Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/112

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86 pensieri (9-10)

con cui sono scritti si può dir tutti i loro libri: «Giammai persona non fu piú fedele al suo re. Nessun altro fu sí ricordevole del benefizio. (Aucun ne fut ec.). Non si vide mai tanto amore né tanta costanza». E nota che questo medesimo lo diranno a un bisogno di due o tre persone o piú in uno stesso libro. Troverai spessissimo che parlando di qualche scrittore dozzinale ti diranno per esempio: «Egli ha tutta la tenerezza di Racine e tutto lo spirito di Voltaire, egli è sublime come Corneille e semplice come la Fontaine, egli stringe come Bourdaloue, commuove come Massillon, trasporta come Bossuet»: e ti maraviglierai come uno scrittore, in cui si trovano unite le qualità principali di piú altri (secondo loro) grandi, che ne hanno ciascheduno una sola, non sia piú grande di questi, né celebre presso tutta la nazione, e forse tu ne legga il nome per la prima volta.


*   In molte opere di mano dove c’è qualche pericolo o di fallare o di rompere ec., una delle cose piú necessarie perché riescano bene è non pensare al pericolo e portarsi con franchezza. Cosí i poeti antichi non solamente non pensavano al pericolo in cui erano di  (10) errare, ma, specialmente Omero, appena sapevano che ci fosse, e però franchissimamente si diportavano, con quella bellissima negligenza che accusa l’opera della natura e non della fatica. Ma noi timidissimi, non solamente sapendo che si può errare, ma avendo sempre avanti gli occhi l’esempio di chi ha errato e di chi erra, e però pensando sempre al pericolo (e con ragione perché vediamo il gusto corrotto del secolo che facilissimamente ci trasporterebbe in sommi errori, osserviamo le cadute di molti che per certa libertà di pensare e di comporre partoriscono mostri, come sono al presente, per esempio, i romantici) non ci arrischiamo di scostarci, non dirò dall’esempio degli antichi e dei classici, che molti pur sapranno