Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/46

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34 pensieri (2064-2065-2066)

uniformità di costumi ec. nella nazione e senza la tirannia della società, di cui l’Italia manca affatto. E che Firenze, che non è stata mai il centro dell’Italia (e che ora è inferiore a molte altre città negli studi, scrittori ec. e fino nella cognizione della cólta favella), debba esserlo della lingua e della letteratura. E che si voglia imporre ad un paese, privo non solo di vasta capitale, non solo di capitale qualunque e quindi di società una e conforme e d’ogni norma e modello di essa, ma privo affatto di società, una soggezione (in fatto di lingua ch’é l’immagine d’ogni cosa umana) piú scrupolosa di quella stessa che una vastissima capitale, un deciso centro ed immagine e modello e tipo di tutta la nazione ed una strettissima e uniformissima società, impone alla lingua e letteratura francese (6 novembre 1821). Certo, se v’é nazione in Europa  (2065) colla cui costituzione politica e morale e sociale convenga meno una tal soggezione in fatto di lingua (e la lingua dipende in tutto dalle condizioni sociali ec.), ell’é appunto l’Italia, che pur troppo, a differenza della Germania, non è neppure una nazione né una patria (7 novembre 1821).


*    Le dette circostanze della lingua latina, rendendola poco libera, siccome necessariamente accade a tutte le lingue scritte e letterature che sono strettamente influite dalla società, il che le rende strette suddite dell’uso, come in Francia, dovevano render la lingua latina scritta e la letteratura, come la francese, facilissima a corrompersi, ossia a degenerare o perdere l’indole sua primitiva o quella della sua formazione; perocché l’uso cambia continuamente, massime cambiandosi le circostanze dei popoli, come accadde in Roma; e la lingua scritta e letteratura latina, dipendendo  (2066) in tutto da quest’uso, doveva per necessità cambiar presto di faccia, come