Per la storia della cultura italiana in Rumania/Prefazione

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Prefazione

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Per la storia della cultura italiana in Rumania I. Primi contatti fra Italia e Rumania
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PREFAZIONE

Dei tre studi che raccolgo in questo volume, il primo, di oltre dugento pagine, è assolutamente inedito; gli altri due videro or non son molti anni la luce nel „Giornale Storico della Letteratura Italiana”.

Sono ormai sette anni dal giorno in cui per la prima volta entrai nella sala di lettura della „Biblioteca dell’Accademia Rumena”, e, da quel giorno, è diventata per me una cara abitudine il passar molte ore della mattina, e spesso anche del pomeriggio, a ricercar, nel silenzio delle cose, rotto soltanto da qualche scricchiolio di seggiola o dal rumore delle pagine smosse, le antiche orme, che, dalla colonizzazione romana al Rinascimento, e dal Rinascimento fin quasi a’ giorni nostri, la civiltà italica ha lasciate nella vita, nella letteratura e nell’arte di questo popolo rumeno, che tanto più s’ama, quanto più se ne conoscono le tragiche vicende, il tenace attaccamento al suolo e alla lingua degli avi, l’indefettibile speranza, le forti e gentili qualità di mente e di cuore.

Quando dunque entrai la prima volta in questa sala in cui tutto ora mi è così familiare e dove per l’appunto scrivo queste righe, credo fu coll’intenzione di controllar qualche passo d’un buon volume di N. I. Apostolescu sull’influenza esercitata dai romantici francesi sulla letteratura rumena del sec. XIX, che il prof. Festa mi aveva dato a recensire per la Cultura.

Ma la ragion vera fu ch’ero impaziente di veder co’ miei occhi quel „Curierul Românesc", quel „Curier de Ambe Sexe“, quell' „Albina Românească", che mi facevan pensare al „Conciliatore" e tanto ghiotta messe di notizie mi promettevano sui rapporti intellettuali corsi fra l’Italia e i Principati Rumeni, all’epoca in cui, nelle lotte comuni per l’unità e l’indipendenza, le due nazioni si compresero e si amarono di più.

Da quelle ricerche, incominciate per obbligo di recensore, proseguite dapprima per semplice curiosità, poi coll’intenzione di buttar giù qualche pagina riassuntiva sull'„italianismo“di Heliade, ed allargatesi infine a tutto il vasto campo dei contatti italo-rumeni; [p. viii modifica]è venuto fuori questo volume e verrà forse fuori, se le cure della cattedra e altri doveri perentori non me lo impediranno, una „Storia della Cultura Italiana in Rumania”, per la quale mi trovo d’aver già raccolto tutto il materiale necessario.


In un’opera stampata in italiano fuori d’Italia, il lettore vorrà perdonare, se, malgrado le cure mie e dell’editore, la correttezza tipografica, lascia qua e là a desiderare.

Quanto a me, sento il dovere di ringraziare con S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione I. G. Duca e l’Amministrazione della „Casa delle Scuole”, che han voluto mettere a mia disposizione la somma necessaria per pubblicarla, anche il tipografo C. Sfetea ed i suoi operai, per la diligenza, la pazienza e la buona volontà, colla quale mi hanno coadiuvato.

Se qualche errore è sfuggito, è sfuggito a me, ai miei poveri occhi affaticati.


Ed ora, libro mio, parti pure per le fiorite piagge d’Italia; da’ per me un bacio a’ miei vecchi; seduta la bella villa settecentesca, nella cui amabile quiete e frescura ho tante volte proseguito, durante le dolci vacanze d’altri tempi, le ricerche interrotte a Bucarest dal sopraggiungere della torrida estate rumena.

Va’, libro mio, dove a me non lice di andare; parti lieto e sicuro per il tuo pellegrinaggio votivo; parla agl’italiani di questo popolo fratello che non conoscono e che non li conosce; parla ai Rumeni della gloria e degli splendori d’un tempo, quando l’arte italiana e la gentilezza del costume cinquecentesco facevan delle corti di Petru Cercel e Constantin-Vodă Brâncoveanu eccelsi e lucidi fari della cultura latina in oriente!

Possano gli uni e gli altri accoglierti coll’amore col quale ti ho scritto, sentire il dolore che ho sentito quando ho dovuto constatare l’ignoranza assoluta che l’uno ha delle cose dell’altro, nutrir la speranza che ho sempre nutrita (e nutro oggi più viva che mai) che in avvenire i due popoli procedan di conserva nella via segnata loro dalla comune tradizione latina!

Va’, libro mio, e a quanti vorran gabellarti per „libro d’erudizione”, rispondi col mesto sorriso di chi è solo a parte del proprio dolce segreto, che sei, libro d’amore"!

RAMIRO ORTIZ

Bucarest, 7/20 giugno 1916