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382 pensieri (1812-1813-1814)

tutti, poi da molti come incapace dell’eleganza, della perfetta nobiltà ec., e quindi posposta lunghissimamente al latino nell’uso dello scrivere piú importante, ancorché già formata e stupendamente arricchita ed ornata ec. Vedi i diversi miei pensieri in tal proposito.


    Tutto ciò dimostra che la lingua francese, la quale ha dalla sua prima formazione rinunziato alle sue ricchezze antiche  (1813) e a tutto ciò che fosse rimoto dall’uso volgare, e segue a rinunziarvi tutto giorno, onde oggi non possiede neppur quello che possedevano gli scrittori del primo tempo dell’Accademia e del secolo di Luigi XIV, deve necessariamente esser poco suscettibile di eleganza, e soprattutto priva di lingua poetica, non avendo quasi parola, frase, forma che non sia necessaria all’uso quotidiano del discorso o della scrittura in prosa o che non abbia luogo frequentemente in detto uso; e quindi non potendo assolutamente elevarsi al disopra del parlar comune. Quindi lo stile della poesia francese non si diversifica (eccetto alcune poche e uniformi, rare e timide inversioni e l’uso della misura, ben plebea e pedestre, e delle rime) dal discorso giornaliero e dalla prosa; e talvolta è propriamente ridicolo a vedere imagini e sentenze e affetti sublimi e rimoti o dall’opinione o dall’uso volgare e superiori al comune modo ec. di pensare, espressi ne’ versi francesi al modo che si esprimerebbe una dimostrazione geometrica o si direbbe una facezia in conversazione; giacché in ambedue queste occasioni,  (1814) come in tutte le altre, la lingua francese è appresso a poco la stessa.

Parrebbe da ciò che nella scrittura francese dovesse molto e sempre sentirsi il familiare. Non nego che non vi si senta, ma, se non vi si sente quanto parrebbe che dovesse, ciò deriva da questo, che detta lingua essendo povera, non è propria, non essendo propria, non può aver molto sapore di familiarità, al