Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/487

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(1977-1978-1979) pensieri 473

der a tutti egualmente chiaro quello che ciascun individuo scopriva. Cosí che gli antichi grandi spiriti penetravano nelle terre della verità, ciascuno isolatamente e senza aiutarsi l’un l’altro, e quando anche si scontrassero nel cammino o giungessero ad un medesimo  (1978) punto e quivi casualmente si riunissero, non si riconoscevano; e tornati dalla loro corsa, e narrandola altrui, non s’accorgevano di dir le stesse cose, né il pubblico se n’avvedeva, perché non le dicevano allo stesso modo, mancando di un linguaggio filosofico, uniforme; oltre che le stesse ragioni che impedivano all’universale di riconoscere quelle proposizioni per pienamente vere, gl’impediva altresí di scoprire l’uniformità che esisteva tra le proposizioni e i sentimenti di questo e di quel grand’uomo. E cosí le grandi scoperte de’ grandi antichi appassivano e non producevano frutto e non erano applicate, mancando i mezzi e di coltivarle e di aiutare e legare una verità coll’altra mediante il commercio de’ pensieri e della società pensante (23 ottobre 1821).


*    Il suicidio è contro natura. Ma viviamo noi secondo natura? Non l’abbiamo al tutto abbandonata per seguir la ragione? Non siamo animali ragionevoli, cioè diversissimi dai naturali? La ragione non ci mostra ad  (1979) evidenza l’utilità di morire? Desidereremmo noi di ucciderci, se non conoscessimo altro movente, altro maestro della vita che la natura e se fossimo ancora, come già fummo, nello stato naturale? Perché dunque, dovendo vivere contro natura, non possiamo morire contro natura? perché, se quello è ragionevole, questo non lo è? perché se la ragione ci ha da esser maestra della vita, l’ha da determinare, regolare, predominare, non l’ha da essere, non può far altrettanto della morte? Misuriamo noi il bene o il male delle nostre azioni dalla natura? no,