Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/179

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Cosi lor va dicendo,

e del suo dir poco gli arcani intendo.
Con acque assai piú chiare
andria quel fiume al mare,
ma l’onda in lui si mesce
di torbido ruscel con piè fangoso.
Sarei piú lieta anch’io,
ma turba il gaudio mio
quel duol che inonda ed esce
in lagrime e sospiri al caro sposo.
Giuseppe. Quell’ebreo prigionier, Ramse, a me venga.
Quanto Egitto circonda,
e quanto giace dal suo Nilo al mare
regger m’è dato; onor non giá, ma peso;
non piacer, ma travaglio.
Giorni oh quanto piú lieti io vissi un tempo,
Ebrón, fra le tue valli! Oh, rivederle
e trarvi al pasco l’innocente greggia
potessi ancor ! Potessi
del padre mio baciar la destra ancora,
e i santi udirne insegnamenti, e ’l mondo
creato e l’uom caduto e l’acque e l’arca
ed Abramo ed Isacco e le divine
promesse e d’Israel l’alte speranze!
O caro padre! o mio Giacobbe! o troppo
disumani fratei! Taci, o Giuseppe.
Vien Simeon che giá ti volle estinto.
Crudeli. .. Ma forse, o Dio! morte funesta
gli altri m’ha tolti e forse
ora a Giuseppe altro fratei non resta.
So che quell’alma è perfida,
ma veggo in quel sembiante
ancor la viva immagine
del caro genitor.