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III1


Forse, chi sa? Benchè per lor giacesse
     L’antica gloria del paterno Regno,
     E nel gran fatto (ahi duro caso indegno!)
     La miser’ Alba al cader lor cadesse:
5Forse pietosa a tre Campioni eresse
     Questa gran Tomba d’onoranza in segno,
     Onde un valor di miglior sorte degno,
     Noto a’ suoi figli ed immortal vivesse.
Chè se il Roman più scaltro assai che forte,
     10Non più soffrendo la gravosa soma,
     Allor seguìa degli altri due la sorte,
Di lauro trionfal cinta la chioma,
     Portando all’Universo e vita e morte,
     Regnerebbe Alba, e servirebbe Roma.


IV2


Io chiesi al Tempo. Ed a chi surse il grande
     Ampio Edifizio, che qui al suol traesti?
     Ei non risponde: e più veloci, e presti
     Fuggitivo per l’aere i vanni spande.
5Dissi alla Fama: O tu, che all’ammirande
     Cose dai vita, e questi avanzi, e questi?...
     China ella gli occhi conturbati, e mesti,
     Qual chi doglioso alti sospir tramande.
Io già volgeo maravigliando il passo;
     10Ma su per l’alta mole altero in mostra
     Visto girsen l’Obblìo di sasso in sasso;
E tu, gridai, forse il sapresti? ah mostra...
     Ma in tuono ei m’interruppe orrido, e basso
     Io di chi fa non curo: adesso è nostra.


V


Qui dunque, dove il Pastorel la greggia
     Difende appena dagl’ingordi lupi,

  1. Sull'incertezza del sepolcro de’ Curiazi.
  2. Sull'incertezza della rovina di un’edifizio.