Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/639

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[p. 107 modifica] impaccino, infastidiscano lo scrittore e il lettore, in qualunque caso. Ma dico primieramente che si daranno infinite occorrenze, dove una di quelle cose che non hanno vocabolo italiano accada di esprimerla frequentissimamente, tratto tratto, piú volte nello stesso periodo. Ora, quando a grande stento si sarà trovata una circollocuzione che equivalga veramente, al che sarà spesso necessario ch’ella sia lunghissima, come ripeterla a ogni tratto, e in un periodo stesso piú volte? come variarla, se appena se n’è trovata una che equivalga? come abbreviarla, se, tolta qualche parola, ella non ha piú la stessa forza, e non dice tutto, non esprime piú quella tale idea, se non è tutta distesa ed intera? Una parola si adatta a prendere tutte le positure, s’introduce da per tutto, si maneggia facilmente, speditamente e a beneplacito. Ma una circollocuzione, un corpo grosso e disadatto, che se non ha tanto di luogo, non può entrare o giacere, come troverà sito, dirò cosí, in quelle pieghe, in quei cantoni, in quegli spicoli, in quegli spazietti,