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FERDINANDO ANTONIO GHEDINO.


I


Sei pur tu, pur ti veggio, o gran Latina
     Città, di cui quanto il Sol aureo gira
     Nè altera più, nè più, onorata mira,
     Quantunque involta nella tua ruina.
5Queste le mura son, cui trema, e inchina
     Pur anche il Mondo, non che pregia e ammira;
     Queste le vie, per cui con scorno, ed ira
     Portar barbari Re la fronte china.
E questi, che v’incontro a ciascun passo,
     10Avanzi son delle mirabil’ opre
     Men dal furor, che dall’età securi:
Ma in tanta strage, or chi mi addita e scopre
     In spirito vivo, e non in bronzo o in sasso,
     Una reliquia de’ Fabrizi, e Curi?


II


Se giusto duol può meritar pietade,
     E se l’estremo supplicar de’ rei
     Mai s’esaudì, deh mostrami qual sei,
     Che sì mi tieni, piedi e man legate.
5Ben conosco a tua immensa potestate;
     Che vai del par cogl’immortali Dei:
     Ma, Signor mio, te pur veder vorrei,
     Che il veder Uom non rende libertate.
Discendi in mia prigion cotanto oscura
     10Con lume, e serra gli occhi, o tosto fuggi
     Se pietà del mio mal ti fa paura.
Io n’ho vergogna omai, più che dolore,
     Esser tant’anni, che m’affliggi e struggi,
     E ancor non saper dir che cosa è Amore.