Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/208

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182 pensieri (69-70)

Non sapete. - Detto, per esempio, a qualche animale, alle api, ec.


*   Dev’esser cosa già notata che, come l’allegrezza ci porta a communicarci cogli altri, onde un uomo allegro diventa loquace quantunque per ordinario sia taciturno e s’accosta facilmente a persone che in altro tempo avrebbe o schivate o non facilmente trattate ec., cosí la tristezza a fuggire il consorzio altrui e rannicchiarci in noi stessi co’ nostri pensieri e col nostro dolore. Ma io osservo che questa tendenza al dilatamento nell’allegrezza e al ristringimento nella tristezza si trova anche negli atti dell’uomo occupato dall’ (70) uno di questi affetti; e come nell’allegrezza egli passeggia, muove e allarga le braccia, le gambe, dimena la vita, e in certo modo si dilata col trasportarsi velocemente qua e là, come cercando una certa ampiezza: cosí nella tristezza si rannicchia, piega la testa, serra le braccia incrociate contro il petto, cammina lento, e schiva ogni moto vivace e, per cosí dire, largo. Ed io mi ricordo, e l’osservai in quell’istesso momento, che stando in alcuni pensieri o lieti o indifferenti, mentre sedeva, al sopravvenirmi di un pensier tristo, immediatamente strinsi l’una contro l’altra le ginocchia che erano abbandonate e in distanza, e piegai sul petto il mento ch’era elevato.


*   La semplicità del Petrarca, benché naturalissima come quella dei greci, tuttavia differisce da quella in un modo che si sente ma non si può spiegare. E forse ciò consiste in una maggior famigliarità, e piú vicina alla prosa, di cui il Petrarca veste mirabilmente i suoi versi cosí nobilissimi come sono. I greci poeti forse sono un poco piú eleganti, come Omero che cercava in ogni modo un linguaggio diverso dal familiare, come apparisce da’ suoi continui epiteti ec., quantunque sia rimasto semplicissimo. Forse anche la