Pagina:Zappi, Maratti - Rime I.pdf/311

Da Wikisource.

263



XVIII1


Ben ha di doppio acciar tempre possenti
     Intorno al petto e adamantina pietra
     S’alcun v’ha cui nol frange e non lo spetra,
     Dolera, il suon de’ tuoi divini accenti:
5Che, quasi in forte man stimoli ardenti,
     Han empito e vigor, che i cuor penetra:
     Sì che calcitra in vano, e in van s’arretra,
     Forz’è che il Reo li senta e si sgomenti;
O fugga almen dove il tuo dir nol giunge,
     10Ma seco porti nel fuggir l’acerba
     Memoria impressa, ch’altamente il punge;
Siccome belva, che nel fianco serba
     L’asta mortal, nè, per fuggir più lunge,
     Va men l’arena insanguinando l’erba.


XIX2


Perchè t’affiliggi e ti discioglio in pianto,
     Infelice città, dimmi, o per cui?
     Perduta ho la real donna, che tanto
     A me fu cara, a cui sì cara io fui,
5Nè questo almeno ti conforta alquanto,
     Ch’ella è su ’n Cielo, e vede i pianti tui?
     Dunque s’allegri il Cielo; io nò, che intanto
     Fa colle spoglie mie più bello altrui.
Pur ella ancor non ti lasciò: deh mira,
     10Come intorno di te, che a cuor le sei,
     E per tua pace e per tuo ben s’aggira.
Questo è ben ciò che duolmi: io non saprei
     Goder del ben, ch’ella per me sospira,
     Nè trovar la mia pace altro che in lei.

  1. Per il P. Pantaleone Dolera celebre Predicatore.
  2. In morte di Anna Isabella Duch. di Mantova e di Guastalla. Interlocutori sono il Poeta e la città di Mantova.