Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1158

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[p. 449 modifica] ama il concorso delle vocali, specialmente quella lingua che appartiene agli scrittori piú antichi e nel tempo stesso piú grandi, piú classici, piú puri e piú veramente greci.


     E siccome la prosodia greca era già formata ai tempi di Omero (sia ch’egli la trovasse o la formasse da se), la latina lo fu tanti e tanti secoli dopo, cosí fra la poesia dell’una e dell’altra lingua si osserva una notabile differenza in questo proposito, la quale conferma grandemente il mio discorso. Ed è che nella poesia latina, se una parola finita per vocale è seguita da un’altra che incominci per vocale, l’ultima vocale della parola precedente è mangiata dalla seguente, si perde e non si conta fra le sillabe del verso. All’opposto, [p. 450 modifica]All'opposto, nella poesia greca non è mangiata né si perde o àltera in verun modo e si conta per sillaba, come fosse seguíta da consonante, fuorché se il poeta non la toglie via del tutto, surrogandole un apostrofo. Cosí dico dei dittonghi nello stesso caso, parimente elisi nella poesia latina e intatti nella greca.

Parimente la lingua italiana antica, quella lingua de’ trecentisti, che quanto alla dolcezza e leggiadria non ha pari in nessun altro secolo, non