Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/166

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(726-727-728) pensieri 153

divenuto filosofo, l’immaginazione veramente forte, verde, feconda, creatrice, fruttuosa, non è piú propria se non de’ fanciulli, o al piú de’ poco esperti e poco istruiti, che son fuori del nostro caso. L’animo del poeta o scrittore, ancorché nato pieno di entusiasmo di genio e di fantasia, non si piega piú alla creazaone delle immagini se non di mala voglia e contro la sottentrata o vogliamo dire la rinnuovata natura sua. Quando vi si pieghi, vi si piega ex instituto, ἐπιτηδὲς, per forza di volontà, non d’inclinazione, per forza estrinseca alla facoltà immaginativa e non intima sua. La forza di un tal animo ogni volta che si abbandona all’entusiasmo (il che non è piú cosí frequente) si rivolge all’affetto,  (727) al sentimento, alla malinconia, al dolore. Un Omero, un Ariosto non sono per li nostri tempi, nè, credo, per gli avvenire. Quindi molto e giudiziosamente e naturalmente le altre nazioni hanno rivolto il nervo e il forte e il principale della poesia dalla immaginazione all’affetto, cangiamento necessario e derivante per se stesso dal cangiamento dell’uomo. Cosí accadde proporzionatamente anche ai latini, eccetto Ovidio. E anche l’Italia ne’ principii della sua poesia, cioè quando ebbe veri poeti, Dante, il Petrarca, il Tasso, (eccetto l’Ariosto) sentí e seguí questo cangiamento, anzi ne diede l’esempio alle altre nazioni. Perché dunque ora torna indietro? Vorrei che anche i tempi ritornassero indietro. Ma la nostra infelicità e la cognizione che abbiamo, e non dovremmo aver, delle cose, in vece di scemare, si accresce. Che smania è questa dunque di voler fare quello stesso che facevano i nostri avoli, quando noi siamo cosí mutati? di ripugnare alla natura delle cose? di voler fingere una  (728) facoltà che non abbiamo, o abbiamo perduta, cioè l’andamento delle cose ce l’ha renduta infruttuosa e sterile e inabile a creare? di voler essere Omeri, in tanta diversità di tempi? Facciamo dunque quello che si faceva ai tempi