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     E reti d’un color cangiante e mischio
     Tutto lo zaino suo ingombro avièno.
E quindi al bosco ad ucccellare uscito
     10Il malvagio, e perverso uccellatore,
     Prese di cuori un numero infinito.
Altri uccise di fatto, altri in orrore
     Chiuse di ferrea gabbia; e a questi unito
     Or piange, e piangerà sempre il mio cuore.


XXV


Vanarello mio cuor, che gir’intorno
     Qual notturna farfalla a un debol lume,
     Vi lascerai quelle superbe piume,
     Onde ten vai sì follemente adorno.
5Vilipendio per te, vergogna e scorno
     In quel fosco splendor fia, che s’allume,
     E se non hai più che propizio un Nume,
     Veggio nascer per te l’ultimo giorno.
Volgiti a miglior luce, e guarda al Cielo,
     10Che ognor ti mostra sue bellezze eterne,
     E a sè ti chiama con pietoso zelo:
E pur quelle lassù bellezze esterne
     Altro non sono, che un oscuro velo
     Di quel Bello immortal, ch’entro si scerne.


XXVI


Di fitto verno in temporal gelato
     Trovai Amor mezzo dal freddo estinto,
     Ignudo, scalzo, e di pallor dipinto,
     Senza la benda, e tutto spennacchiato.
5E vedendolo allora in quello stato
     Da una sciocca pietà preso, e sospinto,
     Io m’era quasi a ricettarlo accinto
     Del tiepido mio sen nel manco lato.
Ma quegli altiero e di superbia pieno,
     10Rivolto in me con gran dispetto il guardo,
     Di focoso m’asperse atro veleno:
Senti, poi disse, come avvampo, ed ardo
     In mezzo al giaccio, e come fuoco ho in seno;
     E via sparendo, mi colpì d’un dardo.