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     E vi spogliò di quanto Bene avea
     Il pellegrino mio povero cuore.
Altro Ben non avea, che in libertade
     10Viver tranquillo, ed ei gliel tolse, e volle
     Farmi servo in catena a una Beltade;
A una Beltade si proterva, e folle,
     Che dal seno ogni speme ognor mi rade,
     E fin lo stesso lacrimar mi tolle.


XX


Colle sue proprie mani il crudo Amore
     Barbaro Notomista il sen mi aperse:
     E tratto fuora il povero mio cuore
     Gl’aspri malori suoi tutti scoperse.
5Vide, che un lento, e sempre acceso ardore
     Tutte le fibre di velen gli asperse;
     E vide secche, e totalmente sperse
     Le due sorgenti del vitale umore.
Vide la piaga, ch’altamente in lui,
     10Donna, faceste tanto acerba, e tanto;
     Quindi rivolto alli Ministri sui,
Disse: è miracol mio, è mio gran vanto,
     Forza è dell’arte mia, come costui
     Abbia potuto mai viver cotanto.


XXI


Sovra un trono di fuoco il Dio d’Amore
     Stava sedendo, e vi tenea sua Corte,
     E spalancate al Tribunal le Porte,
     Spirava orgoglio in maestoso orrore:
5Ordigni di barbarico rigore
     Da quei muri prendean, lacci e ritorte,
     E mille inciampi di contraria sorte,
     E mille inganni di quel reo Signore.
Curioso desìo colà mi spinse
     10Sol per vedere, e senz’altro pensiero;
     Ma un fiero laccio il folle piè m’avvinse.
E n’ebbi un duolo sì diverso e fiero,
     Che dentro al cuore ogni potenza estinse,
     Sì di me prese il crudo Amor l’impero.