Pagina:Zappi, Maratti - Rime I.pdf/194

Da Wikisource.
146

     L’umor per entro, e si mantiene e libra;
5Ma insiem se crudel morbo il sangue sfibra,
     Con polve ed erba il rio venen sai torre;
     E nuovo spinto qualor lento corre
     Mescere a lui, che l’assottiglia e cribra.
E per te spira ancor l’aria serena
     10Più d’un che da più mali e cure oppresso
     Giunto già si credev’all’ore estreme;
Tal che natura di stupor ripiena
     Dell’arte tua si maraviglia, e spesso
     Morte ti guata disdegnosa e freme.


II1


Ben può Apennin l’alpestro dorso opporme,
     E i freddi ghiacci: onde sua fronte indura,
     E far spesso che il piè per mal sicura
     Strada erri, e tarde segua e incerte l’orme:
5Ma non potrà con la sua asprezza torme
     Ch’Arno io non veggia, e le tue chiare mura,
     Fiorenza, e i toschi campi, ove Natura
     Mostra sua possa in sì leggiadre forme.
Che se il varco contende, e il piè ritarda
     10Quest’ardua rupe, al mio desir non toglie,
     Che di tanto tesor vieppiù non arda.
Certo quì l’Alpe pose erta e selvaggia
     Natura, acciò di te più ognun s’invoglie,
     O terren sacro, e in riverenza t’aggia.


III2


E depor non dovea l’ingiusto sdegno,
     Vergine, il Pretor crudo allorchè scerse
     Te giovinetta e bella in sì diverse
     Fogge soffrir sì duro strazio indegno?
5E senza di timor mostrar pur segno
     Franca mirar chi nel tuo sangue immerse

  1. Nel sormontar gli Apennini, viaggio facendo in Toscana.
  2. Per S. Margherita Vergine e Martire.