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IV.


Raggio dello splendor sommo immortale
     Che il basso Mondo ad illustrar discendi,
     Bella virtù, che dove infiammi, e splendi
     Quasi togli al Mortal l’esser mortale;
5A te ricca di te null’altra cale,
     Ma di te stessa in te paga ti rendi,
     E fuor di te nulla bramare intendi,
     Perch’a te nulla è in paragone eguale.
Appo a te son mendichi e l’Indo, e ’l Moro;
     10E la forza, e l’ardir perde fortuna,
     Che tu la sorte sei, tu se’ il tesoro;
Il Bel, diviso in altri, in te s’aduna;
     Tu gloria, tu piacer, pace, e ristoro;
     Se v’è felicità, tu sei quell’una.


V.


Invidia rea di mille insanie accesa,
     Veggio i tuoi lampi, anzi che i tuoni ascolto,
     Ma non fia già, che sbigottito in volto
     Io de’ fulmini tuoi tema l’offesa.
5Qual folgore, che a rupe alta, e scoscesa
     Squarciando il sen scopre un tesoro accolto
     Tale, se il tuo livor barbaro, e stolto
     Lacera altrui, le altrui virtù palesa:
S’oltraggiare i migliori è tuo talento,
     10Mentre oggetto d’invidia esser degg’io
     Superbo andrò dell’ira tua contento.
E per rendere eterno il nome mio,
     Nell’aringo d’onore, a gloria intento,
     Invidia, altri ti teme, io ti desìo.


VI.


Questa vita mortal, ch’altri sospira,
     E dice per error fugace, e breve,
     S’occhio saggio a mirarla in lei s’aggira,
     Perchè lunga è così doler ne deve.
5Lunga è al fanciul l’età, che in fasce il gira;
     La sferza altra ne rende a lunga, e greve: