Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/21

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8 pensieri (467-468)

avere un proemio, non essendo propriamente in forma d’opera, ma di commentario o memoriale, ossiano ricordi e materiali. Chi si vuol far maraviglia di Senofonte, perché non se la fa di Cesare? Il quale comincia i suoi commentari de bello Gallico e Civili ex abrupto, appunto come Senofonte. E questo perché non erano storia ma commentari. Né pone alcun preambolo a nessuno de’ libri in cui sono divisi. Cosí Irzio. Eccetto una specie di avvertimento indirizzato a Balbo e premesso al lib. VIII de b. G. (il quale era necessario non per l’opera in se, ma per la circostanza ch’egli n’era il continuatore), né quel libro, né quello de b. Alexandrino, né quello de b. Africano, né quello d’autore incerto de b. Hispaniensi non hanno alcun preambolo ed entrano subito in materia.


     Da queste osservazioni deducete. 1°, Un’altra prova che Senofonte è il vero autore della Κ. Α., non Temistogene ec., trattandosi di un giornale, che non poteva essere scritto o almeno abbozzato se non in praesentia, e dallo stesso generale (come i commentari di Cesare) o almeno da qualche suo intimo confidente. Questa proprietà, di essere cioè scritta da un testimonio di  (468) vista, anzi dal principale attore e centro degli avvenimenti, non è comune a nessun’altra opera storica greca che ci rimanga, anzi a nessun’antica, fuorché ai commentari di Cesare. Perciò ella è singolarmente preziosa anche per questo capo, e propria piú delle altre a darci la vera idea de’ costumi, pensieri, natura degli antichi, e de’ loro fatti; come le lettere di Cicerone in altro genere di scrittura sono la piú recondita e intima sorgente della storia di quei tempi. Vedi p. 519, capoverso 2.

2°, Che poco saggiamente Arriano volle scrivere l’ Ἀλεξάνδρου ἀŒνά‹βασιν (in sette libri, perché sette son quelli di Senofonte) a imitazione della detta opera. Perch’egli non poteva scrivere, né scrisse, né intese o pensò di scrivere un giornale. Quindi le due opere sono es-