Pagina:Zappi, Maratti - Rime I.pdf/466

Da Wikisource.
418

     Vola, e tu forse in gire innanzi a Dio,
     Un di quelli sarai del lato manco.
E in così dir, sentomi al cuore intorno
     10Scorrer un freddo gelo, onde al mal guado
     Arresto il passo, ed apro gli occhi al giorno.
Visto allor chiaro il mio periglio, io vado
     Di pensiero in pensier; vado, e ritorno;
     E mentre indugio in nuov’error ricado.


VI


Cieco desìo, come destrier feroce
     Che armato ha il sem d’infaticabil lena,
     Indomito, superbo, il piè veloce
     Quà e là volgendo, a suo piacer mi mena.
5Pensa se giova a me, che il reggo appena,
     O minacciar di verga, o alzar di voce;
     Che morso di ragion più no ’l raffrena,
     Nè l’aspro a fianchi ognor stimolo atroce.
Così precipitoso ei mi trasporta
     10A perir seco; e chiamo in van soccorso
     Io, che son senza forze, e senza scorta.
Ed oh! qual sento allor crudo rimorso,
     Che mi sgrida: Ecco dove al fin ne porta
     L’empio destrier, se non s’avvezza al morso.


VII


Questa, cui lunga invida età fè guerra
     Con ferro, e fuoco, eccelsa mole augusta,
     Che, tolta all’ombre in cui giacea sotterra,
     Riede alla prima maestà vetusta;
5Opra è, Signor, dell’adorata in terra
     Vostra del par provvida mano e giusta,
     Che agli artigli di lui, che il Tutto atterra,
     L’antica invola alta rapina ingiusta.
Quindi aver spera, or che risorge a Roma,
     10Scudo più forte, a contrastar possente
     Col nemico furor, da cui fu doma.
Non valse il primo augusto nome al dente
     Torla d’obblìo: ma se da voi si noma,
     Più che Antonin l’eternerà Clemente.