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EUSTACHIO MANFREDI.


I


Vegliar le notti, e or l’una, or l’altra sponda
     Stancar del letto rivolgendo i lassi
     Fianchi, e traendo sospir tronchi e bassi
     Per la piaga, ch’io porto aspra e profonda;
5E il dì fuggir dove non erba o fronda
     Ombri ’l terren, ma nude balze e sassi,
     Mesto rigando il suolo, ovunque io passi,
     Con larga vena, che per gli occhi inonda;
E ben scorgere omai, che Costei serba
     10Suo antico stile, e dopo il decim’anno
     Rivederla più bella, e più superba;
Vivere intanto, e d’uno in altro inganno
     Passare, e d’una in altra pena acerba,
     Questa legge m’impose il mio Tiranno.


II1


Dell’Universo al glorioso pondo
     Volgi, deh volgi un guardo, o gran Clemente;
     E vedi come lieto, e riverente
     In Te sol miri, e da Te penda il Mondo.
5Ecco a’ tuoi piedi Italia, e il bel fecondo
     Clima d’Europa, e il suol freddo, e l’ardente,
     Ecco a’ tuoi piè qual più remota Gente
     Da noi divide o Monte, o Mar profondo:
Ed ecco a’ piedi tuoi chinar l’ancella
     10Fronte Regi, e monarchi; e ognun Te degno
     Rege di loro, e Te Monarca appella.
D’Arcadia ancor (deh non aver a sdegno
     Sì poca gloria, che tua gloria è anch’Ella)
     D’Arcadia ecco a’ tuoi piè l’agreste Regno.

  1. Coronale alla Santità di Nostro Signore Papa Clemente XI.