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nel 48

Piccola pollastregliu quatro solli valìa1;

le quali monete, che dividevansi in 12 denari ciascuna, venivano con ciò a corrispondere al grano; nè può essere che erronea la interpretazione data ad un passo di Francesco di Angeluccio2 che si riferisce all’anno 1479, secondo cui il soldo avrebbe allora constato di 15 denari.

I denari, o denarelli, sono pure ricordati da Buccio Ranallo, che ci racconta come nella peste del 48

lu ovo a due dinari et a tre se ne gia3,

e dal catalogo dei vescovi aquilani compilato intorno a quell’anno4. Denari semplici col nome di parvuli, e quadrupli detti quattrini, vedremo accordati battersi alla zecca d’Aquila, il 1417 ed il 53. I parvuli erano dunque centoventesimi del carlino, suddiviso perciò anche in 30 quattrini. Diversificarono poi da questi i nuovi denari, il cui stampo accordò Alfonso I di Aragona nel 1439 alla zecca di Sulmona, dodici de’ quali formavano il bolognino, e due il tornese.

Nel catalogo de’ vescovi occorre più di una fiata il nome dei denari professini o provisini, che in tanta copia battevansi a Roma dai senatori. Più addietro, nel 1255, un istromento aquilano menziona i denari di Perugia, dei quali il Vermiglioli assicura di aver trovato notizie fino dal 1210: libras perusinorum sex et mediam bene numeratas et electas5. Anche gli acontani cita ripetute volte Buccio Ranallo, parlandone come di moneta minuta:

Quello che ce remase non valse uno acontano6.

Ma le monete delle quali più particolarmente dobbiamo

  1. Buccio Ranallo, o. c. 640, st. 773.
  2. Francesco di Angeluccio di Bazzano, Cronaca delle cose dell’Aquila dal 1442 al 1485, in Murat. Ant. Ital. VI, ad an. 1479. Vedasi pure la nota dell’Antinori al passo stesso, c. 919 e seg.
  3. O. c. 640, st. 773.
  4. Muratori, Ant. Ital. VI, 950.
  5. Muratori, Ant. Ital. VI, 546.
  6. O. c, 561, st. 202.