Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/247

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Eleno. La fortunata Andromaca non sdegni

ch’ Eleno, l’infelice,
pria ch’ella sciolga a miglior cielo e lido,
l’ultimo addio ne prenda.
Andromaca. Qual linguaggio è cotesto e quale addio?
Eleno. Sinché fra le sciagure a te mia fede
esser util potè, prove ne avesti.
Grazie agli dii, cessan tuoi mali. Un altro
padre avrá il figlio tuo, tu un altro regno.
Andromaca. Si, un altro regno e un’altra vita ancora,
se tal chiami il sepolcro.
Eleno. Deh, che parli di morte?
Andromaca. Odimi. A tua amistade,
qual nella lieta feci, e nell’avversa
fortuna apro il mio core.
Eleno. Giá il funesto del volto assai mi dice.
Andromaca. E credi tu che io voglia
quello sposo tradir per cui sol vissi ?
T’ inganni. In faccia a’ numi
io giurerò d’esser consorte a Pirro;
ei giurerá d’esser sostegno al figlio,
e lo sará. Feroce, ma sincero,
non mi lascia morir con un ingiusto
timor della sua fede.
Eleno. E pur ritorni a ragionar di morte?
Andromaca. Non si tosto a lui data avrò la destra,
che questa destra istessa
(traendosi di seno uno stile)
con Tacciar che tu vedi
troncherá di mia vita i brevi giorni,
e forte adempierá la mia virtude
ciò ch’esige da lei
Andromaca, Astianatte, Ettore e Pirro.
Eleno. Oh mal peggior del giá temuto! Eh, lascia...
Andromaca. No. Tutto è vano. Ho stabilito. E s’ora
in te posso sperar pietá d’amico,
A. Zeno, Drammi scelti . 16