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Tal’era nostra sorte, e dubbia tanto,
10Che se torna il pensiero ai gran perigli,
La timida memoria invita al pianto.
Ma fra tante sventare opre e consigli,
Unì Clemente i voti, ed ebbe il vanto
Di trionfar nella pietà de i Figli.
II1
Disse Carlo ad Eugenio: I Traci arditi
Finser dall’armi ogni pensier lontano
E d’improviso incontra i nostri liti
Qual torrente inondar le Valli, e ’l Piano;
5Ma pur vincesti. Or contra Arabi, e Sciti
Distendi l’opre del valor Germano,
E i mesti abitator cader pentiti
Vegga il Tigri, e l’Eufrate, ed il Giordano.
Poi s’avverrà, che inganno più non copra
10L’ardir di voler servo il Mondo intero,
E l’Oriente alfine il Ver discopra;
Pieghino al sagro Fonte il capo altero:
Nel Tempio di Sion, che a sì grand’opra
Verrà Clemente; ed io sarò il Nocchiero.
Traduz. di Francesco Lorenzini del precedente Sonetto.
Sic ait Eugenio Carolus: Simulaverat audax
Thracia pacem animo, dum parat arma manu.
Cum subito rapidi Torrentis imagine, supra
Littora nostra, trahens agmina mille, ruit.
Jure tamen cecidit: nunc contra Arabesque Seytasque
Theutonis invicti bellica signa feras.
Cultoresque suos tandem resipiscere cernant
Tygris, et Eufrates, et fiuvius Libani.
- ↑ Per le vittorie riportate contro il Turco.