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GIACOMO RICCATI.1


Quel, che per tante vene, e non invano,
     Sincero Insubro sangue in te deriva,
     Col puro sangue Carno e col Germano
     Misto, o Sposa felice, or si ravviva.
5Pensa agli Avi comuni, in cui fioriva
     Vigor di senno e gagliardìa di mano:
     Pensa alle Donne illustri, immagin viva
     Di prudenza, e del sesso onor soprano.
Mira quei, che cortese il Ciel ti rende
     10Genitori novelli, e la modesta
     Virtù, che in lor fra le delizie splende.
Poi dì allo Sposo, e in lui lo sguardo arresta:
     Oh quanto ad emular da noi si prende,
     Oh quanto da imitare a i figli resta!


ELENA RICCOBONI.


Di sdegnoso furor tutto ripieno
     Stavasi Amor dal mio dispregio offeso:
     Bramò vendetta, e per ferirmi il seno
     Sin’or più di un’aguato al cuor mi ha teso.
5Ma invano uscìa lo stral dall’arco teso,
     Che spuntato cadea sovra il terreno:
     L’Arcier vedendo il suo bersaglio illeso,
     Più fiero allor provò d’ira il veleno.
Tutto dispetto alfin spezzò quell’armi,
     10Indi togliendo ad Imeneo la face,
     Prese da quella il fuoco, onde avvamparmi.
Arrise all’opra il Nume; e fatto audace,
     Disse Amore, io potrò pur vendicarmi:
     Mi accese il crudo, e un tal ardor mi piace.

  1. Per le nozze Colloredo e Gonzaga.