Pagina:Zecche e monete degli Abruzzi.djvu/27

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peso e valore il nome di regali. Volle pure che proseguisse, nelle due zecche che furono degli svevi, la monetazione dei denari di mistura tra il 1268 e il 78, nel qual anno, stando egli in Roma, ordinò aprirsi la nuova zecca dell’oro nel castello Capuano di Napoli per battervi i carolensi, detti anche saluti dalla effigiatavi salutazione angelica, pari di peso e valore agli augustali e ai regali, di cui quattro corrispondevano a cinque fiorini d’oro. Ragguagliavasi il carolense a 15 carlini d’argento collo stesso tipo improntati, del peso ciascuno di d’oncia, alla bontà di 11 once e 3 sterlini per libbra, e suddiviso in 10 grana, siccome rappresentante la metà del tari.

Carlo II, dopo avere fino al 1305 coniati i carlini sul piede di quelli del padre, vi apportò in quell’anno tale una innovazione che ognuno, pur serbando inalterata l’antica bontà e l’antica divisione in 10 grana, soverchiasse di 15 acini, il che è dire di il peso degli anteriori. Questo rapido mutamento delle proporzioni esistenti fra’ due nobili metalli cagionò una strabocchevole introduzione di fiorini e ducati; onde nel 1315 statuì re Roberto che le once di conto si pareggiassero, non più in oro, ma in 60 carlini; e il ducato (che importatovi da Venezia si fece nel volger di pochi anni la moneta più usuale nelle contrattazioni) si ragguagliò, non più a 12, ma sì a 10 carlini. Giovanna I non recò mutamenti al sistema del padre; nè, solo che si abbia riguardo alla sempre maggior diffusione del ducato veneto d’oro nel regno di Napoli da Carlo II in poi, sorprenderà più come quella regina, seguendo l’esempio del padre e dell’avo, si astenesse dal monetare l’oro nella sua zecca, esempio che pur seguitarono tutt’i suoi successori di stirpe angioina. Per tal modo, dalla morte di Carlo I di Angiò fino alla incoronazione di Alfonso I di Aragona, vale a dire per un secolo e mezzo, i re di Napoli non fecero coniare alcuna moneta d’oro, comechè talvolta ne abbiano battuto nelle loro zecche della Provenza, il cui sistema monetario era affatto diverso da quello del regno.