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     Benchè nel mio pensier tutto dipinga
     L’orrido aspetto del futuro male.


FRANCESCO MARIA DECONTI.


I


Che tirannia d’Amor, volermi stretto
     Da tenace fortissima catena,
     Che l’alma a respirar ritrova appena
     Varco dal gran dolor, ch’opprime il petto!
5Poi con pari rigor schiavo negletto
     Vuol, che tacito viva in tanta pena;
     E mentre il cuore in lagrime si svena
     Sono anco il pianto a trattener costretto.
E questo è poco: mi fa reo di morte,
     10Se esalando un sospir, volgendo il ciglio
     Mostro a chi le può scior le mie ritorte.
Così viver non puossi: or qual consiglio
     Io prenderò, se in così strana sorte
     E il parlare, e il tacer, ha egual periglio?


II1


So ch’io merito pena aspra infinita
     Dalla giustizia di mia cruda sorte,
     Se ’l tradimento altrui, mia fè schernita
     Non furono bastanti a darmi morte.
5Deh! qual fierezza, o qual virtù sì forte
     Fu quella mai, che mi ritenne in vita
     A sì grave dolor? Da quai ritorte
     S’avvinse l’alma, onde non è fuggita?
Ah nò, morto son io: già senza moto
     10Sento il cor: sento il sangue entro le vene
     Giacere illanguidito, egro ed immoto.
E se cenere ancora non diviene

  1. Sfogo per accidente occorsogli.