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II
Ebbi già del tuo stral l’anima punta,
Barbaro Amore, ahi pur convien ch’io ’l dica;
Ma s’io non erro, e m’è la sorte amica,
È la mia servitude al suo fin giunta.
5Io veggio ben, che coll’aurata punta
Cerchi dell’empi, che adorai, Nemica
Rinnovarmi nel cor l’immago antica,
Guasta dall’odio, e dal dolor consuta.
Fa pur, fa pur che t’affatichi invano?
10Perchè veggendo lei, penso al mio danno;
E più l’ho presso, più le vò lontano.
Scritte l’offese in adamante stanno,
E tien lo Sdegno accesa face in mano,
Talch’io leggo il mio Scritto, e non m’inganno.
III1
Per quelle vie, che cento strali e cento
Apriro, uscendo il nobil sangue fuore,
Languìa Bastiano, e il barbaro furore
Allentò l’arco, ond’il credea già spento
5L’alma bramosa ancor di più tormento
Non uscí nò ma si ristrinse al cuore,
Al cuor difeso dal celeste Amore,
Nè lo strale avanzarsi ebbe ardimento.
Quand’ecco Amor di sua faretra un telo
10In lui vibrò di tale ambrosia tinto,
Che le piaghe sanò del mortal velo.
Ond’ei dovessi in nuovo agone estinto
Portar due palme e due corone in Cielo,
Dall’aspra guerra, ove trionfa il Vinto.
IV
Simile a sè mi fe’ l’alto Fattore,
Perch’io l’amassi; e quinci amato
Che nascer suol da somiglianza Amore,
Mirando sè nella sembianza altrui.
- ↑ Per S. Sebastiano M.