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Più non udralla, o l’udrà tardi almeno,
Nella gran valle dell’eterno Addio.
XVI1
Poichè scese quaggiù l’anima bella,
Che nel sen di Costei posar dovea,
Incerta errando in questa parte e in quella,
Niuna degna di lei salma scorgea:
5Qual basso luogo è questo, e chi m’appella
Quaggiù dal Ciel? sdegnando ella dicea:
E già per ritornar di stella in stella
Era all’alta, onde scese, eterna idea;
Pur, seguendo de’ fati il gran disegno,
10Entrò nel vago destinato velo,
Vago bensì, ma pur di lei non degno;
E già lo sprezza, e già colma di zelo
Cerca dentro il fral breve ritegno
Tutte le vie di ricondursi al Cielo.
XVII2
O fiume, o dell’erbose alme feconde
Piaggie depredator, che svelli e ruoti
Gran tronchi e sassi, e quinci urti e percuoti
Tuguri e case, e non hai letto o sponde:
5Non toccar questo colle, e cerca altronde
Riva, a cui ’l corno minaccioso arruoti:
Quì s’adora Filippo, ed inni e voti
Dansi, a lui che dal Ciel n’ode, e risponde.
Sai pur, che a un cenno suo l’onde frementi
10Taccion del Mare, e con dimesse piume
Tornansi agli antri lor tempeste e venti:
Or di te che sarà, se un tanto Nume
Sprezzi, e i dolci suoi campi abbatter tenti,
Povero scarso orgogliosetto Fiume?