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GIO. BATTISTA RICHERI.
I
Io già non t’offro indiche gemme ed oro,
Che ricca sorte il Cielo a me non diede;
Ma t’offro eterno amore, eterna fede,
E di carmi immortali ampio tesoro.
5Questi sempre vivranno; e tu per loro,
Cintia n’andrai di chiara fama erede;
E di quella beltà, che in te risiede,
Il grido udrassi ognor dall’Indo al Moro:
Al par di quello della bella Argiva,
10E di mill’altre più famose e mille
Fia, che ’l tuo nome eternamente viva.
Nè già bramo da te, che a mie faville
Arda il tuo cuor: ma sol, che acerba e schiva
Non mi celi il fulgor di tue pupille.
II1
Di Giove intorno al vasto globo io miro
Quattro stelle ora sceme, ed or crescenti
Che nell’alta del Ciel parte s’uniro
Di quel gran Mondo a illuminar le genti.
5Nè col folle pensiero io già deliro
Immaginando colassù Viventi,
Cui riflettan quegli astri erranti in giro
Del Sol, quando s’asconde, i rai lucenti,
Veggiam pur, se la Luna in Cielo appare,
10Che sola a noi splende nell’ombra oscura,
Non ai boschi insensati, ai monti, al mare.
Così ad altri Viventi arde la pura
Luce di quelle argentee faci e chiare;
Che a vuoto oprar non seppe mai Natura.