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Chè per voi tanta il Ciel virtù disserra,
     Alma regal, ch’io non so come, o quando
     Ne fia cortese ad altra donna in terra.


II1


Alma Vittoria, che del Tebro in riva
     La voce in sì bei carmi un dì sciogliesti,
     Che mille volte, e mille altrui potesti
     Dubbio recar, se fossi donna, o diva;
5Questa, che da tua stirpe alta deriva,
     E ch’or col dolce viso, e gli atti onesti
     L’Adria innamora, ben dal Ciel vedesti
     Qual sia di tua virtude immagin viva.
Io chiederei lo stil, che teco ai santi
     10Cori portasti, esso che sol potrebbe
     Spiegar di Agnese i pregi eccelsi e tanti:
Ma chi sa mai, se sua modestia avrebbe
     Agrado poi di udire i propri vanti?
     Ed allor quale stil se le dovrebbe?


III2


Muse, se di spogliar mio stile impetro,
     Vostra mercè, di modi incolti e bassi,
     Fa che col nome un dì forse io trapassi
     L’ultimo lido, e invidia io vegga indietro.
5Non già le crude fiere, e i sordi sassi,
     Come il tracio Cantor, vò trarmi dietro:
     Nè cerco già verso l’ardente e tetro
     Empio regno di Dite aprirmi i passi.
Alle mie rime, or da viltade oppresse,
     10Lume darò coi pregi del più altero
     Spirto, che in mortal velo il Ciel mai desse.

  1. A sua Eccell. la Sign. Princip. Agnese Colonna Borghese.
  2. A sua Ecc. il Sig. Co. Antonio Rambaldo di Collalto.