Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/265

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a non aver per cibo e per bevanda

che le fecce piú immonde e le piú schife,
fra poco oppressa da miserie estreme.
Eliacim. (Vuole il re che si taccia, e il zel ne freme.)
Rabsace. Uditemi, israeliti, e del piú grande
de’ re le voci udite!
Mancano ad Ezechia,
mancano al vostro Dio forze a salvarvi
dal poter del mio braccio.
Treman giá quelle torri.
Io lo voglio, e cadran. Tanta rovina
risparmiate a’ vostri occhi.
Venite a me, qual vi conviene, in atto
di supplici e di vinti. Eccovi ’l solo
scampo da’ certi mali. Io ve l’addito.
Vincete l’ire mie. Potrete allora
le vostre vendemmiar vigne paterne,
e dalle vostre anche ber chiare cisterne.
Venite ! e poi placato
io lá vi guiderò dove altra terra,
di vendemmie e di messi al par feconda,
fará porvi in obblio
l’aspre mosaiche leggi e il suol natio.
Terra felice è quella,
ognor fiorita e bella,
di vino e mel ferace,
cui fan corona e siepe i verdi ulivi.
Lá del mio scettro all’ombra
trarrete in ferma pace
sino alla tarda morte i di giulivi.
Ché se Ezechia con la speranza infida
di un Dio liberator vi dá coraggio,
vi tradisce e vi perde.
Che? Emat forse ed Arfad ed Anna ed Ava
eran senza i lor dii? Li aveano, e forti
e temuti e possenti.