè di coltivare le lettere, di studiare legge per difendere i politici!

Leggendo la storia imparziale del comm. Bersezio «Casa Savoja», risulta che per così dire nei tempi preistorici essa tendeva a sperare o a preparare l’unità d’Italia. — Come dunque non si mosse, non dico per reclamare, ma per minorare la pena a un suddito sardo che si travagliava per l’unita d’ ltalia? —

Si volle militarizzare il terremoto. Costringere a imbarcarsi quelli che avevano tutto il diritto di restare nelle case loro, anche rovinate. Affamare gli affamati. Non si permise alle squadre volontarie di lavorare, temendo che scemasse il prestigio dell’armata e gli altri facessero dal canto loro prodigi senza il controllo governativo.