Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
115 |
V
Quel primo sguardo, ch’io rivolsi a lei,
Che tien sul mio voler libero impero,
Innocente partì dagli occhi miei,
Ma tal non ritornò poscia al pensiero:
5Che all’intelletto con sì dolci e bei
Color dipinse il vago volto altero,
Che tosto e cuore e libertà perdei,
Cui più, infelice! ritrovar non spero.
Del fiero inganno mio Ragion s’accorse,
10Ma che? in aiuto del tradito cuore
Colle sue forze ahi! troppo tardi accorse,
Ch’altri s’era di lui fatto Signore:
Onde confusa i passi indietro torse,
Ed io rimasi in servitù d’Amore.
VI1
Deh qual mi scorre, oh Dio! di vena in vena
Freddo timore, allorch’io penso al giorno
Giorno per me, sol di vergogna e scorno,
In cui il Giusto fia sicuro appena.
5Talchè mia mente di quel dì ripiena
L’alme più elette sbigottite intorno
Vede al Giudice irato, e il fier soggiorno
Cercar d’atroce non dovuta pena.
Sol per celarsi a lui, ch’all’ira è volto,
10Misera e vede ancor gli Angeli suoi
Coll’ali per timor coprirsi il volto.
Se tanto temeran gli sdegni tuoi
Quelli, che in Cielo hai già, Signore, accolto,
Che fia quel giorno, ahimè! che fia di noi?
VII2
Forse celarmi in quelle piaghe io spero
Nel duro dì, che ’l divin sdegno aspetta,
In quelle, ahimè! ch’al Giudice severo
- ↑ Memoria del Giudizio Universale.
- ↑ Sullo stesso soggetto.