Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3885

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[p. 263 modifica] passato secolo, insomma di quelli che né scrissero né seppero l’italiano; nel qual caso il suo detto è certamente esente da ogni rimprovero e controversia (15 novembre 1823). Vedi p. 3949.


*   Alla p. 3706. Se però, come dubito, fuvi per fui non è un raddoppiamento dell’u, fatto per proprietà [p. 264 modifica]di pronunzia, della qual proprietà in questo e simili casi v’hanno molti altri esempi ec. (vedi la p. 3881 ec.). Il qual raddoppiamento bensí può avere avuto luogo e occasione dal voler evitare l’iato, ma in modo che ad evitarlo sia stato interposto il v, non in quanto semplicemente atto e solito ad interporsi tra le vocali ianti, ma in quanto l’una e la piú sonante di queste nel nostro caso era l’u, cioè appunto un altro v, secondo il detto altrove circa la medesimezza di queste lettere u e v presso i latini massimamente. I quali non usavano che un carattere per esprimer l’una e l’altra, cioè anticamente e nel maiuscolo il V, piú recentemente e nel semimaiuscolo o unciale, o forse in quello ch’era allora, o anche anticamente, il corsivo e l’usuale, sia tutt’uno coll’unciale, sia diverso ec., l’u, come ne’ palimpsesti vaticani, ambrogiani, sangallesi, veronesi ec. (15 novembre 1823).


*    Alla p. 3588, margine. Di ciò che io, sapendo essere vostro servitio, senz'altri vostri commandamenti era tenuto di fare. Cioè senz’alcun vostro comandamento, di proprio moto. Bernardo Tasso, Lettere, Venetia, 1603, appresso Lucio Spineda. Libro I, cart. 27, pag. 2, in-8o piccolo (17 novembre 1823).