Pensieri, Moralisti greci/III. Moralisti Greci - Volgarizzamenti/IV. Appendice ai Volgarizzamenti/1. Frammento di una traduzione in volgare dell'impresa di Ciro descritta da Senofonte

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Senofonte

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1. Frammento di una traduzione in volgare dell'impresa di Ciro descritta da Senofonte
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I.

FRAMMENTO DI UNA TRADUZIONE

in volgare

DELL’IMPRESA DI CIRO

descritta da senofonte

Dario e Parisatide ebbero due figliuoli: Artaserse, che fu il maggiore, e Ciro, che fu il secondo. E poiché Dario infermò e giudicossi spedito, volendosi veder l’uno e l’altro accanto, e trovandosi il primo in corte, chiamò Ciro dalla provincia che esso gli aveva data a governare con titolo di satrapo, e fattolo anche generale di tutte le genti d’arme che si sogliono ragunare nella campagna di Castòlo. Venne Ciro, menando seco Tissaferne come persona amica, e trecento soldati greci di armatura grave comandati da Senia parrasio. Morto Dario, e succeduto nel regno Artaserse, il predetto Tissaferne incominciò a mormorare a costui contro il fratello, dicendo che l’insidiava, tanto che il re si persuase, e fece prender Ciro per ammazzarlo: se non che la madre s’interpose a pregare il re, e rimandò Ciro nella sua provincia.

Quivi Ciro, trovandosi essere stato disonorato e messo in pericolo, dispose di sottrarsi dalla potestá del fratello, e di regnare in iscambio di costui, se potesse. Primieramente aveva in suo favore la madre, la quale gli portava piú affetto che ad Artaserse. Poi, venendo gente del re nella sua provincia, esso aveva cura di trattarla in modo, che tutti, al partirsi, volevano meglio a lui che al fratello. Similmente i barbari che [p. 206 modifica]erano sottoposti al suo governo, studiava di farsegli affezionati, e che si venissero formando ai servigi della guerra. Operava ancora di mettere insieme una quantitá di soldati greci nascostamente, per modo che egli ne avesse a cogliere il re piú sprovvisto che si potesse. E ogni volta che faceva la rassegna generale delle genti d’arme che aveva nelle terre, ordinava ai comandanti delle guarnigioni che tirassero dal Peloponneso quanta piú gente, e la migliore che sapessero, allegando che le terre portavano pericolo per rispetto di Tissaferne. Perocché le cittá della Ionia erano state per l’addietro di Tissaferne, concedutegli dal Re; ma in quel tempo si diedero tutte nelle mani di Ciro, salvo solamente Mileto. Dove Tissaferne avvedutosi di alcuni che macchinavano di fare il medesimo, altri ne uccise, altri ne confinò, ricevuti da Ciro; il quale, fatto un esercito, assediava Mileto per terra e per mare; volendo rimettere i fuorusciti. E questa si era un’altra scusa perché egli potesse far leva di soldatesche. Anche mandò ad Artaserse pregando, che poiché gli era fratello, fosse contento di assegnare a lui quelle terre, piuttosto che fossero di Tissaferne; e la madre gli dava favore in questa domanda. Per le quali cose il Re non venne in sospetto delle insidie che se gli apparecchiavano, anzi si persuase che Ciro spendesse in gente d’arme a cagione della guerra con Tissaferne. E non si diede pensiero alcuno di questa guerra, perocché Ciro gli mandava i tributi che si raccoglievano dalle cittá che erano state del medesimo Tissaferne.

Un altro esercito si componeva a conto di Ciro nel Chersoneso in questa maniera. Avvenne che un cotal Clearco da Lacedemone, essendo fuoruscito, si trovò con Ciro, il quale ne pigliò stima grande, e diedegli diecimila dárici. Colui, preso quest’oro, andò, e con quel danaio raccolse un esercito; e movendosi dal Chersoneso, faceva guerra ai traci che stanno di sopra dell’Ellesponto. E perciocché egli operava queste tali imprese a beneficio dei greci, avveniva che le cittá poste vicino allo Ellesponto provvedevano di volontá loro ai soldati, contribuendo il bisognevole in danari. E cosí [p. 207 modifica]questo esercito, che si manteneva per Ciro, stava, si può dir, nascoso. Fu anche un ospite di Ciro, detto per nome Aristippo, di nazione tessalo, il quale travagliato in casa dalla fazione contraria, venne e pregò Ciro che gli désse intorno a duemila fanti forestieri e il soldo per tre mesi, avendo speranza, se avesse ottenuto questo, di prevalere agli avversari. E Ciro, datogli come quattromila forestieri e il soldo per la metá di un anno, lo richiese che non si aggiustasse colla parte contraria, che prima non ne avesse conferito con esso lui. Cosí anche questo esercito di Tessaglia si alimentava per Ciro segretamente.

Oltre di ciò commise a Prósseno di Beozia, amico suo, che togliendo quel maggior numero d’uomini che avesse potuto, venisse, che i Pisidi gl’infestavano il paese, ed esso aveva in animo di uscir loro incontra. A Sofèneto stinfálio e Socrate acheo, l’uno e l’altro ospiti suoi, fece intendere che venissero e conducessero piú gente che fosse stato in poter loro, che esso aveva a far guerra a Tissaferne cogli esuli di Mileto. E quelli ubbidivano.

Ora quando gli parve tempo di muoversi, pigliò per pretesto che voleva scacciare affatto i Pisidi fuori de’ suoi confini; e come per questo effetto si pose a raunare quello che si trovava appresso tanto di barbari quanto di greci. E mandato avvisare a Clearco di condurgli la gente che aveva, e similmente ad Aristippo che, pacificatosi colla parte contraria, gli ritornasse l’esercito, comandò a Senia d’Arcadia capitano dei forestieri allogati nelle guarnigioni, che venisse e glieli menasse, eccetto quella quantitá che si richiedeva a poter custodire le cittadelle. Richiamò eziandio quelli che stavano all’assedio di Mileto, e volle che gli esuli parimente l’accompagnassero in arme, promettendo loro che se quella guerra gli succedeva secondo il suo disegno, era deliberato di non cessare che prima non gli avesse ridotti a casa. I quali gli compiacquero di buona voglia per la fede che gli avevano, e pigliate le armi, vennero a Sardi. Venne anche Senia con forse quattromila fanti di armatura greve, tolti dalle guarnigioni. [p. 208 modifica]Venne Prósseno con circa millecinquecento dalla detta armatura, e cinquecento altri armati leggermente. Venne Sofèneto stinfálio con mille uomini di armatura greve. E Socrate acheo venne dall’assedio di Mileto con quasi cinquecento dalla stessa armatura, e Pasiòne megarese altresi dal predetto assedio con circa settecento uomini.

Tutti questi vennero a Sardi. Ma Tissaferne, ponendo mente, e giudicando che questo cosí fatto apparecchio fosse cosa maggiore che non bisognava contro ai Pisidi, corse al Re in tutta fretta con presso a cinquecento cavalli. E il re, udito che ebbe da costui l’armamento di Ciro, si stava preparando.

In questo mezzo esso Ciro, colla gente detta di sopra, si mosse da Sardi; e fatto per mezzo alla Lidia in tre giorni ventidue parasanghe, arrivò al Meandro; fiume largo due peltri, che aveva un ponte sostenuto da sette barche. Passato questo fiume, andò per la Frigia otto parasanghe in un dì, tanto che giunse a Colossa, cittá popolata, grande e ricca, dove si fermò sette giorni. E venne Menóne tessalo con mille fanti armati alla greve e cinquecento peltati fra dólopi, eniani e olinti. Quivi allo spazio di venti parasanghe, dopo tre giorni, arrivò a Celène di Frigia, cittá ricca, grande e popolata, dove era la reggia di Ciro, e un orto grande, pieno di salvaggiume, il quale esso Ciro andava cacciando a cavallo quando si voleva esercitare e tenere i cavalli in opera. Per mezzo all’orto ci corre il Meandro, le cui scaturigini si veggono dentro alla reggia. E corre somigliantemente esso Meandro per mezzo a Celène, dove anche il re di Persia ha una reggia munita, che è posta sotto alla fortezza, in sulle fonti del Marsia, il quale eziandio corre per lo traverso della cittá, e sbocca nel Meandro, ed è largo venticinque piedi. In questo luogo si racconta che Apollo scorticasse Marsia, vinto che egli l’ebbe, quando essi vennero a concorrenza qual fosse il piú dotto dei due, e che appiccasse la pelle dentro alla caverna dove sono le sorgenti. Per la qual cosa il fiume ebbe questo nome del Marsia. È fama che il re Serse, vinto dai greci in battaglia, e fuggendo, [p. 209 modifica]fabbricasse la fortezza di Celène e la detta reggia. Ciro soprastette in questo luogo trenta dí; e venne Clearco lacedemonio con mille fanti armati alla greve, ottocento traci peltati e dugento saettatori cretesi. Quivi si trovarono eziandio Sosia da Siracusa e Sofèneto di Arcadia con mille armature grevi l’uno. E Ciro fece la rassegna e il novero dei soldati greci nell’orto, che furono in tutto undicimila armature grevi a piedi e circa duemila peltati.

Dopo questo, levato il campo, e fatto in due giornate venti parasanghe, venne a Pelta, cittá popolata, e quivi sostenne tre dí; nel qual tempo Senia celebrò le feste lupercali con sacrifizi e giuochi, dando stregghie d’oro a chi vinceva. E si trovò Ciro medesimo a vedere i giuochi. Di poi, fatte in due giornate dodici parasanghe, venne a Piazza degli stovigli, cittá popolata, che è l’ultima della Misia. Quindi a trenta parasanghe, in tre alloggiamenti, arrivò a Campo di Caistro, cittá popolata, dove si fermò cinque giorni. E l’esercito aveva a essere pagato di tre mesi e piú, tanto che spesso, andando alle porte di Ciro, gliene chiedevano. Il quale gli menava con buone speranze; ma si lasciava scoprire che stava di mala voglia: perocché non era secondo il suo fare che, avendo il danaio, non pagasse quel che doveva. In questo la moglie di Siènnesi re della Cilicia, di nome Epiassa, venne agli alloggiamenti di Ciro, e corse voce che gli desse molta moneta. E Ciro soddisfece all’esercito delle paghe di quattro mesi. Aveva la detta Epiassa alcune guardie del corpo, che erano parte di Cilicia, parte della cittá di Aspendo. E si ragionava che Ciro usasse colla Reina.

Di lá, fatte in due giornate dieci parasanghe, arrivò a Timbrio, cittá popolata. Accanto alla strada era una fontana che si chiama fontana di Mida, il quale fu re di Frigia; e si narra che presso alla detta fonte pigliò Sileno satiro, avendola meschiata di vino. Mosso che fu da Timbrio, fece in altre due giornate altre dieci parasanghe, e venne a Tirièo, cittá popolata, dove si fermò tre giorni. E la Donna di Cilicia, per quello che si racconta, pregò Ciro che le mostrasse l’esercito: [p. 210 modifica]laonde esso Ciro fece la rivista sì dei greci e sì dei barbari nella campagna; e comandò ai greci che si schierassero e stessero fermi in battaglia all’usanza di loro, e che ciascuno mettesse in ordinanza i suoi. Per tanto si disposero in quattro file; e Menóne colla sua gente ebbe l’ala diritta, Clearco la sinistra, e gli altri capitani il mezzo. Ciro, passando dinanzi all’esercito sopra un carro, e quella di Cilicia sopra un cocchio, andavano riguardando primieramente i barbari e poscia i greci. I barbari erano distribuiti per isquadre e per battaglioni, e cosí si movevano. Tutto l’esercito portava celate di rame, toniche rossette e gambiere, co’ suoi scudi nettati. Visto che ebbe tutto l’esercito, fermossi di rincontro al mezzo della falange in sul carro, e mandando Pigrete interprete ai capitani dei greci, comandò che la falange, recatasi le armi davanti, si movesse tutta in un tempo.