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     Per istinto il drizzarsi ai sommo Bene;
Ma in due luci mortali incendio e danno,
     Quai farfalle, incontrate; e pur proviene
     Da minor somiglianza il vostro inganno.


XII


Visto in un Rivo il mio squallido aspetto,
     E spunta sul mio crim canuto albore
     Fra me dissi: abbastanza ebbe ricetto
     E signorìa Cupido entro il mio cuore.
5Tempo non è, ch’io sia d’amor soggetto,
     Se non posso esser più cagion d’amore;
     Chi negli occhi non l’ha, non l’abbia in petto;
     Chi non può innamorar non s’innamore.
Or se cauto timor nell’età mia
     10Pone in me a freno ogni amorosa brama,
     Sicchè favola al volgo io più non sia,
E se non seguo il Bel, che a sè mi chiama,
     Perchè Ragion mi guida in altra via,
     Segno è, ch’a voglia sua s’ama, e disama.


XIII


Fu sua pietà quando il tuo bel sembiante,
     Mostrommi, o Donna, e in voi mostrossi Iddio:
     Poichè allora in mirar bellezze tante,
     Vie piú n’avrà chi lor creò, diss’io.
5Fu sua pietà che di tue luci sante
     Nel puro raggio a me la scala offrìo
     Per cui salire insino a lui davante
     D’un’in altra beltà lice al desìo.
Ma perchè sprone avesse il desir frale,
     10Ch’a mezzo il bel cammin pigro s’acqueta,
     Orgoglio in Te pose a bellezza eguale.
E in ciò maggior fu sua pietà, se vieta
     Che in terra io posi, e che beltà mortale
     Troppo arresti il desìo dalla sua meta.


XVI


Uom, ch’al remo è dannato, egro e dolente
     Co’ ceppi al pè, col duro tronco in mano,
     Nell’errante prigion chiama sovente