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GIO. BATTISTA CIAPETTI.
I
Questo è il ruscello? Ah secchisi nel fonte
L’alpestre vena, onde tu sei ruscello,
E s’acque stagneranno al piè del monte
Gravi alimentin sol selce e nappello.
5L’albero è questo? Ah la tua verde fronte
Arda fiamma dal Ciel, albero fello,
E sopra i rami tuoi corrano pronte
L’upupe, e ogn’altro augello.
Queste le rupi sono? A sì son queste,
10Dove sgorgano l’acque, e il pomo cresce
Non tocco ancor dall’Avo di Tieste.
Ahi, qual velen per l’aer tuo si mesce!
Quali dalle tue piante ombre funeste
Cadono! Ahi quanto il rammentarle incresce!
II
Dond’ai tu l’armi è donde i lacci e l’ali,
Amor, che tanto incrudelisci or meco?
Ah! che arcier non sei tu, non sei tu cieco,
Io ’l sono, io detti l’arco, ed io gli strali.
5Gli sguardi miei, che debbo alle immortali
Cose innalzar, con beltà vana or teco
Incauto perdo, e me medesimo accieco,
E accuso te, che senza me non vali.
Anzi conosco ben, che altro non sei
10Che un soverchio desìo, che nel cuor erra
Sotto la scorta de’ pensier più rei:
Il qual crede, da te fingendo in guerra
E vinti e incatenati in Ciel gli Dei,
Rendere onesti i suoi delitti in terra.
III1
La gran Donna del Mar, che lungi stese,
- ↑ A sua Ecc. Soranzo eletto in Venezia Procur. di S. Marco.