Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/466

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438 pensieri (389-390)

amabilità, piacevolezza. Questo è desiderio innato, inerente, indivisibile dalla natura non solo dell’uomo, ma di ogni altro vivente, perché è necessaria conseguenza dell’amor proprio, il quale è necessaria conseguenza della vita. Ma non prova che la facoltà di amare sia infinita nell’uomo: e cosí il desiderio infinito di conoscere non prova che la sua facoltà di conoscere sia infinita; prova solamente che il suo amor proprio è illimitato o infinito. E infatti come si potrà dire che la facoltà nostra di conoscere o di amare sia infinita? ― Ma noi possiamo conoscere un Bene infinito ed amarlo. ― Bisognerebbe che lo potessimo conoscere infinitamente ed amare infinitamente. Allora la conseguenza sarebbe in regola. Ma non lo possiamo né conoscere né amare, se non imperfettissimamente. Dunque la nostra cognizione e il nostro amore, benché cadano sopra un Essere infinito, non sono infinite, né possono mai (390) essere. Dunque le nostre facoltà di conoscere e di amare sono essenzialmente ed effettivamente limitate come la facoltà di agire fisicamente, perché non sono capaci né di cognizione né di amore infinito né in numero né in misura, come non siamo capaci di azione infinita fisica; e se noi avessimo delle facoltà precisamente infinite la nostra essenza si confonderebbe con quella di Dio. Dunque il nostro desiderio infinito di conoscere, cioè concepire, e di amare non può esser mai soddisfatto dalla realtà, ossia da questo, che la nostra facoltà di conoscere e di amare possieda realmente un oggetto infinito, in quanto è infinito e in quanto si possa mai possedere (altrimenti la possessione non sarebbe infinita): ma solamente può esser soddisfatto dalle illusioni (o false concezioni, o false persuasioni di conoscenza e di amore e di possesso e godimento) e dalle distrazioni ovvero occupazioni, (vedi p. 168, 172-173, 175 ivi, fine - 176, principio) due grandi istrumenti adoperati dalla natura per la nostra felicità (8 dicembre 1820).