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XX1


Le Ninfe, che pei colli e le foreste
     Del picciol Ren han loro stanza, il giorno
     Che Costei le lasciò, le furo intorno
     Tutte nel viso lagrimose e meste,
5Ohimè, che fan queste aspre lane, e queste
     Funi, dicean, che annodi al fianco attorno?
     E quai ruvide bende al collo adorno
     T’hai cinte, e quai ghirlande al crin conteste?
Ella con fermo viso, e con sembiante
     10Cui d’altro cal, pur le consola, e affretta
     Pur alla fuga le veloci piante.
Tal che gridar: certo a gran prove eletta
     Fu questa; e grande amore, e grande amante
     È quel che siegue, e gran mercè n’aspetta.


XXI2


Dalla vegliata inesorabil notte
     Io non poteva anche impetrar riposo
     Quando, all’entrar delle cimmerie grotte,
     Sopimmi al fin tra pianti miei pensoso.
5Ed ecco a me le lagrime interrotte
     Scorgo da un mattutin sogno amoroso:
     M’appar candida luce, onde van rotte
     L’ombre ivi intorno, e in essa il Figlio ascoso.
E sì mi parla: o Genitor che pensi?
     10Non pianger me, piangi la male amica
     Voglia, che troppo ancor ti lega ai sensi.
Sciogli l’alma dal visco in cui s’implica:
     Senza liberi vanni al Ciel non viensi:
     Riverenza non vuol, ch’io più ti dica.

  1. Per Monaca.
  2. Per morte d’un Figlio.