Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/89

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fu di livor tra noi. Cessi, è giá tempo,

l’odio comun. Fui tuo nemico, è vero,
tuo vincitor; ma al fine
risarcisce il mio cor Tonte del fato.
Spezzo i tuoi ceppi, e quanto
ti tolsi, e scettro e libertá, ti rendo.
Vologeso. (Che ascolto mai?)
Lucio Vero. Tu taci?
Sèrviti a tuo piacer de’ doni miei
e vedrai qual io sono e qual tu sei.
Vologeso. Nel mio stupor de’ tuoi favori osservo,
benefattor sovrano,
l’alto poter.
Lucio Vero. Se tu v’assenti, aggiungo
peso a’ miei doni e a te ne chieggo anch’ io.
Vologeso. Chiedi. Che non ti deve un cor ch’è grato!
Lucio Vero. (S’ei mi cede la sposa, io son beato.)
(a Vologeso) Berenice... giá intendi
tutto il mio cor. Questa a te chiedo. Io l’amo.
Vologeso. Berenice a me chiedi?
Sai qual sia Berenice?
LucioVero. Il so...
Vologeso. Ti è noto
che da’ primi anni ella mi diede il core
e ch’ io le diedi il mio? Sai che poi crebbe
l’amor fra noi con la ragion, con gli anni?
LucioVero. Lo so, e vorrei...
Vologeso. Ti è noto
ch’ella è mia sposa? e che sol può la morte
si bei nodi troncar? Cesare, il sai?
E la sposa a me chiedi?
la mia vita? il mio cor? l’anima mia?
Berenice a me chiedi? e sai qual sia?
LucioVero. È ver; ma per lei sola...
Vologeso. Mi torni il regno?
LucioVero. E libertá ti rendo.