Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/267

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Colá vedi il fier torrente

orgoglioso alzar le spume,
e lá mira il picciol fiume
che tranquillo al mar sen va.
Ma ripassa, e in quel vedrai
d’acque invece arene e sassi:
e il suo orgoglio, allor dirai,
dov’è gito? ei piú non l’ha.
Aria. Qual di noi, qual di tutti
esser debba la sorte,
Eliacim, non chieggo. Assai ne dice
quella tristezza in ogni fronte sparsa,
e non men nella tua.
Eliacim. M’ingombrano d’orror, m’empion di gelo
e le bestemmie enormi,
e le minacce atroci.
Abia. Udille il figlio?
Eliacim. Non so qual prender possa util consiglio.
Sobna è seco.
Abia. Dalla reggia ei scende,
uso in quest’ora di salire al tempio.
Eliacim. Mai non ricorse in maggior uopo a Dio.
Ezechia. A Dio, si, la mia sola
áncora sacra nel comun periglio.
Abia. Ora il dici, Ezechia, ma non ha guari
che d’altra stella all’ingannevol raggio
sperasti ’l porto e lá volgesti ’l corso.
Ezechia. Reo dunque sono?
Abia. Inavveduto il sei.
Ezechia. Di che? Materno amor, non mi abbandoni!
Abia. Dirò. Piaccia al gran Dio
rette far le mie voci
e docile il tuo cor. Faccia che in quelle
il suo voler si spieghi, e che opri in questo
Iddio, re de’regnanti,
che sol dall’infinita