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     L’altra fermasi intenta al tuo sembiante,
     Qual lieta Madre, che rivegga il Figlio.


V1


D’illustri ulivi, e di famosi allori
     Signor, Te vidi alteramente ornato,
     Nella Città, che a noi provida dato
     Chi or gode i primi ricusati onori.
5Vidi il Metauro i tributari umori
     Portar superbo all’Adria oltre l’usato,
     E dell’Autunno ad onta il colle, e ’l prato
     Verdeggiar di nuov’erbe e nuovi fiori.
Solo tu non vedesti i tuoi gran pregi,
     10Anzi tentasti con bell’arte umile
     Convertirle tue glorie in tuoi dispregi:
Chè tua virtù forma non cangia o stile
     D’immortal serto e di novelli fregi
     Sebben Tu cingi il dotto crin gentile.


VI2


Pure in tanta grandezza oh qual risplende
     Dolce raggio d’amor, che n’assecura!
     E dice a noi: semplice gente e pura
     Appressatevi a lui chè al Trono ascende.
5Quindi Arcadia s’affida, e speme prende,
     Cesare invitto, di maggior ventura
     Ergendo al volto Augusto i rai secura,
     Qual augel, che il Sol mira, e in lui s’accende.
Ma appena il guardo riverente affisa,
     10Che sfavillare il glorioso, e santo
     Gran Padre, e tue virtudi in te ravvisa.
Nè fia stupor, se il regio serto e il manto
     Ti cinse, e stassi alteramente assisa
     Bella Clemenza al tuo gran Nume accanto.

  1. Coronale in lode di Mons. Annibale, poi Card. Albani.
  2. Coronale per l’esaltazione al trono dell’augustissimo Imperadore Carlo VI.