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Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re di Serendippo/Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re di Serendippo

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Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re di Serendippo

Edizione: Cristoforo Armeno, Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del Re di Serendippo. per opra di M. Christoforo Armeno dalla persiana nell'italiana lingua trapportato. Michele Tramezzino, Venezia, 1557
Proemio


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PEREGRINAGGIO

DI TRE GIOVANI, FIGLIUOLI

DEL RE DI SERENDIPPO.


FF
U anticamente nelle parti orientali, nel paese di Serendippo uno grande, et potente Re nominato Giaffer, il quale ritrovandosi tre figliuoli maschi, et conoscendo di dover quelli lasciar signori di gran potere, come saggio, et amorevol padre, dilibero anco di lasciarli di tutte quelle virtu dotati, che à prencipi sono richieste. onde fatta gran diligenza per tutto lo stato suo, condusse alcuni huomini in diverse scienze singolari, et assignata à loro una stanza tanto ampla et grande quanto allo stato suo s’acconvenia, dove alcun’altro non havesse ad entrare; commise loro la cura, et la disciplina de’ figliuoli, accertandoli, che cosa maggiormente grata à lui far non poteano, che ammaestrarli di maniera, che potessero essere conosciuti per degni figliuoli di lui. onde havendo i precettori dato principio à disciplinare i giovani tanto s’isforzarono, ciascuno nella profession sua di soddisfare al commandamento del lor signore, che fecero i figliuoli, i quali erano di bellissimo ingegno dotati, fra non molto spatio di tempo nelle scienze, et in quelle cose, che à prencipi si richieggono, sopra tutti gli altri
[p. 1v modifica]dell'eta, et conditione loro saggi, et saputi. il che havendo essi fatto un giorno intendere al Re, non potendo egli credere, che si tosto havessero fatto tanto gran profitto, dilibero di farne di ciò egli stesso prova. ne guari di tempo stette, che, chiamato à se il figliuol maggiore, gli parlò in guisa tale. Tu sai, figliuol mio, quanto lungamente io ho sostenuto il carico d'uno tanto imperio, et il governo di cosi gran regno, et come secondo le forze mie io ho sempre havuta cura di reggere i miei popoli, et vassalli con quello amore, et carità, ch'io ho potuto maggiore, et di essequire quantopiu per me si è potuto il commandamento di Dio. hora ch'io sono à così grande eta arrivato, giusta cosa è, che, havendo tanto tempo havuta cura del beneficio de miei sudditi, et delle provincie al regno mio soggette, questo poco di vita, che mi avanza io rivolga il pensiero à me stesso, et alla salute dell'anima mia. onde havendo statuito di ritirarmi in un monasterio non guari luntano, dove chetamente, io possa considerare i peccati miei, et l'offese fatte à l'anima mia, facendone quella penitenza maggiore, ch'io potrò, per acquistare la misericordia del signor Dio, et impetrar da lui d'ogni offesa perdono, ho voluto chiamarti dinanzi à me, per commandarti, che essendo tu il mio maggior figliuolo, tu habbia à succedere nel governo di questo stato, et imperio mio; pregandoti primieramente, che tu voglia ricevere i tuoi fratelli in [p. 2r modifica]luogo di figliuoli, et di haver di loro quella cura, et abbracciarli con quell'amore, che s'acconviene: dipoi, che osservando uguale giustitia à ciascuno, tu habbia in tutte l'operationi tue la Divina maesta dinanzi à gli occhi, reggendo con carita, et amore i sudditi, et vassalli dell'imperio tuo, et massimamente, quelli, che in povero, et misero stato si ritruovano, raccogliendo sempre, et honorando con ogni sorte d'ufficio gli huomini vecchi, et di eta grave, et castigando i rei, et malvagi, con far ogni tuo potere per essequire le leggi, et ordini di sua Divina maesta, et di questo imperio. di cotai parole, et diliberatione del padre datasi non mediocre ammiratione il saggio, et prudente figliuolo, fattagli primieramente la debita riverenza, gli ripose dicendo, Sire, io ho benissimo inteso la diliberatione, et consiglio vostro, con quanto mi havete imposto, ch'io abbia ad essequire. ma perché conosco biasimevol cosa essere, ch'io, vivendo voi, habbia à reggere, et occupare l'imperio vostro, et so anco, che non si può ritrovare occhio alcuno di grandezza tale, che sopravanzi il ciglio, et che niun splendore si può ritrovare à quel del sole del regno vostro, non giudico acconvenirsi, ch'altri l'habbia à reggere, et possedere. onde tutto ciò, che mi commandarete, io sono prontamente per esseguire, ma non sie gia mai, che, vivo voi, à cui nostro signore di lunghi, et felici anni faccia dono, io [p. 2v modifica]habbia nel regno à succedere. quando avenga poi, che il signore Iddio à se vi chiami, all'hora si ch'io di quello ne prendero la cura, et governo, et secondo i saggi, et santi ricordi vostri, quanto più per me si potra, mi sforzero di giustamente, et co'l timore di sua divina maestà reggerlo, et amministrarlo. di cotal risposta del prudente figliuolo, ne rimase il Re molto consolato, et lieto, havendo col mezzo di questa prima prova conosciuto in lui quelle virtu, che à saggio, et modesto prencipe si acconveniano; mà dissimulato per all'hora il contento del cor suo, licentio da se il figliuolo; et volendo far de gl'altri due l'istessa isperienza, chiamò incontanente à se il secondo, et usatagli la medesima forma di parole, che al primo, hebbe da lui la seguente risposta. Sire, lungo, et felice sia l'imperio vostro, et concedavi il signor Iddio l'eta di Noe, ditemi di gratia s'hora uscisse della sua picciol stanza la formica serebbe egli possibile, che potesse uno imperio reggere, et governare? che sono io altro, ch'una debole et minima formichetta? come debbo io accettare l'amministratione di uno tanto regno? poscia non si ritrova egli vivo, et sano il mio fratello, vostro maggior figliuolo, il quale di ragione di voi ha ad essere successore? della pronta, et saggia risposta del secondo figliuolo ne rimase il re infinitamente sodisfatto, et il signor Dio, che di si degno figliuolo l'havesse fatto padre, humilmente, et con pietoso core ringratiò: et questo anco da se [p. 3r modifica]licentiato, fatto venir alla presenza sua il minore, l'istesso sermone con lui anco usò, che co gl'altri di gia usato havea; à cui il giovanetto rispondendo incominciò à parlere in cotal guisa; Come posso io Sire, à cui il S. Iddio molti anni in felicita viver conceda, come poss'io, dico, il quale sono anchora tenero fanciullo, si grave, et importante carico accettare? io mi conosco di essere à guisa d'una picciol goccia d'acqua, et l'imperio vostro ad uno amplo, et infinito mare assomigliarsi. come potrebbe egli essere, ch'io potessi, ò sapessi uno tanto imperio amministrare? ma perciò che voi mi vedete cosi fanciullo, mi beffate, et comandandomi cose di tanto momento, de casi miei vi prendete diletto. io Sire come, che sia fanciullo, ho però tanto d'ingegno (Iddio merce) che conosco le forze, et poter mio, et mi aveggo, che ad ogni modo mi beffate; perciò che quando ciò non fusse, non ho io due fratelli maggiori, à cui voi harreste si grande soma dell'imperio assignata? dell'accorta risposta del fanciullo diedesi il re infinita ammiratione, et havendo in lui una mirabile accutezza d'ingegno scorta, ne rimase infinitamente consolato. et cosi accertatosi del ragionamento fatto cò tutti tre i suoi figliuoli del molto profitto, che havevano fatto nelle scienze, et intese le saggie, et prudenti risposte, che date gl'haveano, dilibero per farli compiutamente perfetti, che andassero à vedere del mondo, per apparare da diversi, costumi, et maniere di molte nationi coll'isperienza quello, di che colla [p. 3v modifica]lettione de libri, et disciplina de precettori s'erano di gia fatti padroni: et chiamatili à se il seguente giorno, fingendo di essere gravamente adirato, et dimostrando d'haver havuto molto a male, che alcuno di loro nel ricevere la cura dello stato suo non l'havea voluto ubidire, uso loro cotai parole. Poscia che alcuno di voi non havete voluto il commandamento mio essequire, il che non mai mi harei io potuto persuadere, fate, che in termini di giorni otto habbiate ad uscir fuori dè confini dell'imperio mio: per ciò che come disubidienti, et malvagi figliuoli, io non voglio, che più vi habbiate à dimorare. di questo accidente rimasero infinitamente dolorosi i figliuoli: et intesa la volunta del padre, incontanente postisi in peregrinaggio, usciti del regno di lui, nello stato d'uno grande, et potente Imperadore, Beramo nominato, arrivarono. quivi nel camino non guari luntano dalla citta imperiale, abbattutisi un giorno in uno gambelliere, à cui era fuggito uno gambello, furono da lui dimandati, se per aventura quello nel camino veduto havessero; et percioche essi haveano nella via l'orme, et pedate di tal animale vedute, s'immaginarono di dirgli, che l'havevano nella strada ritrovato: et à fine che egli di ciò havesse a prestar lor fede, come erano prudenti, et saggi, havendo del perduto gambello molti indicii veduti, gli disse incontanente il maggiore. Di mi, fratello, il gambello, che tu hai perduto, non è egli cieco d'un'occhio? al che havendo il gambelliere [p. 4r modifica]risposto, che cosi era, seguito il secondo, et, disse Deh dimmi, oltre l'essere cieco, non gli manca anco uno dente in bocca? il che havendo affirmato il gambelliere, gli fu dal terzo soggionto, Serebbe egli anco per aventura zoppo? et ciò anco havendo confirmato il gambelliere, Questo gambello, habbiamo (dissero eglino) di certezza, non ha molto, incontrato nel camino, et l'habbiamo lasciato buon pezzo à dietro. onde il gambelliere tutto lieto, ringratiati i tre fratelli, postosi per la strada da loro mostratagli à cercare il suo gambello, camino ben venti miglia, ne quello mai pote ritrovare. onde stanco, et doloroso ritornando, ritruovò il seguente giorno i giovani non guari luntano dal luogo, dove lasciati gli havea, i quali presso d'uno chiaro fonte assettati, s'erano posti à mangiare. et quivi con esso loro lamentandosi di non havere il gambello ritrovato, lor disse, Io ho bene venti miglia caminati per la strada, che da voi m'è stata mostra, ma indarno ho fatta tal fatica, perciò che non ho saputo mai l'animale ritrovare; et come che da voi io habbia havuti grandissimi segni, non dimeno. non posso credere, che non mi habbiate beffato in risposta di che gli disse il maggiore fratello. Da segni, che noi ti habbiamo dato, tu puoi ben considerare, se noi ti habbiamo beffato, ò nò; ma à fine che tu non habbia sinistra opinione di noi, io ti do quest'altro segno, che'l tuo gambello era carico, et dall'un canto era la soma di butiro, dall'altra di mele; Et io, soggiunse [p. 4v modifica]il secondo, dicoti, che sopra il tuo gambello vi era una donna; et questa donna, disse il terzo, accio che tu conosca, che noi il vero ti diciamo, ti affermo essere gravida. udite queste parole il gambelliere, et facendosi à credere, che i giovani per i molti, et veri indicii, che dati gli haveano gl'havessero il gambello rubbato, il quale egli nel camino da loro dimostratogli non havea potuto ritrovare; diliberò d'andare alla ragione, et accusare i giovani, che il suo gambello nella via rubbato gl'havessero. onde dinanzi al giudice comparsò, et i tre fratelli del commesso latrocinio gravemente accusando, furono posti in prigione. questo fatto pervenuto all'orrecchie dell'Imperadore gli diede alcuna noia, facendo egli massimamente usare ogni diligenza, à fine, che per lo regno suo sicuramente et senza timore de' malandrini si potesse caminare, onde tutto turbato, fatti il seguente giorno condurre i giovani alla presenza sua, et chiamato anco il gambelliere, volle da lui, presenti i giovani, di tutto'l successo essere informato; il quale pienamente dal gambelliere inteso, con certi indicii à lui del perduto gambello da giovani dati, tutto turbato à loro rivolto, disse tai parole, Voi havete intesa l'oppositione hora fattavi dal gambelliere, et perché per segni da voi datigli io ho per cosa certa, gl'habbiate il suo animale rubbato, non l'havendo massimamente per grande diligenza, ch'ei fatta s'habbia nello camino da voi mostratogli, potuto ritrovare, come che giustamente, per [p. 5r modifica]cotal misfatto deverei à morte condennarvi, nondimeno essend'io naturalmente più tosto alla clemenza, che alla severità rivolto, ho diliberato, prima che farvi morire, che incontanente il rubbato gambello habbiate à ritrovare; il che ove da voi non sia senza alcuna dimora fatto; farovvi dimane per tempo di morte, à malandrini richiesta, vituperosamente morire; i giovani udite le parole, et diliberatione dell'Imperadore, come che di cotal successo fussero alquanto dolorosi, nondimeno dalla coscienza, et innocenza sua racconsolati, in cotal guisa gli risposero. Noi Sire siamo tre viandanti, i quali andiamo in peregrinaggio, et per niuna altra causa, che per vedere diversi paesi, et le maraviglie, ch'in questo mondo si ritruovano, ci siamo à cotale impresa posti. onde capitati nel regno vostro ci incontrammo non guari luntano da questa città nel presente gambelliere, il quale dimandatici, se havevamo per aventura uno gambello, che egli perduto havea nello camino ritruovato, come che noi non l'havessimo altrimenti veduto, nondimeno havendo nel camino del perduto gambello molti indicii veduti, gli rispondemmo burlando, che l'havevamo incontrato; et à fine, che egli alle parole nostre havesse à prestar fede, del suo gambello gli dessimo, que' segnali, che da esso gambelliere vi furono detti: i quali essendo à caso riusciti veri, ne havendo egli per lo camino da noi mostratogli il suo gambello potuto ritrovare, ingiustamente incolpatici, che noi gl'habbiamo l'animale suo [p. 5v modifica]rubbato, ci ha condotti alla presenza vostra; et ingiuriati, come voi vedete. questo, che noi vi dicemo, è la verità; che quando altrimenti si ritruovi, ci contentiamo, che di qualunque aspra, et crudel morte, che à voi piaccia, ci facciate morire. udite l'Imperadore le parole de' giovani non si potendo persuadere, che i sei segnali al gambelliere dati potesser'à caso esser tutti riusciti veri, lor disse, Io non penso gia, che voi siate tre profeti, ma sì bene tre stradaiuoli, che andate assassinando le persone, che nel camino ritrovate, et per ciò lo cred'io, che pure in uno de' sei indicii del perduto gambello, quali voi havete al gambelliere dati, non havete errato; et cosi fattili nelle carcere ricondurre, avenne fra quel mezzo, che uno vicino del gambelliere andando per suoi affari ritrovo per la strada il perduto animale; et riconosciutolo, et presolo, nel ritorno al padrone, che gl'era vicino, lo consignò. onde il gambelliere dell'errore suo avedutosi, considerando in quanto gran pericolo per sua cagione i giovani si ritrovassero, corse incontanente all'Imperadore: et fattogli intendere, come egli havesse il gambello suo ritrovato, humilmente, et con grand'istanza supplicollo, che gli innocenti giovani havesse di prigione à rilassare. inteso l'Imperadore cotal successo, doloroso molto d'haver i miseri giovani incarcerati, non havendo essi massimamente delitto alcuno commesso diede ordine, che incontanente fussero tratti di prigione, et alla presenza sua condotti, il che senza alcuna [p. 6r modifica]dimora da ministri essequito, primieramente s'iscusò con loro d'haverli per ingiusta oppositione del gambelliere fatti incarcerare: poscia disideroso d'intendere come havessero saputo gl'indicii del perduto animale indovinare, fece lor molta instanza, che gl'havessero ciò à palesare. onde volendo ad ogni modo in ciò i giovani all'Imperadore sodisfare, gli disse il maggiore, A ciò mi accorsi io, Sire, chel perduto gambello d'un'occhio cieco si ritrovava, che camminando noi per la strada, d'onde egli passato era, vidi da l'un canto di quella, che dalla altra parte si ritrovava, era tutta roduta, et mangiata, et dall'altro canto era intiera, et sana. ond'io mi feci à credere, che egli di quell'occhio cieco fusse, con che sopra la parte, dove la buon'herba giacea, non potea vedere; percioche non harebbe mai la buona per la malvagia lasciata. seguitò il secondo, et disse, Sire, che 'l gambello senza uno dente fusse à ciò m'avidi, che nel camino ritrovai quasi ogni passo bocconi d'herba masticata di tal misura, che potevano per quanto tiene lo spatio d'uno dente di tal animale passare: et io Sire, disse il terzo, che 'l perduto gambello fusse zoppo giudicai, percioche l'orme di tre piedi dell'animale chiaramente scorgendo; del quarto m'accorsi, per quanto potevo per i segnali considerare, che dietro si lo strascinava. dell'ingegno, et prudenza de giovani rimase l'imperadore molto stupefatto, et disideroso d'intendere, come gl'altri tre segnali [p. 6v modifica]havessero saputio indovinare, caramente pregolli, che anco quelli gli raccontassero. onde per compiutamente alle dimande di lui sodisfare, l'uno de giovani disse, Sire, che la soma dell'animale fusse dall'un canto di butiro et dall'altro di mele à ciò mi accorsi, che per lo spatio bene d'un miglio dall'una parte della strada io vidi un'infinita moltitudine di formiche, che'l grasso appetiscono, dall'altra incredibile numero di mosche, che il mele tanto amano à pascolare. Et che una donna vi fusse sopra, disse il secondo, per ciò io giudicai, che veduto l'orme dove il gambello inginocchiato s'era, scorsi anco la forma di uno piede humano, il quale come, che à me di donna paresse, nondimeno, per cio che anco di fanciullo esser potea, di ciò in questa maniera m'accertai, che veduto, che presso la forma del piede era stato orinato, posi nell'orina le dita, et la volli odorare: onde incontanente fui assalito dalla concupiscenza carnale, et di qui è, che quel piede di donna esser credei. il terzo disse, che questa donna poi fusse pregna, m'avid'io dall'orme delle mani, che in terra si vedeano, havendo ella per il carico del corpo colle mani dopo orinato aitata se stessa à levare in piede. in finita ammiratione diedero al re le parole de' giovani, de quali egli facendo per il loro ingegno stima incredibile, dilibero in ogni maniera di accarezzarli, et honorarli in quella guisa, che al singolare loro valore era richiesto: et una ricca stanza nel proprio palagio suo fatta [p. 7r modifica]preparare, quelli caramente pregò, che alcun tempo con esso lui fussero contenti di dimorare, accertandoli il meglio, che pote, dalla molta stima, che egli del pronto et alto loro ingegno facea. onde vedutisi i giovani si fattamente da uno tanto prencipe honorare, resegli infinite gratie della molta sua cortesia, si dimostrarono prontissimi ad ogni suo disiderio di sodisfare. onde dal proprio Imperadore nelle preparate stanze accompagnati, realmente nell'avenire furono trattati, ne mai giorno passava, che quatr'hore al meno l'imperadore con loro diversi ragionamenti facendo, non prendesse della molto loro prudenza, et pronto ingegno infinito diletto; et alle volte anco nascondendosi in un camerino alla lor stanza vicino, udendoli sempre d'alte cose à favellare da loro contentissimo si partiva, à questi giovani facendo egli delle proprie sue vivande dar' à mangiare, avenne un giorno, che apparecchiato il desinare, loro fece uno grasso agnello fra molti altri dilicatissimi cibi, et uno fiasco di precioso vino presentare, et egli nel camerino ritiratosi i loro ragionamenti stava con molto diletto ad ascoltare. hor postisi i giovani à tavola, et cominciato dell'agnello à mangiare, et à gustar del vino che l'Imperadore mandato lor havea, disse, il maggiore, In vero io giudico, che la vite di dove è venuto questo vino, che per tanto precioso ci è stato hoggi potato sia nata in una sepoltura, ne penso, che possa essere altrimenti: Et à me, disse il secondo, non potrebbono far [p. 7v modifica]credere tutti i savi del mondo, che questo agnello, c'hoggi ci è stato posto dinanzi, non sia con latte di cagna nutricato; ne guari stette il terzo à dire, Fratelli, molto mi duole d'una cosa, di che istamane mi sono aveduto, et questo è, c'havend'io potuto per alcuni segni comprendere, che questo signore, da cui noi tante cortesie habbiamo ricevute, ha per misfatti fatto uccidere uno figliuolo del suo consigliere, il padre altro al presente nel pensier non rivolge, che come facendo il suo signore morire possa della morte del figliuolo vendicarsi. i ragionamenti de' giovani havendo l'Imperadore ottimamente intesi, et essendo per le parole del terzo assai turbato, entrato nella stanza loro, et dissimulato il dolore del cuor suo; Deh che belli ragionamenti fate voi? lor disse; à cui fatta i giovani riverenza risposero, che per all'hora d'altro non ragionavano, et che posto fine al desinare, si volevano levare dalla mensa. mà egli, facendo molta instanza che gli havessero de' loro ragionamenti à far parte, et accertandogli, che, prima che quivi entrasse, uditi gli havea, non potendo ne sapendo essi la verità occultare, il tutto ordinatamente, come desinando divisato haveano, gli raccontarono et incotal guisa con essi per alquanto spacio dimorato, alla sua stanza se ne ritornò, et fatto incontanente à se venire quello, che della sua cantina havea la cura, et interrogatolo in qual parte del paese fusse stato fatto quel vino, che egli la mattina à [p. 8r modifica]giovani mandato havea, inteso il tutto, fece il padrone della vigna à se chiamare: il quale giunto alla presenza sua, dimandatolo, se quella vigna, della quale egli havea la cura, fusse anticamente vigna, ò se pure modernamente di fabriche, o campi non coltivati fusse stata à coltura ridotta, intese, che dove all'hora era essa vigna, laquale si precioso vino producea, dugento anni prima solea essere cimitero, et sepolture di corpi morti. onde di ciò accertato, et conosciuto esser vero ciò, che il giovane detto havea, volle anco accertarsi di quanto havea il secondo raccontato: percio che della propositione del terzo non era necessario, che alcuno n'interrogasse, sapendo egli stesso di havere fatto uccidere per suoi misfatti il figliuolo del suo consigliere. et dato ordine, chel pastore della sua greggia à se fusse chiamato, dimandatolo con che sorte di pastura havesse l'agnello ingrassato, che quel giorno per la tavola sua havea fatto uccidere, egli pallido, et tutto tremante divenuto, rispose, che d'altra pastura l'agnello, che ancora tenero era, non era stato nutricato, che del latte della madre: ma avedutosi l'Imperadore per lo timore, che nel pastor vide, che non gl'havea il vero narrato, gli disse, Io veramente conosco, che tu mi narri il falso: onde ti affermo, che non mi facendo hor'hora palese la verità, farotti incontanente di crudele, et aspra morte morire. Deh Sire, replico il pastore, piacendovi di donarmi la vita, narrerovvi veramente il tutto; il che dà lui promessogli, gli disse, Sire, [p. 8v modifica]essendo l'agnello ancor piccolino, et pascolando un giorno la madre alla campagna, luntanatasi alquanto, mi fu dal lupo rubbata, et havendo à caso la cagna, che alla guardia della greggia io tengo, in que' giorni i suoi cagnolini partoriti, non sapend'io ritrovar strada migliore di far il picciol agnello nutricare, alla poppa della cagna attaccatolo, fu da quella si fattamente allevato, che giudicatolo degno cibo di voi, et uccisolo, lo vi mandai istamane, et al maggiordomo vostro lo consignai. l'Imperadore, che ciò intese, comincio veramente à credere, che questi giovani havendo cosi alto, et degno spirito, fussero di virtu profetica dotati, et licentiato il pastore, ritornato a giovani uso loro tai parole: Tutto cio, che voi mi havete narrato, ho ritrovato vero, et mi fo à credere, che sendo in voi una si nobile, et alta virtu, come è l'arte dell'indovinare, tre altri huomini à voi somiglianti nel mondo tutto non si possano ritrovare. ma ditemi di gratia, che indicio havete voi hoggi alla tavola havuto, per lo quale le cose da voi raccontatemi vi habbiate potuto imaginare? onde rispondendo il maggiore disse, Che'l vino, Sire, c'hoggi ci havete fatto recare fusse di vite in sepoltura nata uscito, per ciò m'avidi, che tanto sto ch'io n'hebbi il primo bicchiere bevuto, si come suol sempre il cuore dell'huomo pel vino allegro, et lieto divenire, cosi io mi senti da una profonda mestitia, et malinconia esser' assalito; onde giudicai il vino, havendo io in me sentito cotale effetto, d'altro luogo, che di alcun [p. 9r modifica]cimitero, non poter esser uscito; Et io, soggionse il secondo, havendo alcuni bocconi dell'agnello mangiato, et sentendomi la bocca salata oltre modo, et di schiuma ripiena, m'accorsi esso agnello d'altro latte, che di cagna non esser stato nutricato. Et perche Sire, seguitò il terzo, io mi aveggo, che voi con gran disiderio aspettate d'intender anco da me, come io dell'animo del consigliere vostro, pieno di mal talento, contro l'Imperial vostra persona mi sia potuto accorgere; havete à sapere, che ragionando voi l'altr'hieri sopra'l castigo de' malvagi, ritrovandoci noi dinanzi à voi, vidi il vostro consigliere tutto cangiarsi in faccia di colore, il quale con mal occhio guardandovi, assalito dalla sete, dimandò dell'acqua da bere, la quale suole il fegato rinfrescare, et perciò feci io giudicio, che minor offesa non havesse egli da voi ricevuta, che la morte d'un suo figliuolo. l'Imperadore, che i giovani in ciascuna cosa viridichi havea ritrovati, di ciò molto turbato, gli rispose; Io sono più che certo, chel fatto sia come appunto tu mi lo hai narrato, et che il consiglier mio altro nel pensier suo non rivolga, che come potermi uccidere, per vendicarsi del figliuolo, il quale giustamente io per suoi misfatti à morte condennai. mà questa cosa come può egli essere, ch'io dalla bocca di lui possa farmi confessare? percio ch'io giudico, che per gran tormento ch'io gli dia, egli non me ne dirà mai parola. onde non havendo la confessione di bocca sua, non lo potrò giustamente condennare. però [p. 9v modifica]conoscendovi io di bellissimo ingegno dotati, so, che à ciò per voi alcuno rimedio sera ritrovato. Il rimedio, rispose il giovane, Sire, sie pronto, ove il conseglio mio vogliate esseguire. ha il vostro consigliere, per quanto io ho udito à ragionare, una sua concubina, la quale egli molto ama, et ad essa d'ogni suo segreto suol far parte. à questa donna se voi havete mezzo di far intendere, che sete dell'amor di lei talmente preso, che vi sentite morire, et che cosa non è, che voi per lei non siate per fare, sempre che ella dell'amor vostro voglia accertarsi, havendo, come nella maggior parte delle donne suole avenire, lunghi i capelli, et corto il cervello, conoscendosi bella, agevolmente si farà à credere, che disideriate, che essa dell'amor suo vi faccia dono. poscia, essendo voi suo prencipe et signore giudico, che incontanente habbia in poter vostro à venire, et in cotal guisa sono io certo, che d'ogni machinatione, che contra la persona vostra habbia il consigliere in animo di fare, dalla proprio bocca di lui siate per accertarvi. piacque infinitamente all'Imperadore il consiglio del giovane, et ritrovata una prudente, et saggia messaggiera, fingendo di ferventemente amare la donna del suo consigliere, l'animo suo tutto gl'aperse, et le commando, che senza alcuna dimora havesse cotale ufficio, ad essequire. Onde ella al commandamento di lui presta, ritrovata occasione d'essere con lei, le scoperse l'animo del suo signore, et dissele, che agevolmente potrebbe egli ò facendo il conseglier [p. 10r modifica]morire, ò vero operando, che ella un giorno fusse da suoi ministri rapita, haverla in poter suo, mà che parendole ciò atto da tiranno, et non da giusto, ne humano prencipe, non voleva in ciò alcuna violenza usare, caramente pregandola, che à piacere di lui volesse acconsentire. Udite la donna del consigliere le parole della messaggiera, infiniti preghi le porse, che al re dell'amore, che le portava, in nome suo rendesse gratie infinite, con dirgli, che, essendo ella donna di sì picciol fortuna, si dava grande ammiratione, come havesse egli si bassamente il pensier suo collocato; et che nondimeno ella era presta ad ogni suo piacere; mà che, essendo tanto dal consigliere custodita, altro, che un sol mezzo à cio ritrovare non sapea, il quale à lei scoprirebbe, ove però primieramente ella giurasse di non havere ad altri che all'Imperadore suo Signore quanto allhora le dicea di palesare. Onde fattole la messaggiera solenne sacramento di silentio, le cominciò à dire in guisa tale. Tu hai à sapere, che 'l consigliere, nel cui potere io mi ritrovo, ha contra l'Imperadore nostro prencipe uno malvagio, et crudel pensiero, ne ha la mente ad altro rivolta, che come possa farlo morire, havendo preparato una bevanda velenata, et aspettando occasione di fargli uno convito, et con quella dargli la morte, et di ciò io sola consapevole sono: et come che io havessi in animo di fare in ogni maniera sapere all'Imperadore si grave misfatto, nondimeno fino ad hora non mi è mai venuta l'occasione: onde tu gli [p. 10v modifica]paleserai tutto questo fatto, dicendogli, che, ove gli sia nel fine del convito, che dal consegliere gli serà fatto, per lui presentata una tazza di cristallo con una bevanda, egli per niente non la debba accettare, per essere quella tutta di veleni stillata, mà che la faccia à lui bere, che cosi castigandolo del misfatto, gli darà la morte, et trarra me dalle mani di si malvagio traditore, et in cotal guisa m'harrà sempre ad ogni suo piacere. La messaggiera ottimamente inteso quanto dalla donna del consigliere le era stato narrato, presa da lei licenza, et incontanente al prencipe ritornata, il tutto ordinatamente gl'ispose. onde, havendo egli in que' giorni havuta una gran vittoria contra uno potente, et gran Re, il quale tentava di occupargli il regno, s'imaginò con tale occasione di far in segno d'allegrezza di tanta vittoria doni à principali ministri della corte sua, tra quali havendo il primo luogo il consigliere, si fece à credere, che realmente presentandolo, dovesse dargli cagione di tentare quanto egli di gia diliberato havea. onde fattogli uno precioso dono, fu da lui con tal'occasione non molti giorni dopo ad uno reale, et magnifico convito chiamato. onde ito alla stanza del consigliere, et da lui con gran festa, et allegrezza ricevuto, di molti preciosi, et gran doni presentato, s'assettò alla mensa, la quale di dilicatissimi cibi era preparata, et quivi con suoni, et canti celebratosi il convito, essendosi per levare le tavole, il consigliere con sue proprie mani presentata al Re in una tazza [p. 11r modifica]di cristallo un'odorifera bevanda gli uso tai parole: Sire, poscia che voi, si alto, et gran signore, vi sete degnato di honorare il convito di me humil servo vostro, io anco con ogni mio potere mi sono isforzato di ritrovar cibi, et vivande degne della persona vostra. onde havendo fatta fare questa potione, alla quale un'altra simile nel mondo tutto non si ritruova, percio che oltre molte virtu, che in lei sono, le quali lungo sarebbe al presente à rammemorare, niuna cosa può ritrovarsi, che più possa di questa il fegato dell'huomo rinfrescare, l'ho voluta all'Imperial persona vostra presentare. questa conoscendo l'Imperadore, essere la velenata bevanda, che dal consigliere molto prima gl'era stata preparata, sì come dalla donna inteso havea, in cotal guisa gli rispose: Tu sai, come io, non ha molto tempo, per misfatti da lui commessi à morte condennai il tuo figliuolo; onde essendo verisimile, che tu per la morte di lui habbia il fegato riscaldato, et ardente oltre modo, io serei discortese, et poco amorevole verso di te mi dimostrarei, ove di questa potione io ti privassi, la quale à te si gran beneficio puo apportare: onde ricevendola con animo, io te ne fo dono, il quale conoscero esserti grato, ove hor hora alla presenza mia tu la beva. per queste parole dell'Imperadore turbato assai il consigliere, dubitandosi, che nel pensiero suo havesse ad esser vano, incontanente gli rispose, dicendo; Questa, Sire, essendo cosi rara, et pretiosa bevanda, conosco non à me, ma alla imperial persona vostra [p. 11v modifica]acconvenirsi. mà replicandogli egli, che l'havea caro, et amava, come se stesso, conoscendo massimamente l'amore, et riverenza, che egli in ogni tempo gl'havea portata, disse: Io conosco il bisogno tuo, et, ove questa potione volessi à te levare, io non sarei cosa degna dell'affettione mia verso di te, essendo certo, che quella à te gran beneficio può apportare, si come à me, ch'il fegato non ho altrimenti riscaldato, di nissuno giovamento essere potrebbe. Hor vedendo il consigliere l'instanza, ch'el suo signore gli facea, che la potione da lui presentata gli havesse egli à bere, et dubitando, che 'l tradimento suo fusse stato scoperto: Sire, disse nella fossa, ch'io volevo far altrui cadere, sono io stesso traboccato, ma perciò che vi ho sempre conosciuto naturalmente alla clemenza rivolto, voglio credere, che poscia ch'io vi harrò data una ammonitione alla vita vostra importantissima, dello error mio mi darete perdono. Ove voi il figliuolo d'alcuno habbiate à morte condennato, il padre di lui non permetterete, che nella corte vostra habbia à conversare sapete, che il figliuol mio per suoi misfatti faceste giustamente uccidere, et io con quante carezze, et doni, che poscia m'habbiate fatti, non mi ho mai potuto il mio grande dolore dell'animo levare, ne mai vi veggo, che confondendomisi tutto 'l sangue, non mi venga in pensiero di darvi la morte; et come che da voi infiniti beneficij, et honori io habbia ricevuti, et che à giusta morte il figliuol mio habbiate condennato, nondimeno io ingiustamente havevo à [p. 12r modifica]voi questa velenata bevanda preparata; percio che in cotal guisa à me pareva di dover della morte del mio figliuolo vindicarmi. inteso l'Imperadore il fiero proponimento del suo consigliere, fattogli della vita dono, scacciollo incontanente dalla presenza sua, et assignati tutti i suoi beni al fisco, gli fece intendere, che nello spatio di tre giorni havesse ad uscire de' confini dell'Imperio suo; et rese al signor Dio gratie infinite, che da si grave pericolo l'havesse liberato: et ricompensata realmente la donna, che si fatto tradimento gli scoperse, ad uno de' prencipali baroni suoi la maritò. poscia ritornato à giovani, narrato loro tutto il successo del convito del consigliere, et altamente presentatili, disse, Io non dubito, che essendo voi di tanta prudenza, et di si alto ingegno dotati, che tante cose habbiate saputo indovinare, et che la mia vita dalle mani del disleale, et malvagio consigliere havete liberata, non siate anco per ritrovare rimedio ad uno gran che, ch'io ho al presente alle mani; et veramente conosco, che ciò non mi havete à negare, havendo io hoggimai scorto in cosa, che la vita mia importava, il grande amore, che voi mi portate. onde havendogli essi la lor'opra in ciascuna cosa prontamente offerita, dicendo, comincio. Fu dagli antichi filosofi di questo imperio, i quali i predecessori miei hanno in ogni tempo assai stimato, ritrovata una forma di specchio, il quale essi chiamavano specchio di giustitia; percio che havea questa virtu, che ove due insieme piativano [p. 12v modifica]facendo il giudice quelli in esso guardare, et à colui, che ingiusta dimanda facea, la faccia incontanente nera divenia, et quello, che dirittamente si difendea, nel primo suo color rimanendo, dal giudice vittorioso se ne giva. onde non facendo all'hora di testimoni mestieri, merce della virtu, che lo specchio havea, vivevasi in tanta quiete, et pace, che al proprio paradiso cotesto imperio si assomigliava; et quello, à cui per la fraude sua la faccia nera divenia, in altra maniera nello pristino stato ritornare non potea, salvo se calato in et uno pozzo assai profondo, dove con pane et acqua sola la vita sostentasse, quivi quaranta giorni non fusse dimorato. dopo la qual penitenza del pozzo cavato, et alla presenza del popolo condotto, il peccato suo confessando, la pristina sua forma ricoverava. onde per lo timore dello specchio in gran tranquillita vivendosi, et ciascuno dello stato suo contentandosi, davasi opera all'agricoltura, il paese di ciascuna cosa abondava, qualunque povero mercatante, ò forastiere che qui d'altre parti capitava, ricco nella patria sua se ne giva; à nimici di questo imperio il signor Iddio havea tutte le forze levate, et per molti anni una lieta, et felice vita ogn'uno godea. Vivea in quel tempo l'avolo mio, il quale due figliuoli havea, mio padre, et un altro mio zio, i quali dopo la morte di lui dell'imperio insieme contendendo, avvenne, che mio padre rimase superiore. Onde aspettando l'occasione il fratello di vendicarsi, si fattamente operò, che fece lo [p. 13r modifica]specchio rubbare, et con esso fuggendo, in India lo porto. quivi era reina una vergine, la quale del regno ad uno suo consigliere la cura havea assignata. à cotesta vergine fu da mio zio lo specchio presentato, et la virtù di quello tutta narratole, la quale però altrove, che in questo regno, non potea dimostrare. vedeasi ogni giorno nella principal citta di quel paese, la quale alla marina era situata, al levare del sole una gran mano dritta, et aperta sopra 'l mare, la quale fino al tramontare non si movendo dal luogo, d'onde era uscita, sopragiungendo la notte, s'accostava al lito, et prendendo un'huomo, nel mare seco lo portava, et così facea di continuo. onde sin' à quel tempo gran numero d'huomini si era in quel paese perduto. di che il popolo mesto, et dolente assai, s'imagino di portare lo specchio sul lito del mare all'incontro di essa mano, facendosi à credere, che per aventura alcun rimedio gli potesse dare, et all'incontro della mano portatolo, questo beneficio ne ricevette, che si come prima un'huomo al giorno, cosi non piu un'huomo, ma uno cavallo, ò un bue seco ne portava. Hor per la perdita dello specchio havendo questo regno la pristina felicita smarrita, et disiderando senza fine mio padre di ricoverarlo, mandò alla reina uno suo ambasciatore con offerirle gran thesoro, se glie lo havesse voluto restituire, à ciò facendola con diverse ragioni persuadere; massimamente dimostrandole, che al paese di lei non poteva lo specchio giovamento alcuno [p. 13v modifica]apportare; ove questo regno harrebbe nello primiero stato, et tranquillita rimesso. mà non potendo le parole dell'ambasciatore fare alcuno profitto, ritornato disse, che per lo beneficio c'havea all'hora quel regno ricevuto dello cambio dell'huomo nel cavallo, ò bue, che seco ogni giorno nel mare la mano portava, quella reina non lo volea altrimenti restituire, salvo ove da mio padre non fusse alcuno rimedio alla rovina, che essa mano facea, ritrovato. mà che avenendo, che da tanta miseria fusse lo regno suo liberato, ella di buon cuore, essendo gl'avoli suoi stati molto amici de nostri predecessori, harrebbe lo specchio restituito. ma non sapendo mio padre à ciò compenso alcuno ritrovare, non si è mai piu la primiera tranquillità potuta ricoverare. onde conoscendovi io huomini di si alto, et nobil ingegno dotati, mi fo à credere, che, ove voi vi vogliate in ciò adoperare, quel regno dall'infortunio della mano liberando, à me lo specchio, ciò è la quiete, et felicita dell'imperio mio ricoverarete. il che volendo voi essequire, promettovi di farvi di gran thesoro padroni. intese i giovani le parole, et il bisogno del signore, per le molte cortesie, et honori, che da lui haveano ricevuti, prontissimamente gli promisero di dover in India a passare: d'onde dinanzi alla sua presenza piu non ritornerebbono, ove lo specchio insieme non gli havessero riportato, di che lieto l'Imperadore oltre misura, accompagnateli con alcuni de principali suoi baroni, in India gl'inviò. et dopo la [p. 14r modifica]loro partenza sperando di rihaverlo ad ogni modo per lo sottile avedimento de giovani felicissima vita trappassava; et de suoni et canti grandemente dilettandosi, da ciascuna parte del paese si faceva de finissimi cantori, et musichi venire, i quali realmente donando, et ne' giardini, et caccie con essi tutto di trattenendosi, con infinito disiderio il ritorno de giovani stava aspettando. avenne in que' giorni, che havendo inteso uno mercatante, che ivi era con sue mercatantie capitato, che tanto il signore de suoni, et canti si dilettava, et i gran doni, che per ciò far solea, ritrovandosi una schiava di bellezza singolare, et in qualunque forte musica eccellente di maniera, che ciascun de que' tempi in tal scienza avanzava, fattogli cio intendere, fu da lui incontanente fatto chiamare, et impostogli, che la giovane, la quale Diliramma si chiamava, havesse alla presenza sua à condurre, per accertarsi del molto valor di lei nell'arte musicale, fu dal mercatante il commandamento di lui senza alcuna dimora essequito. onde vestita la giovane di honorati panni, venne co'l padron suo dinanzi à Behramo, il quale, la rara bellezza di lei vedendo, et la soavità de' suoni, et canti, che alla presenza sua la giovane fece udendo, fu dell'amor suo fieramente trafitto, et per ciò havendo gran numero de' danari al mercatante annoverato, la comperò et fattala di ricchi, et pomposi habiti vestire, essendo dell'amor della giovane acceso oltre misura, ove da publichi negotij libero si [p. 14v modifica]ritrovava, con lei sempre volea dimorare. hor avenne un giorno, che ito con lei alla caccia, et in uno cervo abbattutosi à Diliramma rivolto le disse, Vedi tu quel cervo? hor hora io lo voglio colla frezza ferire, però di tu in qual parte tu vuoi, ch'io lo percuota, che dove tu mi dirai, in quella parte certamente io lo ferirò. à cui ella rispose, Io, Sire, sono piu che certa, che essendo voi si valoroso arciere, in qualunque parte vorrete, il cervo sete per ferire, mà poscia c'havete piacere, ch'io vi dica qual colpo havete à fare, à me serebbe caro di vedere, che l'animale ferendo, un piede coll'orrecchia in un medesimo colpo gli conficaste; il che si fece à credere Diliramma, che, come cosa impossibile, il signore non mai potesse fare. mà Behramo, che di nobile, et alto ingegno era dotato, promesso di dover quanto la giovane detto havea incontanente essequire, tolto un'arco da pallotte in mano, et scoccatolo, colla pallotta l'orecchia del cervo percosse il quale per lo dolore del colpo co'l piede, come gl'animali irrationali sogliono fare, l'orecchia grattandosi tosto il Signore senza alcuno indugio l'arco dalle saette, lo scoccò, et al cervo, il quale tutta via si grattava, il piede nell'orecchia hebbe in un colpo confitta: il che à ciascuno dei suoi baroni diede infinita ammiratione, havendo in cio un'alto, et sottile avedimento di Behramo scorto, il quale alla giovane con allegra faccia rivolto, disse, Che di tù, Diliramma? parti egli che io habbia alla proposta tua sodisfatto? à cui ella [p. 15r modifica]sogghignando in cotal guisa rispose. Io sono certa, Sire, che cotal colpo, ove voi il cervo, et me in medesimo tratto non haveste coll'arco da pallotte ingannata, non hareste mai potuto fare: mà coll'inganno c'havete usato voi, ogn'altro huomo ancora harrebbe il piede coll'orecchia del cervo saputo conficare. udite l'Imperadore queste parole, parendogli, che fussero troppo licentiosamente state dette, et che l'honor suo havessero maculato, havendole massimamente i principali baroni della sua corte udite, tutto che dell'amor di lei fusse fieramente trafitto; nondimeno, di subita, et fervente ira acceso, facendosi à credere di non poter altrimenti l'honor suo ricoverare, diede ordine à suoi ministri, che incontanente la giovane havessero ad ispogliare, et legatele le mani da dietro, la dovessero in un bosco, non guari luntano, condurre, dove la notte le fiere l'havessero à divorare. Il che senza indugio da ministri essequito, la misera giovane dolente assai nel bosco condussero, et alla discretione delle fiere lasciatala, à lui ritornarono, et riferirongli di haver il commandamento suo compiutamente essequito. la qual cosa intesa c'hebbe Behramo, dall'amore, et dall'ira grandemente travagliato, nella città tutto dolente, et mesto se ne ritornò. Diliramma fra tanto, che colle mani legate nel bosco era rimasa, sopragiungendo la notte, dirottamente lagrimava, et à Dio raccomandandosi tutta via stava aspettando da qual [p. 15v modifica]canto alcuna fiera la venisse à divorare, et cosi caminando, sopra la strada commune arrivata, piacque à Dio, che tramontato il sole, una compagnia di mercatanti, che allo alloggiamento andava, il quale da quel luogo non era molto discosto, la giovane, che in si misero stato si ritrovava, udì à piagnere. onde seguendo il piu vecchio di loro la voce di lei, et accostatolesi, la vide, et essendo giovane, et bella, hebbe di lei grandissima compassione, et slegatele le mani, et di alcuni panni revestitala, all'alloggiamento seco la condusse; dove chi ella si fusse, et che sorte di essercitio facesse interrogatala, et come, da chi fusse stata spogliata, et legata, et per qual cagione fusse in tanta calamita, et miseria caduta, altro da lei intender non pote, salvo che l'essercitio suo era la musica. onde fattosi dall'hoste il mercatante uno liuto dare, et datolo in mano della giovane, la soavita, et finezza del suono, et canto di lei vedendo, ne rimase stupefatto, et della virtù sua innamorato, ricevutala per figliuola, seco nel paese suo la condusse. Beramo fra tanto nella città ritornato, havendo maggior forza in lui l'amore, che l'ira, pentito di haver la giovane si crudelmente trattata, et diliberando con ogni suo potere di ricoverarla, gli istessi ministri à se chiamò, che nel bosco d'ordine suo l'haveano condotta, et commando loro, che montati à cavallo con una grossa compagnia, havessero nel bosco incontanente à ritornare, et che ogni diligenza far [p. 16r modifica]dovessero per ritrovare la giovane, la quale de suoi panni rivestita, et scioltele le mani alla sua presenza dovessero condurre. il quale ufficio prontamente da ministri essequito, senza indugio alcuni montati à cavallo, al bosco s'inviarono. mà, come che diligentemente tutta la notte per ogni parte del bosco havessero cercato, Diliramma la qual dal mercatante era stata raccolta, non poterono ritrovare. onde all'Imperadore il seguente giorno ritornati, accertatolo, che lei per gran diligenza, che in ogni parte del bosco havessero usata, non haveano saputa ritrovare, si fece à credere, che essendo il paese di fiere assai copioso, veramente l'havessero divorata. Del qual accidente doloroso quanto mai altro huomo al mondo fusse, da grande malinconia afflitto, una grandissima infermita gli sopravenne, la quale del sonno si fattamente lo privò, che per gran rimedii, che gli fussero fatti, non lo potea ricoverare. onde in amaritudine consumandosi, d'hora in hora la morte aspettava. di che tutti i principali baroni del regno dolenti, et mesti sopra a modo, insieme raunatisi, et tra loro consigliatisi, conchiusero, poscia che i medici al lor signore non sapeano la salute restituire, di doverlo al meglio, che poteano, co' cibi sino al ritorno di tre fratelli d'India, dove per ricoverare lo specchio passarono, sostentare; al qual tempo erano certi, che da loro, che d'ingegno abondavano, all'infermita di Beramo alcun compenso serebbe ritrovato. questi fratelli nell'India arrivati, un giorno prima [p. 16v modifica]che nella città real entrassero, insieme co' baroni del signore, ch'in loro compagnia si ritruovavano, fecero alla Reina intendere, come secondo 'l patto tra Beramo, et lei per lo passato fatto, erano da lui stati mandati alcuni huomini, i quali speravano di dover certo rimedio alla mano, che tanta rovina in quel regno facea, ritrovare. il che ove havessero essequito, lo specchio harrebbono al lor signore riportato; et che per ciò ritrovandosi essi alla citta vicini, ella havesse ciò, che più gl'aggradisse, à commandare. questa novella alla reina recata, tanta allegrezza le apportò, che facendo per ciò gran festa, mando i giovani con gran apparato da principali suoi baroni ben dieci miglia fuori della città ad incontrare; i quali dinanzi alla reina arrivati, et da lei con lieta faccia ricevuti, furono in uno ricchissimo palagio condotti, dove preparato uno real convito, et fatti loro gl'habiti cavalcareschi spogliare, alla mensa co' baroni della reina s'assettarono. et quivi con saggi ragionamenti di varie cose divisando, essendo l'hora di gia tarda, et essi per lo lungo viaggio assai stanchi, con buona licenza de' ministri reali se n'andarono à riposare. la mattina seguente levati per tempo furono da consiglieri della reina in suo nome visitati, et di finissimi vini, et d'alcuni preciosissimi cibi presentati, et da essi per lungo spacio di tempo del danno, che la mano in quel paese facea, informati, diedero loro in risposta cotai parole. Behramo imperadore disideroso di [p. 17r modifica]ricoverare lo specchio suo, che in potere della reina vostra si ritruova secondo 'l patto da lei propostogli, ci ha in queste parti mandati, à fine che liberato prima questo regno dal molto danno, che gli fa di continuo la mano, che sopra'l mare ogni giorno apparisce, gli lo habbiamo à riportare. di che dicendo i consiglieri essere la reina contentissima, et che liberato il paese dall'infortunio della mano, incontanente lo specchio loro serrebbe assignato, da giovani si partirono con ordine, che il giorno dietro per tempo havessero à ritornare: percioche con loro iti di compagnia alla marina, havrebbono di maniera operato, che ne più nell'avvenire la mano non si serebbe veduta, ne danno veruno in alcuna parte del paese harrebbe apportato. questa novella, per la città divolgata, incredibile letitia, et ammiratione recò à ciascheduno, et sapendosi, che la seguente mattina doveano i giovani alla marina uscire, la notte infinito numero di popolo fuori della città se n'andò al luogo, dove haveano à ritrovarsi. et venuti la mattina i consiglieri da tutta la corte accompagnati, al palagio de giovani si condussero, iquali insieme partitisi, et sul lito al nascere del sole arrivati, la mano videro ad uscire diritta, et aperta sopra il mare. Onde il maggior fratello incontanente al dirimpetto di quella in pie levatosi, alzata la mano, il secondo, et terzo dito diritti dimostrando, i tre restanti serrati, et bassi tenea; il che fatto senza alcuna dimora la mano, che tanta rovina facea, si tuffò [p. 17v modifica]nel mare, ne piu nell'avenire fu mai d'alcuno veduta. di che restato il popolo, che allo spettacolo presente si ritrovo, grandemente ammirato, fu di tutto 'l successo la Reina subitamente informata. la quale per ciò lieta, et contenta sopra modo, mandò i giovani, che sul lito ancora si ritrovavano con gran festa, et honore alla porta della citta ad incontrare, con ordine, prima che al palagio lor assignato ritornassero, devessero alla presenza sua ritrovarsi. onde essi al commandamento di lei presti, nella citta ritornati, et al palagio reale aviatisi, colla reina si ritrovavano, la quale, poscia che gl'hebbe con grand'honore, et solennita ricevuti, caramente pregolli, che fussero contenti il gran secreto, con che si gran miracolo haveano dimostrato, di palesarle. onde volendo il giovane, che la mano di quel mare iscacciata havea, della dimanda sua la reina compiacere, alluntanatosi tanto con lei dal popolo, che presente si ritrovava, quanto da quello le parole sue non potessero essere intese; Havete à sapere, Madama, dissele, che tantosto che io stamane vidi la mano aperta sopral mare, mi feci à credere, che altro non volesse significare, salvo che, ove cinque huomini d'uno medesimo volere si fussero ritrovati, serebbeno à prendere il mondo tutto stati bastevoli; et percioche volea esser intesa, ne alcuno fino al presente s'è ritrovato, che ciò habbia saputo indovinare, ella di continuo al popolo vostro si grave danno, et maleficio recava. ond'io, che coll'aiuto di Dio [p. 18r modifica]di ciò m'avidi, sul lito ritrovatomi, et al dirimpetto di lei alzata la mano, il secondo, et terzo dito diritti tenendo, et gl'altri serrati, et bassi, la feci di vergogna nel mare tuffare, di maniera che piu non è per apparire: percioche volendo ella significare, che cinque huomini d'uno medesimo volere havrebbono del mondo tutto potuto farsi padroni, le dimostrai che s'ingannava, et che non cinque, ma due soli, che conformi di volere si fussero ritrovati, à tanta et maggiore impresa ancora serebbono stati bastevoli. cotai parole dalla reina udite le diedero grande ammiratione, et per ciò s'accorse, che i giovani di nobile et alto ingegno erano dotati. i quali presa licenza al palagio loro da principali della corte accompagnati se ne ritornarono. poscia ritrovatisi i consiglieri della reina insieme con le et divisando di rimandare per lo ricevuto beneficio lo specchio à Beramo, il piu vecchio di loro: Non è dubbio, disse, che per quanto si è in sino ad hora veduto, i giovani hanno il paese da una grande disaventura liberato: ma chi puo esser certo, che sin' à qualche tempo la mano non habbia à ritornare, et ne primieri termini siamo per ritrovarci? onde à me pare, ch'intorno à ciò, prima che lo specchio si ristituisca, si debba haver molta consideratione. alle quai parole soggiunse la reina: Noi non potemo, ne dovemo mancare della promessa à Beramo fatta, mà quanto al sicurarsi, che la mano non habbia piu il paese nostro à molestare, io vi ho un'ottimo [p. 18v modifica]rimedio, et è questo. La felice memoria del Re, mio padre, il quale mi lasciò di si gran stato padrona, prima che della presente vita passasse, oltre molte ammonitioni, che mi diede, dissemi, Figliuola, perciò che dopo la morte mia nella persona tua il regno ha à pervenire, io sono certo, che molti prencipi, et gran signori per acquistarlo con ogni mezzo tenteranno per poterti haver per moglie; ma percioche i regni non meno colla prudenza, che colle forze si sogliono accrescere, et conservare, io ti commando che tu alcuno per marito non debba accettare, che una delle due cose, le quai egli all'hora mi disse, non sappia indovinare. mà ritrovando chi alcuna di esse ti sappia dichiarire, quello tu harrai à prender per tuo sposo. onde giudicand'io i tre giovani, i quai fratelli sono, per lo nobile aspetto loro dover essere d'alcuno gran prencipe figliuoli, anderete uno di voi ad astringerli con giuramento il lor legnagio à palesarvi: che, ove come io mi fo à credere, di alta stirpe ritroviamo che siano usciti, quello di loro io tentaro di havere per marito che l'una delle due cose dal Re mio padre dettemi sapra dichiarire. il che agevolmente giudico che habbia à succedere; per ciò che d'alto ingegno, et di molta prudenza à me pare che siano dotati: et in cotal guisa ove alcuno di essi resti meco insiememente dello stato mio padrone, non harremo più à temere ch'in tempo alcuno la mano habbia a nostri popoli alcuno nocumento ad apportare, onde à consiglieri [p. 19r modifica]piacciute molto le parole della Reina proposte, andò un di loro il seguente giorno i giovani à ritruovare, et con essi per buon spatio dimorato, in un lungo ragionamento fece lor intendere, che havendo essi il paese dalla disaventura della mano liberato, il che non potea salvo che da alto intelletto, et prudenza nascere, disiderava sommamente la reina chi essi si fussero, et di cui figliuol di sapere, et à ciò palesarle caramente li pregava. mà i giovani, che sin'all'hora il caso loro à nissuno non haveano voluto manifestare, risposero, che erano tre giovani figliuoli di povere, et private persone, che in corte di Beramo erano capitati. alle quai parole soggiungendo il consigliere, che ne la reina, ne alcuno potrebbe prestar fede, si per lo nobile aspetto, come per la molta prudenza, et dottrina loro, disse, Perche io veramente so, che malagevolmente, che voi siate di povere, et private persone figliuoli, mi sara creduto, à fine che piu per questa cagione ne io, ne altri habbia à molestarvi serete contenti di giurare sopra: la fede vostra quanto voi mi havete detto essere la verità: perciò che ove io riferisca ciò essermi con giuramento stato da voi affirmato, alle parole vostre so che sarà prestata intiera fede. onde vedutisi ad astringere co 'l giuramento, tra loro ristrettisi, et consigliatisi alquanto, di dovere la verità palesare diliberarono: et al consigliere accostatisi, che di Giaffer Re del paese di Serendippo fussero figliuoli, con quanto sino à quel [p. 19v modifica]giorno era loro avenuto con giuramento manifestarono. il che inteso c’hebbe la Reina, lieta, et contenta oltre misura, faccendosi à credere, che ad ogni modo co’l torre uno de’ giovani per marito, dalla disaventura della mano havesse il paese suo in perpetuo à liberare, fattili il seguente giorno alla presenza sua venire, uso loro tai parole. Io, sì come sino ad hora per lo sottile avedimento, et molta scienza vostra, et per lo grande beneficio, che al regno mio havete apportato, dalla rovina della mano liberandolo, vi ho in somma riverenza tenuti, così al presente, che di si gran prencipe mi havete palesato d’essere figliuoli, conoscendo in voi la nobilta del sangue con tanto sapere accompagnata, sopra tutti gli altri vi honoro, et riverisco, et perche, secondo ’l patto da me con Beramo fatto, io sono tenuto lo specchio à restituirgli, non debbo, ne voglio mancare della parola mia. onde qualunque volta vogliate ch’io lo vi consegni, sera sempre al piacer vostro. et percioche essendo voi di si nobil legnaggio usciti, non può essere, che non siate insiememente di alta cortesia dotati, una gratia ancora vi voglio dimandare della molta prudenza, et dottrina vostra degna: ma prima ch’io, qual essa si sia, vi manifesti, disidero, che di non negarlami mi promettiate. al che havendo i giovani dato in risposta, che ad ogni suo commandamento li ritrovarebbe prontissimi, soggiunse ella, Essend’io ancora fanciulla, prima che’l Re mio padre, felice memoria, della presente [p. 20r modifica]vita passasse, lo udi più fiate co’ suo baroni à divisare, che possibil fusse, che un huomo potesse in un giorno uno magazino intiero di sale mangiare, ma che però egli non havea saputo chi à ciò fusse stato buono mai ritrovare. ond’io conoscendovi si prudenti, et saggi, giudico, che questo dubbio mi saprete solvere, di che caramente io vi voglio pregare. alle quai parole rispondendo il secondo fratello disse, Madama, poscia ch’in voi si gran disiderio io veggo di potervi di ciò chiarire, dicovi agevol cosa essere un intiero magazino di sale in uno giorno mangiare, et à ciò fare qualunque volta à voi piaccia io mi offerisco. di che datasi la Reina molta ammiratione, havendo allo alto ingegno de’ giovani riguardo, diede ordine à suoi baroni, che di ciò il seguente giorno havessero à far prova. ond’essi al commandamento presti, la mattina per tempo levati, et al palagio de’ giovani aviatisi, al magazino, dove il sale era, li condussero et quivi fermatisi à ministri ordinorono, che la porta havessero incontanente ad aprire: il che senza alcuna dimora essequito, entrato il giovane, et colla saliva la cima d’uno dito della mano bagnatasi, la pose sopra il sale, et levatene alquante granella, le mangiò, et à baroni rivolto disse, che facessero il magazino serrare, havendo egli essequito. di che dandosi ogn’uno uno grand’ammiratione, et dimostrando di non poter creder, che con questo atto il giovane havesse la fatta promessa [p. 20v modifica]osservata, soggiunse egli di nuovo, che havessero pure la Reina di quanto havea operato ad accertare; che egli le harrebbe della operatione sua buonissimo conto dimostrato. onde fattole ciò da suoi baroni intendere, diede ordine, chel giovane alla presenza sua venisse. il quale dinanzi à lei giunto, et dimandato come intendesse coll'haver quattro sole granella di sale mangiate havere alla promessa sodisfatto, rispose, che chiunque mangiando coll'amico tanto sale, quanto egli al magazino si havea posto in bocca, non havesse ciò, che al debito dell'amicitia s'acconvenia, potuto conoscere, ne anco, ove quanto in diece magazini, non che in uno fusse capito, n'havesse mangiato, ciò harrebbe conseguito: onde egli si facea à credere di havere la promessa sua compiutamente essequita. la qual risposta sendo alla reina sommamente piacciuta; per ciò che quella era che'l padre le havea per dichiaratione nel dubbio insegnata, lodato assai il giovane del sottile avedimento suo, Un'altra cosa, disse, mi resta, laquale ove voi mi sappiate solvere, non huomini, mà dei sono per riputarvi. Et in questa anco, rispose il minore fratello, à me da il cuore madama di havere qualumque volta à voi piaccia à soddisfarvi. onde dato ordine, che la seguente matina havesse nel palagio reale à ritrovarsi, all'hora determinata venuto, et dinanzi alla Reina comparso, fatti tutti della camera sua uscire, solamente il primo suo consigliere, et il giovane seco ritenne: et aperta una cassettina [p. 21r modifica]cinque ova ne trasse, et al giovane rivolta disse, Queste, come voi vedete sono cinqu'ova, et in questa camera noi tre soli ci ritroviamo. onde havendo i due vostri fratelli sì alte prove fatte nel regno mio, ove voi anco sapeste di queste cinque ova senza alcuno romperne tra noi tre ugual parte fare, oserei di affirmare, che tre altri huomini à voi d'ingegno uguali nel mondo tutto non si potessero ritrovare. Picciol cosa, rispose il giovane, m'havete, Madama imposto, et incontanente tollendo l'ova di mano alla Reina, tre dinanzi à lei postine, uno datone al consigliere, et l'altro tenuto per lui, Eccovi, Madama, disse, le parti uguali senza romperne alcuno: mà dimostrando ella di non poter ciò credere, ove altra dichiaratione non le fusse dal giovane fatta, egli, dimandatone perdono, disse, le parti sono in questa guisa ugiali, che havendo il consiglier vostro, et io due ova per uno nelle brache, et voi nissuno, de cinque da voi datemi, tre à voi consignatene, uno al consigliere, et l'altro à me stesso, havendone tre per ciascheduno, le ho giustamente tra noi tre partite. laqual risposta sommamente alla Reina piacciuta, tutto che arroscisse alquanto, al giovane dimostro d'esserle stata gratissima; il quale da lei tolta licenza al palagio suo se ne ritorno. onde rimasa ella col consigliere suo gli disse, che, poscia che al sommo Iddio era piacciuto, che que' giovani di si gran Re figliuoli fussero nel paese suo capitati, et le questioni loro proposte si prontamente le havessero [p. 21v modifica]saputo dichiarire, delle quali sino allhora per molti, che n'havesse interrogati, non havea ella potuto ritrovare chi alcuna soluta n'havesse, s'era diliberata, secondo l'ammonitione del padre di tentare d'haverne uno d'essi per isposo; et, come che tutta tre d'alto ingegno dotati fussero, quello disse à lei sommamente piacere, che la questione del sale con tanta prudenza le havea dichiarita. la qual diliberatione dal consigliere approvata, gli impose, che devesse il seguente giorno co' giovani ritrovarsi, à quali isposta primieramente l'ammonitione del Re suo padre, il disiderio suo havesse à palesare, quello per nome di lei per isposo ricercando, che il dubbio del sale le havea chiarito. onde havendo il consigliere il commandamento essequito, co' giovani ritrovatosi, loro pienamente il disiderio della Reina racconto, quello per nome di lei per isposo ricercando, che le havea la questione del sale saputa dichiarire. di che datasi essi grand'ammiratione, ne potendo à pena credere le parole del consigliere esser vere, tra loro primieramente per buon spatio consigliatisi, d'accettare si alto matrimonio diliberarono, et chiamato il consigliere dissegli quello, che havea ad essere lo sposo, che, poscia che dalla Reina erano lor stati dimostrati tanti segni d'amore, egli di quanto era da lei stato ricerco s'era disposto di conpiacerla, di ciò in nome suo, et de fratelli infinite gratie rendendole; mà che essendo cosa giusta, che con saputa del Re lor padre, tutto che da lui fussero stati iscacciati, ciò [p. 22r modifica]havesse à seguire, haveano diliberato d'aviarsi nel lor paese per fargli il tutto, come ubidienti figliuoli, intendere, et con buona licenza di lui incontanente alla celebratione delle sponsalitie ritornare. onde, intesa cotale diliberatione de giovani dalla Reina, et chel matrimonio haveano accettato, fattili col consigliere alla presenza sua venire, secretamente datasi tra loro la fede, diede ordine, che lo specchio senza alcuno indugio fusse loro restituito, accio secondo la promessa da lei à Beramo fatta per essi riportato potessero nel paese loro andare, dove il Re del matrimonio accertando colla benedittione di lui havessero alla solenne celebratione delle nozze à ritornare. et in cotal guisa consignato à giovani lo specchio, lieti, et allegri oltre misura, et dalla Reina di preciosi doni presentati, partitisi, in breve tempo nel paese di Beramo arrivarono; il quale inteso il ritorno loro, et che lo specchio haveano riportato, come che in non buoni termini per l'infermita sua si ritrovasse, parve nondimeno, che si rallegrasse alquanto, facendosi à credere, che da loro, i quali di si alto ingegno dotati conoscea, alla disaventura sua potesse esser alcuno compenso ritrovato. giunti dunque i giovani nella citta reale il consigliere primo alla presenza di lui comparve, et baciategli primieramente le mani, et del mal suo molto dispiacere dimostrando, et le prove da giovani nel paese della Reina, et come di Giaffer Re di Serendippo [p. 22v modifica]s’erano palesati d’essere figliuoli, et il seguito, matrimonio interamente gli ispose. il che da Beramo inteso li fece incontamente alla presenza sua venire, et rese loro gratie infinite per lo specchio, c’haveano riportato, et ad essi la disaventura per cagione di Diliramma avenutagli raccontata, pregolli ad essere contenti coll’ingegno, et dottrina loro alla grave sua infermita alcun rimedio di ritrovare: percioche, ove eglino non l’havessero potuto aitare, era certissimo di dovere fra poco spatio di tempo della presente vita passare, non essendoli sin’ à quell’hora huomo veruno ritrovato, che al mal suo alcuno rimedio havesse saputo dare: et posto c’hebbe fine al ragionamento suo dimostrando i giovani per cagione dell’infermita sua grandissimo dispiacere, gli disse il maggiore, A questa disaventura anco, Sire, spero che alcuno compenso tosto noi ritrovaremo, et sara questo. voi non guari luntano da questa città havete una grandissima, et dilettevole campagna; quivi eglie di mestieri, ove voi vogliate la primiera sanita ricoverare, che sette bellissimi palagi variamente coloriti facciate fabricare, ne quali una settimana intera dimorando, habbiate in ciascheduno di quelli dal giorno del Lunedi cominciando una notte à giacere. Et oltre di ciò, disse il secondo, mandarete sette vostri ambasciatori ne sette climati del mondo; d’onde v’habbiano sette vergini de’ maggior prencipi figliuole, che in quelli si ritrovino, à recare, colle quai, una per palagio ponendone, in dolci, et [p. 23r modifica]piacevoli ragionamenti il tempo della settimana v'habbiate à tratenere. il che poscia c'hebbe finito di dire, Darete anco, soggiunse il terzo ordine, che nelle sette città principali dell'imperio vostro sia bandito, che il piu eccellente novellatore, che in qualunque di essi si ritruovi debba alla presenza vostra venire, percio che alcuna bella novella raccontandovi, cò grandissimi doni nella lor patria lo rimandarete. onde commandando Beramo che le tre cose da giovani ricordategli havessero ad esser senza alcuno indugio essequite, datosi principio alla fabrica de' palagi, avenne, che in un medesimo tempo al tutto intiero compimento dato. et essendo i sette palagi fabricati, fattili riccamente adornare, et una vergine, et uno novellatore per ciascuno di quelli distribuire, fecesi, secondo 'l consiglio de' giovani, un Lunedi mattina per tempo nel primo palagio in una lettica condurre, il quale essendo d'argento adornato, egli anco se stesso, et la famiglia sua tutta dì panni d'argento vestir volle, quivi sopra uno bellissimo, et ricco letto coricatosi, percioche per l'infermita era debole, et fiacco assai, fece la vergine alla presenza sua venire, colla quale in varij, et dilettevoli ragionamenti per lungo spatio tratenutosi, passata alquanto l'hora di Vespro fece il novellatore chiamare, il quale dinanzi à lui venuto, gli fu da uno de consiglieri imposto, ch'alcuna bella novella havesse à raccontare. onde egli al commandamento presto, baciate primieramente le mani all'Imperadore comincio in guisa tale. [p. 23v modifica]
F
u gia mel paese di Becher uno saggio, et prudente Imperadore Mussulmano, il quale quattro moglie si ritrovava, l'una d'uno suo zio, et l'altre di tre gran prencipi figliuole, et percio che era huomo di gran dottrina, solea molte cortesie, et gran segni d'amore à virtuosi à dimostrare, i quali qualunque fiata sapeva che nel paese suo capitassero, erano da lui con magnifichi, et ricchi doni honorati. onde nascea, che presso di lui gran copia sempre di cotal huomini si ritrovava, co' quali egli il tempo, che da negocii publichi era libero, di varie, et virtuose materie divisando, avvenne uno giorno, che ragionando con uno eccellente filosofo, il quale era buono d'infinita scienza riputato, delle belle, et mirabili operationi della natura, lo prego, che alcuno maraviglioso effetto di quella gli volesse raccontare, facendosi egli à credere, che et per l'eta, che di gia era grave, et per la molta dottrina di lui havesse alcuna notabil cosa ad udire. di che non s'ingannò egli punto: percioche volendo il filosofo compiacerlo, Sire, dissegli, poscia che si disideroso io vi veggo d'intendere alcun mirabil secreto di natura, uno io ve ne voglio raccontare, di cui tutto'l tempo di mia vita non mai vidi, ne intesi il maggiore. Ritrovandomi io, non ha molt'anni, nelle parti occidentali, dove per apparare alcuna cosa io mi ero aviato, essendo massimamente stato accertato in que' paesi molt'huomini di alto, et nobile intelletto dotati ritrovarsi, accompagnatomi con un saggio, et saputo giovane, co'l
[p. 24r modifica]Quale hor in questa hor in quella città io me n'andavo, in varii raggionamenti, che nel camino delle notabil cose della natura solevamo fare, mi venne un giorno à dire, che egli uno ne sapea, ch'ogn'altra di maraviglia avanzava: la qual era, che qualunque fiata à lui piacea, uccidendo un'animale di qualunque specie si fusse, egli con alcune parole, che sopra'l corpo del morto animale dicea, col spirito suo vitale in quello passando, il proprio corpo morto lasciava, et l'ucciso animale co'l spirto di lui vivo ne divenia, nel qual quanto piacciuto gli fusse dimorando, co'l corpo dell'animale sopra'l suo ritornando, et l'istesse parole dicendo, da nuovo co'l spirito suo vitale in quello entrava, et l'animale irrationale cadendo morto, come prima era, egli nel primiero suo stato ritornava. la qual cosa parendomi impossibile, et vedendo egli, che malagevolmente ciò mi potea persuadere, ne fece alla presenza mia la prova. ond'io, che maggior miracolo di questo non mai vidi, entrai in ardentissimo disiderio di quello apparare: et perciò fatta co'l giovane una lunga servitu, con miei continui preghi si feci, che egli dopo gran spatio di tempo insegnandolomi, mi sodisfece. il che poscia c'hebbe il filosofo all'Imperadore raccontato, Come può essere, disse egli, che giudicand'io questa cosa impossibile senza vederne la prova, la mi possa persuadere? Facciamone dunque, rispose il filosofo, l'isperienza, che in guisa tale questo fatto agevolmente voi verrete à credere. [p. 24v modifica]fatemi hor' hora un'animale irrationale qui portare che il tutto io vi farò vedere. onde, fatta incontanente l'Imperadore una passera ritrovare, al filosofo la consignò, il quale affogatala, et gittatala à terra, dettele sopra con sommessa voce alcune parole, egli subitamente morto cadde in terra, et la passera viva ritornata cominciò per la camera, dovi si ritrovavano, à volare, et dopo buon spatio sopra il morto corpo del filosofo ritornata, cantatovi sopra alquanto, riscuscitando il filosofo, quivi ella, come prima era, morta si rimase. di che datosi l'Imperadore infinita ammiratione, sì come al filosofo avenuto era, di caldissimo disiderio si accese di volere uno tanto secreto apparare, et caramente il filosofo pregatone, non sapendo egli à si gran prencipe disdire, il tutto interamente gl'aperse. onde, poscia che di sì mirabil secreto divenne padrone, facendosi quasi ogni giorno alcuna uccello recare, uccidendolo, et collo spirito suo in quello passando, il proprio corpo morto lasciava, et quanto à lui fusse piacciuto sollazzandosi, da nuovo nel corpo suo collo spirito ritornando, lasciando morto l'uccello, risuscitava; et con questa arte dell'animo di molti de suoi vassalli accertandosi, i malvagi castigando, et i buoni con molti premij riconoscendo l'imperio suo in somma tranquillità tenea. di questo fatto il consiglier suo avedutosi, sapendo egli quanto al suo prencipe caro fusse divisando uno giorno seco come di cotal sua arte si fusse accorto, gli venne à raccontare, [p. 25r modifica]et dimostrandogli, che egli d'ogni suo secreto (merce di lui) consapevol'era, infiniti preghi gli porse, che ciò anco gl'havesse à palesare. onde amandolo l'Imperadore sommamente, et per ciò disposto ad ogni modo di compiacerlo, gli lo insegnò, et fattane il consigliere incontanente l'isperienza, s'avide, che ottimamente apparato l'haveva. hor'avvenne un giorno, che essendo co'l suo signore insieme ito alla caccia, da gl'altri, ch'in lor compagnia si ritrovavano, per buon spacio alluntanatisi, in due cerve incontrati, quelle uccisero, et parendogli quella ottima occasione di dar intero compimento ad un malvagio pensiero, che lungamente nell'animo occolto tenea, Deh Sire, disse all'Imperadore, voglian noi, poscia che dalla compagnia luntani ci ritroviamo, entrare col spirito nostro in queste due cerve, et gire alquanto per questi verdi colli à sollazzando? Certamente, rispose l'Imperadore, tu hai fatto un buon pensiero, et non può essere, che con questa sorte di diporto non prendiamo per buon prezzo gran diletto; et dette tai parole, da cavallo dismontato, et ad uno arbore legatolo, subitamente sopra una delle morte cerve se n'ando, et dette le parole del secreto, collo spirito nella cerva passato, quivi il corpo suo morto lasciò. il che dal consigliere veduto, incontanente da cavallo dismontato, ne curatosi di altrimenti legarlo, sopra il morto corpo dell'Imperadore aviatosi, dette anco egli le parole del secreto, lasciato il proprio corpo in terra morto, in quello [p. 25v modifica]dell'Imperadore collo spirito passò, et sopra del cavallo di lui montato, alla compagnia se ne ritornò; et verso alla città aviatosi, havendo il corpo, et la forma del prencipe, era da ciascuno à guisa dell'Imperadore riverito; et poscia che fu al palagio reale arrivato, dimandata à molti de' baroni del consigliere novella, ne ritrovando huomo, che veduto l'havesse, dimostrando di cio gran dolore, finse di credere, che per essersi dalla compagnia alluntanato, fusse da alcuna fiera in que' boschi stati divorato. hor governando egli, et reggendo l'imperio, tutte quelle cose facea, che 'l vero Imperadore era solito di fare: ma percio che al sommo Dio mai non piacque, che alcuna fraude lungamente potesse occolta stare, avenne, che essendo costui con tre mogli del suo signore giaciuto, con quella anco, che del zio di lui era figliuola, giacer volle, et presso di le la quarta notte dopo il ritorno dalla caccia coricatosi, vedendosi ella da costui diversamente dalla usata maniere dell'Imperadore carezzare, et sapendo, che'l signor suo il secreto del passar collo spirito nel morto corpo d'ogn'altro animale sapea, recandosi à memoria, ch'el consigliere dopo la caccia mai piu non si ritrovo, sendo donna di bellissimo ingegno, subitamente di cotal inganno, et della disaventura all'Imperadore avenuta s'accorse. onde, tutto che il consigliere il corpo dell'Imperadore havesse, ella non dimeno uscita incontanente del letto, dissimulando però di essersi [p. 26r modifica]della fraude aveduta, gli disse, Io, Sire, poco prima, che voi presso di me vi coricaste, ho veduta una grande, et horribil visione, la quale m'è vietato al presente il raccontarvi: la onde havendo io perciò diliberato di castamente vivere nell'avvenire supplicemente pregovi à farmi gratia di piu meco non venire à giacere; di che ove à voi non piaccia d'essaudirmi, piutosto che a piaceri vostri acconsentire, io stessa mi daro la morte. le quai parole come che al falso Imperadore grandissimo dispiacere recato havessero; nondimeno percio che ardentissimamente quella donna amava, temendo, ch'ella da se non s'uccidesse, nell'avenire di giacere con lei si astenne, et solamente essendogli il rimanente vietato, di mirarla, et di seco ragionare si contentava; tutte l'altre cose nondimeno nell'imperio essercitando, ch'al vero, et giusto Imperadore s'acconveniano. Il quale, per ritornare à lui, essendo in cerva tramutato, da ogni sorte di disaventura percosso, essendo da cervi maschi molto perseguitato, et da altri animali bruti spesse volte fieramente battuto per tante sciagure fuggire diliberò, da ogni altro animale alluntanandosi, di solo caminare. Onde havendo egli un giorno uno papagallo, che poco dianzi morto era, alla campagna ritrovato, et facendosi à credere di dover men travagliata vita passare, ove nel morto corpo di quello co'l suo spirito entrato fusse, dettevi sopra le parole, che cotal virtu haveano, subitamente, lasciata la cerva à terra morta, papagallo divenne, et con molt'altri [p. 26v modifica]papagalli accompagnatosi, in uno ucellatore della citta sua principale, il quale le reti per prendere de gl'uccelli tese havea, avenne che s'incontrò: et imaginatosi che 'l lasciarsi da lui prendere lo potesse per aventura nello primiero suo stato restituire, in uno luogo s'acconciò, dove dalla rete potesse esser coperto; et in cotal guisa dall'ucellatore in compagnia di molti altri ucelli, et papagalli volle esser preso; et insieme con gl'altri in una gran gabbia posto, essendo da nuovo l'ucellatore à tendere le reti tornato, egli, che di ragione, et intelletto dotato era, si fece, che tratto col becco uno legnetto, che 'l portino della gabbia chiuso tenea, et apertolo, tutti gl'altri ucelli se ne fuggirono, et egli nella gabbia solo si rimase. ne guari di tempo stette, che ritornato l'ucellatore nel luogo, dove la gabbia era riposta, et veduto di havere per lo fuggire de gli uccelli le fatiche di quel giorno gittate, tutto si tribolava: et accostatosi per serrare il portino, à fine che il papagallo anco, che rimaso gl'era, non gl'havesse à fuggire, fu da quello con saggie, et prudenti parole confortato. di che datosi egli molta ammiratione, parendogli cosa impossibile, ch'un papagallo novellamente preso con tanta prudenza sapesse ragionare, tutto si racconsolo, facendosi à credere di dover con quello gran somma di danari guadagnare. onde continuando il raggionamento con lui, et vedendo, che prudentemente gli rispondea, levate le reti, et ripostele, co'l papagallo verso la citta [p. 27r modifica]subitamente s'aviò, et per lo camino di molte cose seco divisando, considerando con quanta ragione, et intelletto l'animale ragionava, cominciò à credere di dovere con quello gran ricchezza acquistare. hor giunto nella citta, et per la piazza passando, da alcuni amici suoi incontrato, et con quelli fermatosi à ragionare, uno gran tumulto non guari luntano da lor nacque, et dimandando il papagallo al padron suo, che romore quello si fusse, havendolo egli da circostanti saputo, gli disse, ch'era una famosa, et bellissima meretrice, la quale, sendosi la notte dianzi sognata d'essere con uno gentil'huomo della città giaciuta, havendolo nella piazza incontrato, presolo pe' panni, cento scudi gli dimandava, dicendo, che per prezzo minore con altro huomo mai giaciuta non era. al che non volendo il gentil'huomo acconsentire, cotal tumulto s'era suscitato. il che poscia ch'l papagallo hebbe inteso; Mala cosa nel vero è, padrone, dissegli che perciò sì fieramente habbiano insieme à contendere, et, ove voi gli facciate à me venire, io credo certamente di doverli accordare. onde l'ucellatore, conoscendo di quanta prudenza il papagallo dotato fusse, raccomandata la gabbia, dov'egli era, à quegl'amici suoi, che nella piazza havea incontrati, colà, dove il tumulto era, subitamente pervenne, et con parole achetato alquanto il romore, che tra'l gentil'huomo, et la meretrice era, per le mani presili, et dinanzi al papagallo condottili, lor disse, ove voi siate contenti di rimettere il [p. 27v modifica]giuditio della differenza vostra in cotesto animale, io vi accerto, ch'egli fara voi giusta sentenza. delle quai parole facendosi i circostanti beffe, perciochè à loro impossibil parea, ch'uno animale irrationale ciò, che l'ucellatore detto havea, far potesse, il gentil'huomo disideroso di cotal miracolo vedere, alla meretrice rivolto, Se tu ti contenti, disse, io in buona fe al giudicio, che'l papagallo sopra la difficulta nostra fara sono per acconsentire. di che anco mostrando la meretrice di contentarsi, alla gabbia accostatisi, poscia che'l papagallo della lor differenza primieramente interogatili, di lor bocca il tutto hebbe inteso, et come della sentenza, che egli tra lor fatta havesse, si contentavano, diede ordine, che uno grande specchio gli fusse dinanzi la gabbia portato. il che subitamente essequito, recatogli dinanzi lo specchio, et sopra uno desco riposto, al patrone suo disse, che quello in piede diritto havesse à tenere; et al gentil'huomo rivolto dissegli, che incontanente sopra'l desco havesse i cento scudi dalla meretrice dimandatigli ad isborsare. Di che lieta ella, et allegra oltre misura, credendo di havere con quelli la sua borsa ad empire, et egli malagevolmente al dirimpetto dello specchio isborsandoli, Et voi, madonna, disse il papagallo, non toccando i scudi, che sopra'l desco numerati vedete, que' cento vi torrete, che dentro dello specchio si scorgono: percioche essendo il vostro col gentil'huomo stato uno sogno, la mercede anco, che per ciò dimandate, giusta cosa è, [p. 28r modifica]che ad uno sogno somigliante sia. della qual sentenza essendo il popolo, che presente vi si ritrovo, stupefatto rimaso, ne potendo appena credere cio, che cò gl'occhi veduto havea, et che un'animale senza ragione havesse con tanta prudenza cotal sentenza prononciata, avenne, che perciò il nome del papagallo per la citta tutta celebre, et famoso divenne. onde essendo ciò all'orrecchie dell'Imperatrice pervenuto, giudicando ella in quell'animale, che di tanta ragione, et prudenza era dotato, lo spirito dell'Imperadore suo marito ritrovarsi, diede ordine, che subitamente il papagallo coll'ucellatore insieme fussero dinanzi à lei condotti. il che mandato da ministri ad essecutione, et arrivato l'uccellatore al palagio reale, fu senza alcuno indugio alla presenza dell'Imperatrice menato. la quale poscia che l'hebbe lungamente sopra la presura, et la virtu dell'animale interrogato, gli fece intendere, che, ove egli di venderlo ad essa si contentasse, di tanto havere il farebbe padrone, che piu di andar ad ucellare non gli farebbe mestiero. le quai parole dalla Imperatrice dette, come, diss'egli, madonna, l'ucello, et io siamo in poter vostro, et il maggior favore, ch'io da voi possa dimandare, è, che quello vogliate da me in dono ricevere; percioche piu stimo io la gratia vostra, che qualunque gran ricchezza io mi potessi con esso acquistare. delle quai parole datasi l'Imperatrice grande ammiratione, non potendo appena credere, che di si nobil animo fusse l'ucellatore [p. 28v modifica]dotato, accettò il papagallo, et à lui cinque cento scudi d'entrata l'anno per la molta sua liberalita incontanente fece assignare. Et fatto all'animale una ricca, et honorata gabbia fabricare, in quella ripostolo, la fece nella camera sua collocare, et con esso di varie cose divisando, la maggior parte del giorno si solea tratenere. hor essendo il papagallo per lo spatio di due mesi coll'Imperatrice giorno, et notte dimorato, et non havendo mai veduto, che'l falso Imperadore con lei giaciuto si fusse, di ciò lieto, et allegro oltre misure, tutto ch'in si misero stato si ritrovasse, ragionando con essa una mattina, à tempo che sola nella camera si ritrovava, Io veggo nel vero, dissegli l'Imperatrice, saggio, et prudente animale, che tu con tanto intelletto, et prudenza di varie cose meco tutto di ragioni, ch'io non mi posso persuadere, che tu irrationale sia, anzi io tengo per certo, che sendo tu spirito d'alcuna nobil persona, per arte nigromantica tu ti sia in papagallo tramutato: onde quand'io mi creda il vero, caramente pregoti à volerlomi palesare. le quai parole dette c'hebbe l'imperatrice, non potendo il papagallo per l'amore, che egli alla donna sua portava, chi egli si fusse piu lungamente celare, l'historia tutta da principio le raccontò, et qualmente per cagione del perfido, et disleale suo consigliere in si misero, et infelice stato si ritrovasse. di che havendogli l'Imperatrice risposto d'essersi aveduta per le nove maniere, con che era dal falso Imperadore [p. 29r modifica]stata accarezzata, et come, piu tosto ch’egli seco havesse à giacere, gl’havea fatto intendere, che colle proprie mani si darebbe la morte, Ove voi vogliate, le disse il papagallo, tantosto al tutto potrete rimedio ritrovare, et me nello primiero mio stato facendo ritornare, del malvagio, et perfido consigliere intiera vendetta prenderete. il che dimostrando ella sopra ogn’altra cosa di disiderare, et pregandolo che le havesse il modo, come ciò far potesse, ad insegnare; Nell'avenire, risposele l’animale, ove col corpo mio à voi il falso Imperadore si voglia accostare, lieta, et allegra faccia dimostrandogli, et cominciandolo a carezzare, Certamente, diretegli, io mi posso la piu infelice donna, che nel mondo sia, riputare; percio che amandovi quant’io v’amo, et ritrovandomi priva dipotervi godere, come prima far solevo per la sospicione, che della persona vostra m’è caduta nel pensiero, non vedendovi piu, gran tempo fa, collo spirito nel morto corpo d’alcun’ animale passare, et con quello andarvi à sollazando, come di gia eravate solito di fare, io mi sento morire di dolore. onde egli, che niun’altra cosa, che di giacere con voi, maggiormente non disia, è da credere, che incontanente per contentarvi, et accertarvi in cotal guisa, ch’egli il vero Imperador sia, col spirito suo in alcun morto animale passando, ci dara occasione di poter della perfidia di lui rigidamente vendicarsi: perchioche, ove egli ciò faccia, aprendomi voi la gabbia, et io sopra il morto mio corpo [p. 29v modifica]volando, et col spirito in quello ritornando, il primiero mio stato harrò ricoverato, et nell'avenire lieta, et tranquilla vita viveremo. lequai parole dette c'hebbe l'animale, subitamente al consiglio di lui diede la Imperatrice intiera essecutione: per ciò che entrato la sera dell'istesso giorno il falso Imperadore nella camera sua, et seco come far solea, di varie cose ragionando, ella nel sermone gli venne quanto, dal papagallo l'era stato insegnato à raccontare. ond'egli, che niun altra cosa maggiormente, che la gratia, et amor di lei non disiderava, Gran torto nel vero, Madama, le disse, à voi, et à me anco troppo lungamente fatto havete: perciò che essendovi per cotal cagione venuta la persona mia in sospicione, prima che hora, ove ciò m'haveste fatto intendere, io v'harrei di cotal dubio tratta. mà fatemi hor'hora qua una gallina recare, ch'io vi farò vedere, che grande è stato sin ad hora l'inganno vostro: et incontanente dato cotal ordine, lor fu nella camera una gallina viva portata; et lincentiato ciascheduno, soli nella camera insieme col papagallo serratisi, presala il falso Imperadore colle proprie mani l'affogò, et sopra 'l corpo di quella dette le parole negromantiche col spirito suo in quella passò, quivi il proprio corpo à terra lasciando morto. onde l'imperatrice, che ciò vide, senza alcun indugio la gabbia del papagallo aprendo, et egli sopra'l morto suo corpo volando, colla virtu delle parole in quello collo spirito passò, et il [p. 30r modifica]papagallo morto rimase. di che lieta l'lmperatrice oltre misura teneramente lagrimando, il vero Imperadore, suo marito, lungamente abbracciato tenne. poscia presa la gallina, che quivi la sciagura sua scorgendo andava. et tagliatale la testa, sopra 'l fuogo, che nella camera era, la gittarono. ne di ciò essendosi alcun della corte aveduto, fingendo essi, che il papagallo si fusse morto, della camera usciti, una gran festa di donne, et di cavallieri per lo seguente giorno ordinarono. dopo la quale licentiate l'Imperadore le tre altre mogli, c'havea, questa, che del suo zio era figliuola, ritenne; et ricoverato dopo tante sciagure l’imperio suo con lei in somma tranquillita, et felicissimo stato lungamente visse. il che poscia che ’l novellatore hebbe à Beramo racconto al fine della sua novella venuto, et da lui di preciosi doni presentato, percioche grandissima dilettatione gl'havea con gli accidenti di quella apportato, havuta licenza, nella patria sua ricco sene ritorno.
R
icreatosi alquanto Beramo per la novella raccontagli, et cominciando à credere, che 'l consiglio de’ giovani gli havesse giovamento ad apportare, secondo il ricordo loro, il martedi mattina per tempo nel secondo palagio, quale di porpora tutto era adornato, fattosi nella lettica condurre, et la corte sua tutta, et se stesso del medesimo colore vestito, fatta la donzella del secondo clima alla presenza sua venire, et con lei di molte cose havendo per buon spatio divisato, diede ordine, che’l secondo novellatore havesse à
[p. 30v modifica]venire, ilquale dinanzi à lui giunto, et la mano baciatagli, gli fu dal consigliere imposto che havesse la novella sua à recitare. onde egli al commandamento presto incotal guisa comincio: Nella antica citta di Benefse fu gia uno grande, et potente Re, à cui molti paesi, et provincie erano soggette: et percio che egli era huomo di molto potere, fecesi uno bellissimo castello per sua habitatione nel mezzo di essa citta fabricare, ilquale da cento fieri, et rabbiosi cani, quali oltre di ciò soleano i condennati à morte divorare, la notte facea custodire. havea questo Re uno solo figliuolo, ilquale sendo di molt’altre virtu dotato, nel tirare l'arco ogni altro della eta sua sempre avanzava: et percioche unico era, dilibero il padre di dargli moglie, per poter di lui veder figliuoli, che del regno suo havessero ad essere successori. onde chiamatolo un giorno, et fattogli cotal sua diliberatione intendere, dissegli perciò molte figliuole di gran prencipi essergli state proposte. in risposta di che havendo il figliuolo dettogli dessere ad ogni volere suo presto, soggiunse, che una sol cosa caramente lo pregava, c'havendo egli ad essere il marito, fusse contento di lasciare à lui la scielta fare: perchioche dovendo prender moglie, con cui havesse tutto il tempo di sua vita à dimorare, quella, che à gl'occhi suoi piaciuta a fusse, et non altra, prender volea. al che havendo il padre acconsentito, nissuna, di cui il giovane contento fusse, ne pote ritrovare. di che doloroso oltre misura, non sapendo qual [p. 31r modifica]consiglio intorno à ciò prender potesse, misera, et dolente vita passava. hor'havendo il suo consigliere una saggia, et bellissima figluola, avvenne, che sapendo la balia di lei, che era donna di molto valore, che niuna donzella, che al giovane piaciuta fusse, s’era potuta ritrovare, s'imaginò, che la figliuola del consigliere per la molta sua bellezza gli havesse à piacere. onde ritrovata occasione d’essere con lui, fecegli intendere, che, ove egli la figliuola del suo padrone havesse veduta, laquale di prudenza, et di forma ogn'altra dell'eta sua avanzava, era certa, che quella per moglie harebbe presa. alle quai parole prestate il giovane l'orrecchie, la balia caramente pregò, che l'insegnasse come lei potesse vedere; laquale in cotal guisa gli rispose. Il consigliere, mio padrone, suole quasi ogni Dominica la figliuola alla caccia mandare, à fine che sendo la settimana tutta in opre virtuose occupata, habbia almen quel giorno alcun diporto. onde, se voi disiate di vederla, ciò agevolmente vi verrà fatto, ove Domenica seguente vogliate in campagna seguitarci. delle quai parole rese il giovane alla balia gratie infinite, ciò ad un sol suo compagno fe palese: col quale postosi la Dominica à cavallo, alla luntana le donne del consigliere, che alla caccia uscirono, si misero à seguitare. era di lungi della citta presso à tre miglia una divota, et antica chiesa, dove poscia che la donzella, laquale dal giovane per i signali dalla balia datigli era conosciuta, colla sua compagnia fu arrivata, nel [p. 31v modifica]campanile di quella due colombi scorse: et havendo un'arco da pallotte in mano, si pose ad ordine per volerlo tirare: mà il giovane, tutto che luntano da lei si ritrovasse, di ciò avedendosi, tolto subitamente anch'egli l'arco da pallotte in mano prima di lei tirollo, et uno de colombi sendo dal colpo di lui ucciso à terra cadde, et l'altro ispaventatosi, et levatosi à volo, fu nella aria dalla donzella colla pallotta ancho egli ucciso. di che datasi il figliuolo del re molta ammiratione, havendo il valore di lei conosciuto, per dimostrarle, ch'ella maggior colpo di lui fatto havea per lo palafreniero suo le mando il colombo, che egli ucciso havea à presentare, facendolo intendere, che ella par haver piu bel colpo fatto, se l'havea guadagnato. onde la donzella, che si generoso atto del giovane vide, non potendo sofferire di esser da alcuno di grandezza d'animo avanzata, all'istesso palafreniere il suo assignando, gli commise, ch'in nome di lei della cortesia, che le havea il padrone suo dimostrata ringratiandolo, del suo anco gli facesse dono, il che dal palafreniere mandato ad essecutione, il figliuolo del Re il valore, et prudenza della donzella considerando, tutto che la faccia non l'havesse veduta, dell'amor di lei fieramente si accese; et disposto ad ogni modo di vederle il volto, smontata da cavallo dietro ad uno cespuglio non guari luntano dalla compagnia delle donne si nascose; presso del quale una bellissima, et chiara fontana ritrovandosi, havendo la donzella per la fatica alla caccia durata [p. 32r modifica]grandissima sete, scopertasi la faccia, della acqua di quella si fece in uno orcioletto recare, et in cotal guisa havendola il giovane veduta, s’accertò la balia della bellezza, et virtu di lei havergli narrato il vero. et diliberatosi di questa prendere per moglie, il voler suo subitamente al padre fe palese. di che lieto il Re, et allegro oltre misura, perciò che di gia havea la speranza perduta, che donna, che al figliuolo piaciuta fusse, si potesse ritrovare, chiamato il consigliere, et il disiderio del giovane naratogli, tra loro occoltamente il matrimonio conchiusero, in piu opportuno tempo riserbandosi di publicarlo. onde il giovane, che ardentemente la donzella amava di mirabil allegrezza per cio ripieno, niuna cosa piu disiderava, che di tosto le sponsalitie celebrare: mà, si come à Dio piacque, non guari di tempo stete, chel Re da grave infermità sopra preso di questa vita si parti. per la cui morte essendo il figliuolo nel regno succeduto, dopo l'haver à quelle cose proveduto, che alla conservatione delle citta, et vassali suoi faceano di mestieri, il matrimonio con grandissima festa publicando, la novella sposa al palagio reale condusse: et quivi solennemente le nozze celebrate, volendo egli andare colla donzella à giacere, Sire, diss'ella, tutto ch'io mi conosca à voi soggetta, et che à ciò giusta cosa è ch’io acconsentisca, nondimeno, prima che voi allato a me vi corichiate, vi voglio d'una honesta gratia supplicare, qual'è, che havendomi voi per moglie presa, siate [p. 32v modifica]contento di fare nelle monete presso’l nome vòstro il mio scolpire. della qual dimanda giudicando il Re di non potere coll’honor suo compiacerla, Madama, dissele, ove ciò alcuno de’ Re miei predecessori per lo passato fatto havesse, potete essere certa, ch’io per lo grand’amor mio verso di voi non questa solo, mà ogn’altra cosa anco maggiore serei disposto à fare: et di ciò facendone voi prova, agevolmente potrete accertarvi. mà per ciò che ne in questo, ne in altro regno non s’è mai inteso che ciò avenuto sia, serete contenta di havermi per iscusato se dovend’io all’honore, che più d’ogn’altra cosa importa, haver riguardo, non posso della dimanda vostra farvi lieta. alle quai parole, Sire, rispos’ella, io nel vero non harrei mai creduto, che voi la prima gratia, ch’io v’ho chiesta, fuste per negarmi: mà percioche veramente conosco di esservi poco cara, non havendo voi all’honesto disiderio mio voluto sodisfare, havete à sapere, ch’io anco prima patirò la morte, che voi allato à me v’habbiate a coricare, essendo giusta cosa, che havendo voi, si come detto havete, l’occhio all’honor vostro, io medesimamente debba havere al mio riguardo. la qual diliberatione della Reina havendo al Re grandissima noia recata, s’imaginò egli di provare se co’l mezzo della astutia potesse operare si, ch’ella più di cio non l’havesse à ricercare. onde havendo uno giorno seco dell’amor suo verso di lei lungamente divisato, Madama, dissele, voi nel vero essendo mia moglie, à non voler ch’io con voi [p. 33r modifica]habbia à giacere, ove nelle monete pressio’l mio il nome vostro non faccia scolpire, mi fatte ingiuria grande, mà, a fine che voi siate certa, ch’io in ogni maniera disidero di compiacervi, vi fo intendere, che, ove voi coll’arco, et saette in mano la prova faciate, che à me vederete fare, io certamente nelle monete sono per farvi scolpire. et perciòche ella nel tirar l’arco assai valea, sendosi da fanciulla continuamente in quell’arte essercitata, che di ciò era contenta, al Re rispose. onde havendola egli una sera dopo cena in una gran sala condotta, in capo alla quale uno bacino non molto grande havea fatto collocare, quello primieramente le fe vedere, poscia dettole come dentro vi havea tre saette à tirare con essa nell’altro capo della sala si ritirò: et dato ordine, che gli accesi lumi fussero occultati, tolto l’arco immano, tre saette in quello tirò: delle quai, si come il bacino Percotevano, chiaramente il suono si sentia. Il che fatto ch’egli hebbe, preso la Reina l’arco in mano, et: tirate anch’ella tre saette, il suono della prima si senti, ma la percossa della seconda, et terza non fu udita. di che lieto, et allegro il Re oltre misura, facendosi à credere, che la seconda, et terza saetta non havesse il bacino percosso, fra se stesso disse, Hora si che dall’alta dimanda della donna mia libero, da lei non serò più nell’avenire molestato, ne più potra ricusare, ch’io seco non habbia à giacere. et fatti i lumi recare, vedute le tre sue saette, il cui suono s’era udito, in tre parti del bacino passare, la [p. 33v modifica]prima, che la Reina tiro, nel mezzo di esso, et l’altre due l’una à capo all’altra vide confitte. di che datasi molta ammiratione, grandemente confuso, et dolorato rimase. mà percioche egli, tutto che pattuito havesse, non potendo credere, che la Reina si bel colpo havesse à fare, nondimeno à modo alcuno al disiderio di lei non volea acconsentire; et conoscendo, che mancando di quanto alla donna havea promesso, facea cosa, che al’honor suo non acconvenia, finse il seguente giorno d’esser da certa infermita soprapreso. onde la Reina, che saggia, et discreta era, non volendo per ciò dargli alcuna noia, non lo ricercando all’hora d’essere nelle monete scolpita, alla salute di lui era tutta rivolta. hor’avenne in que’ giorni, che essendo da alcune città vicine di quel regno venuta novella, che gran numero d’alicorni, ne’ tenitori di quelle ritrovandosi, faceano di gran danni, s’imaginò il Re, che astuto era, con tale occasione doversi dal debito, che colla donna havea, liberare. et fingendo di rihaversi alquanto del male, alla Reina disse, che egli, come prima fusse risanato, cola, dove gli alicorni si ritrovavano, con esso lei volea aviarsi, per vedere se in alcuna maniera potesse di que’ contorni iscacciarli. et in cotal guisa non molto di poi dimostrando d’haver del tutto la primiera salute ricoverata, il seguente giorno, che dalla finta infirmita si levò, fece nella corte sua bandire, che ciascheduno della fameglia sua dovesse fra tre giorni ritrovarsi ad ordine; percioche [p. 34r modifica]egli volea verso la citta da gli alicorni danneggiate cavalcare. onde sendo nel detto termine ogn'uno preparato, egli colla Reina insieme, et la corte tutta si posero in camino, et la molestia del viaggio cò dolci, et dilettevol rogionamenti passando, nelle parti, dove gli alicorni erano, non guari di tempo stettero ad arrivare et quivi, poscia, che in una di quelle citta lo spatio di due giorni per ristorarsi delle fatiche del viaggio, hebbero preso riposo, diede il Re ordine à tutte le sue genti, che nella vicina campagna havessero ad essere tesi i padiglioni; percioche non piu nella citta, mà fuori per iscacciare gli alicorni di quelle parti s’havea à dimorare. il che sendo subitamente da ciascheduno mandato ad essecutione, tutti alla campagna s'alloggiarono; et secondo ’l commandamento del Re in diverse parti cavalcando, gran numero d’alicorni colle saette uccidevano. hor avenne uno giorno, che ritrovandosi egli colla Reina alla campagna uno maschio, et una femina di cotai animali insieme videro, et percioche il Re giovane astutissimo era, giudicò all'hora di doversi dal debito, che colla moglie havea di scolpirla nelle monete, liberare; et ad essa rivolto, Madama, disse, io so, che per lo pegno, che con voi, quando le saette nel bacino tirassimo perdei di scolpirvi nelle monete sono debitore: mà perciò che et per la infermita, che all'hora mi sopravenne, et per la subita partita nostra in queste parti, non ho potuto il debito mio sin' al presente pagare, io vi [p. 34v modifica]prometto, che ove coll’ingegno vostro sappiate si fattamente operare che il maschio di quegl’animali, quali hora veggiamo, femina, et la femina maschio habbia à diventare, tantosto che nella real citta nostra faremo ritornati, nissun’altra cosa prima farò, che quella, di cui vi sono giustamente debitore. alle quai parole havendo la Reina risposto, che ove egli havesse saputo ciò fare, di che lei ricercava, essa anco la richiesta intorno à gl’alicorni fattale harebbe subitamente essequita; il che ove altrimenti avenisse, si contentava ella dal debito, che seco havea di liberarlo, di ciò allegro, et lieto il Re oltre misura, rispondendole, che delle conditioni propostegli era contento, preso l’arco in mano, et con una saetta l’animale, che maschio non era, nella coda percotendo si fece, che tirando pe’l dolore del colpo de’ calci in aria, egli incontanente colla seconda saetta nell’umblico la percosse: la quale sin’al mezzo nel corpo penetrandole, il rimanente, che di fuori si vedea, ad uno membro virile di cotal animale s’assomigliava. poscia senza alcun’indugio il maschio con una saetta nel luogo della natura feminile ferendo, coll’apertura della ferita alla femina lo fece assomigliare: et alla Reina rivolto, Hor tocca à voi, Madama, disse di provare, se più bel colpo del mio saprete fare. il che detto che egli hebbe, preso ella l’arco in mano, et colla prima saetta al maschio gettando il corno à terra, la seconda nella fronte della femina conficcò, si fattamente che la femina [p. 35r modifica]al maschio, et il maschio alla femina, quale naturalmente è del corno priva, venne ad assomigliare. onde havendo cotal colpo il Re veduto, et conoscendo per ciò di non poter piu alla moglie di scolpirla nelle monete negare, il che per rispetto dell'honor suo in alcuna maniera far non volea, di molta ira acceso, percio che vedea d'esser di virtu, et d’ingegno da lei superato, dilibero di darle in alcun modo la morte. mà per allhora l'animo suo non palesando, al padiglione ritornato, ad uno de' suoi conseglieri occoltamente impose, che la seguente notte nel padiglione della Reina entrato, et chetamente legatala devesse nella città reale condurla, et à cento fieri, et rabbiosi cani, quali il seraglio di lui ne fossi la notte soleano custodire, à fine che divorata fusse, senza alcun' indugio l'havesse à gittare. il che subitamente dal consigliere essequito, fu la misera giovane nella citta reale occoltamente condotta, et à cani, secondo 'l crudel' ordine del Re, lasciata à divorare. ma sendo il crudel pensier di lui ito fallito: percio che, ella da cani conosciuta, co quali, tantosto che moglie di lui divenne, col dar loro à mangiare domesticamente usare solea, da quelli grandemente fu carezzata, levato uno sasso, che ad una buca de’ fossi si ritrovava, per quella fuori della citta sana, et salva se ne fuggi, et sin'al levar del Sole caminando, in un villaggio non guari dalla citta luntano in casa d’un povero contadino, il quale con una sua simia il pane alla sua famigliuola [p. 35v modifica]guadagnava, capitò, et quivi da lui dello stato suo interrogata, gli rispose, che era una povera forastiera, che padrone in que' contorni giva cercando. onde mosso il contadino à compassione, vedendo la giovane, che di bellissimo aspetto era, volontieri la ricevette, et ogni giorno per le molte virtu, ch'in lei scorgeva, maggiormente amandola, l'accetto per figliuola, et andando colla simia in que' villagi guadagnando il vivere, colla brigata sua lei insieme amorevolmente nutriva. hor' essendo non molto tempo da poi il Re nella citta reale ritornato, intesso dal consigliere, che all'ordine di lui havea intiera essecutione data, sendosi del gia del fiero suo commandamento grandemente pentito, misera, et dolente vita passava: ne guari stette, che perciò da una grave infermita soprapreso, alla quale rimedio alcuno non si potea ritrovare, in lui d'inevitabil morte manifestissimi segni si scorgevano. il che ne'villagi alla citta vicini divolgatosi, all'orrecchie della Reina, ch'in casa del contadino si ritrovava, pervenne. la quale conoscendo ciò tutto al Re suo marito, quale grandemente amava, per cagion sua avenire, s'imagino di voler ella alcun rimedio ritrovargli. et fatto al contadino intendere, che volea essa il Re guarire, et in cotal guisa far à lui gran somma di danari guadagnare, Girete, dissegli, alla corte, et

farete à baroni di lui intendere, che, tutto che al mal suo non si sia fino ad hora potuto alcuno rimedio ritrovare, voi di certezza nel primiero stato di [p. 36r modifica]salute lo ritornarete. et dimandatole il contadino qual sorte di rimedio gli dovesse dare. Io sono certa, dissegli, per quel, che publicamente si ragiona, il mal di lui da niun’altra cagione, che da molta malinconia, et da profondi pensieri procedere. onde havendo egli solo bisogno di rallegrasi, giunto che sarete alla presenza di lui, Sire diretegli, io molto bene la natura dell’infermita vostra conosco, et spero di tosto da quella coll’aiuto di Dio potervi liberare. voi intorno à borghi della citta vostra vi ritrovate gran numero di belli, et dilettevol giardini, de’ quali facendo il più vago sciegliere, quivi una stanza terrena vi farete accommodare, alla quale, poscia che l’harrete delle cose alla real persona vostra bisognose fatta adattare, vi farete subitamente condurre, dove anchor’io seguitandovi al mal vostro senza alcun’indugio ritrovero riparo. Il che, soggiunse al contadino la Reina, poscia che voi gli harrete detto, et ch’egli harrà il consiglio vostro essequito, quivi la simia vostra voi menarete, laquale i soliti suoi giuochi facendo, in molta festa, et letitia tenendolo, la salute pristina lo fara del tutto ricoverare. le quai parole intese che hebbe il contadino, senza più diferire, alla citta s’aviò, et fatto al Re intendere quanto dalla giovane gl’era stato insegnato, egli per disiderio di guarire in risposta gli diede, che quanto da lui gli era stato detto, pur che da tanta infermita potesse liberarsi, farebbe incontanente essequire: et [p. 36v modifica]chiamato il suo maggiordomo, gl'impose, ch'in alcuno de piu bei giardini, che presso alla citta si ritrovassero, una stanza terrena facesse per la persona sua senza alcun indugio preparare. il che havendo il maggiordomo prestamente essequito, quivi si fece il seguente giorno in una lettica condurre, dove sendo arrivato, udendo de lusignuoli, et altri uccelli il canto, in uno dilettevolissimo giardino ritrovandosi, parve che si rallegrasse alquanto, et in breve tempo di gran miglioramento mostrò segno. hor havendo quivi il contadino la simia sua condotta, dinanzi al Re presentatosi, et di gia avedutosi, che per haver ei cangiata stanza il cuor gli s’era alquanto rallegrato, l'accertò di doverlo tosto nello primiero stato di salute restituire: et havendo colla simia sua diversi giuochi alla presenza di lui fatti, piu volte le risa gli mosse. poscia menatala nella cucina, la quale era allo scoperto, et à canto di una finestra della camera, dove egli era, si facea, quivi legatala, et al Re ritornato di molte cose allegre cominciò seco a divisare. et in cotal guisa dolcemente il tempo passando, parvegli di udire nella cucina alcun romore, et alla finestra accostatosi vide la simia, che sola quivi si ritrovava, ad una pentola accostarsi, nella quale al fuoco due grossi capponi per la bocca sua si cuocevano; la quale intorno guatandosi, et quivi sola vedendosi, scoperta la pentola, uno de capponi fuora trasse; et assettatasi per metterlosi à mangiare, uno gran nibbione, veduta la [p. 37r modifica]rapina, et calatosi, il cappone delle mani della simia levò, et con quello volando nell’aria, lei dolente oltre misura lasciò. onde havendo ella diliberato, se le si fusse rappresentata l’occasione di rigidamente vendicarsi, standosi cheta in un canto della cucina guatando se per aventura il nibbio ritornasse, dopo alquanto spatio alzati gli occhi, lo vide intorno alla cucina volare: et ella che sagace, et astuta era, alla pentola da nuovo accostatasi, l’altro cappone fuori ne cavò, et fingendo d’assettarsi per volerlo mangiare, sopragiunto il nibbio, et sopra della simia calatosi, credendo di dovergli il secondo anco rubbare, fu egli da lei, quale tutta à ciò intenta era, prestamente rapito, et ucciso. et percioche dell’havergli data la morte non si contentava, al meglio che seppe pelatolo, al fuoco nella pentola insieme col secondo cappone, che cavato havea, lo ripose, il quale spettacolo havendo al Re per la sagacita della simia grand’ammiratione, et diletto recato, tutto lo rallegrò. ne guari di tempo stette, che sendo il cuoco nella cucina ritornato, volendo vedere in che termine il desinare del Re si ritrovasse, alla pentola accostatosi, et ritrovatala scoperta, si diede molta maraviglia, et tolta la mestola in mano, credendo di dover i capponi di quella cavare, dentro lo sfortunato nibbio vi ritrovo. del qual’ accidente fieramente dolendosi, ne sapendo come ciò potesse esser avenuto, grandemente si cruciava, et non potendosi imaginare qual sorte di vivanda havesse al [p. 37v modifica]Re suo signore à preparare, il quale d’altro cibo, che di capponi, per cagione della infermita sua pascere non si solea, tutto confuso si ritrovava. il che al Re, il quale l’historia intiera dalla finestra vedea, si gran diletto porse, che della gran sua malinconia liberato, veramente conobbe di haver la primiera sua salute ricoverata: et non potendo tolerare, che piu lungamente il cuoco si havesse perciò à crucciare, la sagacita della simia, et la disaventura del nibbio da principio gli raccontò, et fecesi in breve spatio un’altra sorte di vivanda preparare. et in cotal guisa piu giorni tra canti di gli ucelli, et giuochi, che colla simia alla presenza di lui continuamente il contadino facea, dolce vita passando, havendo le perdute forze del tutto ricoverate, di ritornare nella citta fece pensiero. et chiamato à se il contadino, dimandatolo dal cui cotal secreto, che la salute gl’havea apportata, havesse apparato, hebbe da lui in risposta, gran tempo essere, ch’egli lo sapea. il che non essendogli dal Re creduto, percio che huomo idiota, et di grossa pasta gli parea, lo costrinse la verita à palesare; havendo da lui inteso, che cio da una giovanetta, che padrone nel suo villaggio cercava, et à caso alla sua stanza era capitata, gli era stato insegnato. onde il Re, che si gran beneficio havea ricevuto, incontanente al contadino impose, ch’il seguente giorno senza niun fallo lei havesse nella citta, dove ei sarebbe ritornato, alla presenza sua à condurre; percio che tutti due da se [p. 38r modifica]contenti, et lieti nel lor villaggio rimanderebbe. onde il contadino al commandamento del Re presto alla stanza ritornato, il tutto alla Reina racontò, et de’ miglior panni, che pote, fattala vestire, il seguente giorno dinanzi al Re, marito suo, nella camera la condusse; il quale sottilmente mirandola, parendogli pure, che alla Reina, sua moglie, tutta si assomigliasse, Deh, dimmi per tua fe dissele, discreta giovane, chi tu ti sia, et di cui figliuola. à cui in cotal guisa ella rispose: Io, Sire, la sventurata moglie vostra sono, quella, la quale voi havendo fatta alli rabbiosi cani, chel palagio vostro la notte custodiscono gittare, havete sempre creduto, che da quelli io sia stata divorata: i quali non havendomi fatta offesa alcuna sommamente m’accarezzarono, percioche sino dall’hora, ch’io moglie vostra divenni, co’l dar loro à mangiare domesticamente con essi usar solevo. onde per una buca de fossi del palagio fuori della citta fuggitami, in casa di cotesto buon contadino capitai, il quale, merce di lui, mi accettò per figliuola. hor quivi per poco spacio dimorata dell’infermita vostra venne novella, della quale havendomi io sforzata di sottilmente intendere le conditioni, mi feci à credere, che per aventura voi pentito della crudel sentenza, che sopra della persona mia havevate fatta, per tal cagione fussi in si grave, et pericolosa infirmita caduto. onde conoscend’io, che altro scampo, che il tenervi allegro, alla vita vostra non potea ritrovarsi, si come voi me à crudel morte condennasti, cosi io [p. 38v modifica]allincontro voi da certo pericolo della vita tentai di liberare; et il compenso, con che voi havete la perduta salute ricoverata, co'l mezzo di cotesto buon huomo ritrovai, le quai parole della Reina dette non potendo il Re tenersi di lagrimare, abbracciata la giovane, del grave error suo le chiese perdono: et da lei la vita riconoscendo, come sua moglie la ricevette, et non solo per l'alto, et nobile ingegno di lei nelle monete presso dise la fe scolpire, mà col consiglio di lei nell'avenire tutti gl'affari del regno volle ministrare, et una gran festa havendo ordinata, per haver la Reina sua moglie colla vita insieme ricoverata, al contadino del villaggio tutto, dove egli habitar solea, fece dono. di che resene egli alla Reina gratie infinite, di contadino ricco signore divenuto, con gran letitia al villagio suo sene ritornò.

G
ran diletto, et maraviglia insieme à Behramo diede la recitata novella per i varij accidenti in quella dal novellatore racconti; et havendo l'astutia della simia intesa, et la disaventura al nibbio avenuta, non pote tenersi dalle risa, di che essendo i baroni di lui lieti oltre misura, vedendo, che il lor prencipe maggior miglioramento ogni giorno mostrava, in nome di lui ordinarono, che per la seguente mattina del mercoledi per tempo ogn'uno al terzo palagio, il quale tutto di varij colori era adornato, havesse ad aviarsi. onde la corte tutta al commandamento presta, d'habiti all'adornamento di quello somiglianti [p. 39r modifica]vestitasi, come prima fu giorno, vi si condusse. et quivi

sendosi Behramo per buon spacio di tempo colla donzella, che ivi ritrovo, in dilettevoli ragionamenti tratenuto; poscia che hebbe desinato, et preso alquanto di riposo, fatto il terzo novellatore alla presenza sua venire, commisegli, che havesse la sua novella à raccontare: ilquale in cotal guisa cominciò. Ritruovasi nell’India una citta sopra la marina, Zeheb nominata, ad un ricco et gran signore idololatra, che il Leone adora, soggetta. solea egli cotesto signore haver nella corte sua diversi artefici di molta eccellenza, mà un’oraffo tra gl’altri, à cui per lo molto suo valore in quell’arte niun’altro nel mondo tutto pari non si ritrovava: et percio che continuamente alcuna bella et mirabil opra far solea, venne in pensiero al signore di farsi da lui un gran Leon d’oro fabricare. onde alla presenza sua chiamatolo, havendogli diecimila pesi d’oro di quel paese consignati, che di quello uno bellissimo Leone gli havesse à fare gli impose. ricevuto dunque l’oraffo tanta somma d’oro, ad altro il pensier suo non rivolse, che à dover un Leone di tanta eccellenza fabricare, ch’in niuna sua parte non gli potesse da alcuno esser opposto: et à cotal impresa postosi, nello spacio di dieci mesi uno ne fece, à cui ad esser vivo il solo spirito mancava, et tutto che d’infinito peso fusse, alcune ruote sotto i piedi gli fece, che da dieci huomini soli in qualunque parte potea esser agevolmente condotto. quest’opra per l’eccellenza sua [p. 39v modifica]sommamente al Re piacendo, à chiunque la vedea era di tanta ammiratione, che appena si potea alcuno persuadere, che di man d’huomo fusse stata fabricata. onde volendo il signor l’alto valor dell’oraffo in alcuna parte riconoscere, perciò mille, et più scudi d’entrata all’anno gli assignò. hor’ havendo cotal liberalita del signore molti oraffi, che nella citta erano, à grand’invidia mossi, più fiate girono il Leone à considerare, per poter, se alcuno difetto dell’artefice scorto havessero, fargli alcuna oppositione, et essi la gratia del signore acquistarsi. et tra questi uno ne fu, ilquale essendo di sottile, et alto avedimento dotato, non conoscendo cosa, che nel Leone riprender si potesse, in quello per la grandezza, et qualità di lui non poter essere. dieci mila pesi d’oro s’avide; et questa giudicando egli buona occasione di far l’oraffo dell’entrata privare, et d’acquistarsi esso la gratia del signore, à cotal cosa tutto col pensiero era rivolto: mà percio che non potea credere, che per accertarsi del latrocinio dell’oraffo devesse il signore la figura de l’animale, che si perfetto era, far in pezzi tagliare, tutto si crucciava, non sapendo massimamente scorgere inche altra maniera tant’oro s’havesse à pesare. hor di ciò uno giorno colla moglie sua divisando, le venne à dire, che chiunque sapesse alcun secreto di poter il Leone pesare, et il signore del commesso furto dall’oraffo accertare, et l’entrata à lui assignata, et la gratia del signore senza alcun fallo, s’acquistarebbe. le [p. 40r modifica]quai parole dalla donna intese, Io sono più che certa, al marito rispose, se tu lasci à me fare, di dover questo secreto tantosto palesarti; à cui havendo egli detto, che ove ciò havesse saputo investigare, nell’avenire lieta, et felice vita harrebbono passata, si dispose ella colla moglie dell’oraffo, con cui alcune fiate usar solea, una stretta domestichezza fare, facendosi à credere con tal mezzo di agevolmente poter il disiderio suo ottenere. onde più fiate alla oratione dinanzi al Leone ritrovatala, di diverse cose insieme divisando, le venne à dimostrare in quanto felice stato ella si ritrovasse, essendo moglie di huomo al signore per lo molto valor suo tanto grato, poscia la bellezza del Leone considerandole, una sol cosa, dissele, io sento à si eccellente opra opporsi, laquale essendo in ogni sua parte di tanta perfettione, pare, che per non potersi cotesto animale pesare, in se contenga alcun difetto, del quale ove mancasse, certo è, che nel nostro Hemispherio altr’opra à quella somigliante non si ritrovarebbe. le quai parole havendo alla moglie dell’oraffo alcuna noia recata per non poter intendere, che nel Leone del suo marito fatto difetto alcuno si contenesse, alla donna rispose, che, come che gli altri cotal oppositione gli facessero, era ella nondimeno certa, che ’l marito suo l’harrebbe anco saputo pesare; Et, ove un altra fiata, dissele insieme ci ritroviamo, spero di poter voi di cotal dubbio trarre: et à casa ritornatasene, la notte con disiderio aspettava, facendosi à [p. 40v modifica]credere di non poter più opportuno tempo di quello per poter ciò dal marito intendere, ilquale alquanto capriccioso era ritrovare, onde sopra giunta la sera, et venuta l’hora del dormire, gironsi à coricare. et quivi cominciando la donna il marito à carezzare, delle eccellenza del Leone, che egli fatto havea, con lui divisando, gli venne in un lungo sermone à dire, ch’ella altro difetto non sapea ch’in quello potesse essere, salvo che essendo d’oro, et di si gran valore per la gravezza di lui non si fusse potuto in alcun tempo pesare; Et nel vero havendo voi, al marito disse, coll’alto avedimento vostro fatto si, che colle ruote, che sotto i piedi gli acconciaste in qualunque parte agevolmente si puo condurre, potevi pur anco à ciò coll’ingegno vostro alcun compenso ritrovare. le quai parole havendo all’oraffo alcuna molestia recata, si perche cotal secreto alla moglie palesando, temeva, che un giorno il latrocinio suo potesse essere scoperto, si anco perche, ove cio le havesse nascosto, pareagli di dover con lei perdere assai di riputatione, Questo secreto, dissele, come ch’io di mai ad alcuno non palesare havessi diliberato, nondimeno essendomi voi moglie, et amandovi io al pari dell’anima mia, à voi ne debbo ne voglio celato tenere, facendomi à credere, che ad alcun altra persona in niun tempo voi non lo farete palese; percio che, ove altrimenti avenisse, et de secreti miei altrui n’havesse parte, il nome mio ne diverria molto minore, et voi anco per ciò presso ogn’altra [p. 41r modifica]donna men riputata, et honorata sereste ma havendo la donna il marito accertato di non dover mai di ciò ad alcuno far parola: Voi sapete l’oraffo dissele, quanto agevolmente si possa il Leone con le ruote in qualunche parte condurre: onde chiunque del peso di quello chiarir si volesse, alla marina conducendolo, et in una nave caricandolo, ne anco del peso di una libra d’oro si potrebbe errare; percioche in quella ripostolo, et segnata di fuori la nave sino dove nel mare tuffata si fusse, trattone fuori il Leone, et da nuovo di sassi, ò d’altro sino al segno fatto caricatala, facendo quelli poi pesare, della quantità dell’oro ch’in quello si fusse, ciascheduno agevolmente potrebbe accertarsi. ilche dalla donna inteso, al marito promise di non dover si bel secreto mai ad alcuno palesare. nondimeno come prima fu giorno, sendo per lo più le donne di picciol levatura dal lato del marito levatasi, et uscita all’orationi, quivi la compagna sua, dell’altro oraffo moglie, ritrovò, à cui quanto il marito detto le haveva facendo palese, caramente pregolla, che ad alcun altro non volesse di ciò far parola ilche sendole stato dalla compagna promesso, dopo essere per alquanto spatio insieme state, ciascheduna alla sua stanza se ne ritornò. dove giunta che fu la moglie del secondo oraffo, che il secreto di pesar il Leone havea dalla compagna inteso, lieta, et allegra oltre misura al marito senza alcun indugio scoperse quanto quella detto le haveva, [p. 41v modifica]confortandolo à voler subitamente il signore del commesso latrocinio accertare; à che fare sendo senza i conforti della moglie l'oraffo assai disposto, la mattina seguente per tempo al palagio del signore aviatosi, et fattogli per un suo cameriero intendere, che gli havea di cose à lui importanti à ragionare, havuta l'udienza à lui il latrocinio dall'oraffo commesso palesò: et dimostratole il modo, come di ciò havesse ad accertarsi, presa da lui licenza, alla sua stanza se ne ritornò. poscia, havendo il signore fatto à se chiamare l'oraffo, che'l Leone fabricato havea, et volendolo fuori della città in alcuna parte mandare, per poter senza saputa di lui accertarsi di quanto gli era stato accusato, ad uno villaggio una giornata dalla città luntano per alcune bisogne del palagio lo inviò: et l'istessa notte, che egli dalla città partí, fatto, secondo l'aricordo datogli, condurre il Leone alla marina, et pesatolo, dugento et piu pesi d’oro essergli stati dall'oraffo rubbati s'avide. onde gravemente adirato, et tutto di mal talento ripieno, tantosto che l'oraffo dal villaggio fu ritornato, fattolo prendere, et alla presenza sua condurre, rammemoratili i beneficij, et honori, che havea nella persona di lui conferiti, et la sceleraggine, et latrocinio, ch'egli havea commesso, diede ordine, ch'in cima d'una torre, non guari dalla città luntana, havesse ad esser condotto; d’onde, murata la porta, non havesse piu ad uscire, à fine che quivi dalla fame havesse à morire, [p. 42r modifica]overo d'alta torre precipitandosi, se stesso uccidesse. ilche sendo subitamente da ministri essequito, diede alla moglie di lui, che di tutto 'l male era stata cagione, havendo alla compagna sua il secreto del pesare il Leone palesato, travagli, et noia grande oltre misura. onde dolorosa quanto mai altra donna si fusse, la seguente mattina per tempo alla torre aviatasi, dirottamente piangendo, quivi col marito un gran lamento facea, confessandogli di esser'ella stata di si gran disaventura cagione, per haver alla perfida, et disleale compagna sua il modo del pesare il Leone fatto palese. ma il marito, che nella cima della torre murato era, et che fra poche hore conoscea di dover certamente morire, Le lagrime, alla moglie disse, sono hora superflue, et allo scampo mio non veggo, che alcun rimedio possano apportare: gia tu conosci della morte mia d'essere stata cagione; et per ciò giusta cosa è anco, che potendomi tu sola da quella liberare, mi faccia co gl'effetti conoscere, che veramente tu mi ami, et che del gran fallo tuo pentita sei. tu vedi che nella cima di questa torre io sono sforzato ò di morirmi dalla fame, overo da essa precipitandomi di uccider me stesso: onde con ogni tuo potere tu sei tenuta di soccorrere allo scampo della vita mia. ritornata dunque subitamente nella città, qua molti lunghi, et sottilissimi fili di seta recharai, iquali à piedi di molte formiche legati, quelle sopra 'l muro della torre metterai, et ugnerai loro la testa col butiro, [p. 42v modifica]percioche amandolo esse grandemente, et sentendo l'odore di quello verranno sempre ascendendo, credendo, ch'l butiro lor sia vicino; onde si può sperare, ch'in una gran quantità d’esse, un' almeno qua su habbia à salire. il che ove à Dio piaccia che avenga, io sono certo di dover fra poche hore alla mia vita scampo ritrovare; percioche havendo tu insieme con la seta sottile della grossa anco recata, alla sottile legandola, qua su la tiraro, et à quella poi una sottil cordicella legata, in cotal guisa averrà, che poscia una grossa sù tiratane, legatala io alla cima di quella torre con una carrucola; le quai tutte cose teco dalla città occultamente porterai, da questo certo pericolo della morte io mi libererò. lequai parole dalla dolorosa donna intese, racconsolatasi alquanto senza alcun'indugio nella città aviatasi, fra poche hore con quanto dal marito le era stato imposto alla torre si ritrovò: et mandate le parole di lui ad essecutione, avenne, che la corda, et la caruccola egli fra non molto spatio di tempo nella cima della torre sù tirò; et ad un grosso trave, che quivi era nella carrucola raccomandatala verso la prima hora di notte giuso alla moglie l'un capo di quella mando, et commissele, che al traverso se l'havesse à legare: percioche non havendo ella forza da poter lui, che giuso havea à venire col capo della corda in mano sostentare, egli pian piano col contrapeso del corpo di lei calandosi, come fusse in terra, col capo della corda, con che egli [p. 43r modifica]legato s'havea, lei pian piano havrebbe giuso mandata. il che dalla donna, che niun'altra cosa maggiormente, che la salute del marito disiderava, prestamente essequito, et il capo della corda al traverso legatosi, diede al marito occasione di poter sicuramente alla sua vita scampo ritrovare. onde, giunto che egli fu in terra, et la donna alla cima della torre arrivata, le disse, che havesse dentro della torre ad entrare, et che giuso il capo della corda, con che legata era, gl’havesse à mandare; perciò che à quello un legno volea à traverso legare, à fine che ella da nuovo sù essa corda tirando, et à cavallo del legno montando havesse piu sicuramente giù à venire. onde presta la donna ad ubidire le parole del marito il capo della corda à lui giuso mandò: ilquale prendendolo con gran furia fuori della carrucola la corda tutta tirò: et gli occhi alla cima della torre levati, havendo l'animo pieno di mal talento contra della moglie, laquale in tanto pericolo posto l'havea, Rea, et malvagia femina, dissele, costi, dove tu ti ritruovi, per me sei certa di dover morire; percioche giusta cosa è, che quella sorte di morte tu ti habbia à fare, che à me il sìgnore per cagione della tua lingua data havea. et dette cotai parole, per non essere quivi da alcuno ritrovato, tolta la corda, che fuori della carrucola havea tirata in un fiumicello alla torre vicino insieme con li fili di seta, et la corda sottile, che giuso della torre calandosi seco havea portata, la gittò. poscia la notte [p. 43v modifica]tutta caminando, per non essere da alcuno preso, et nelle forze del signore da nuovo condotto, in uno villaggio assai dalla città luntano, dove da alcuno conosciuto non era, capitò, havendo la moglie nella cima della torre dolorosa in grande spavento lasciata. laquale certa di dover quivi morire, havendo tutta la notte dirottamente pianto, tantosto che fu giorno, merce, et aiuto gridando, molti viandanti, che per quei contorni passavano, il duro lamento di lei stavano ad ascoltare. onde essendo ita novella al signore, che nella torre, dove l'oraffo havea à morte condennato, la moglie di lui si ritrovava, laquale fieramente piangendo, merce, et aiuto à viandanti dimandava, à ministri suoi subitamente impose, che alla torre aviatisi, lei dovessero al palagio suo condurre. ilche da loro prestamente essequito, la donna dinanzi al signore arrivata, l'accidente avenutole intieramente gli raccontò. ilquale havendo l'astutia, et sottile avedimento dell'oraffo inteso, con che la moglie havea ingannata, non potendosi dalle risa tenere, fece l'istesso giorno ne' contorni della torre bandire, che, ove l'oraffo alla presenza sua venuto fusse, egli dell'error suo gl'havea dato perdono. di che essendo pervenuta all'orecchie dell'oraffo novella, verso la città tutto lieto, et allegro aviatosi, dinanzi al signore s’appresentò; ilquale havendosi da lui fatto da nuovo l'historia tutta intieramente raccontare, squarciatamente ridendo, la donna di lui dinanzi gli fece [p. 44r modifica]venire, et insieme fattigli pacificare, il fallo suo gli perdonò. poscia assignato all'altro oraffo, che'l latrocinio gli havea palesato, un podere alla città vicino, colla cui rendita potesse la famiglia sotto nutricare, et essi anco fatti insieme riconciliare, allegri, et lieti, alle lor stanze li rimandò.

N
on si puo dire quanto diletto à Behramo, et à chiunque udita l'havea la raccontata novella havesse apportato, per la strana beffa, che alla moglie sua l'oraffo fece; allaquale posto che hebbe fine il novellatore, si cominciò una soave danza a sonare, laquale havendo il cuor di Behramo rallegrato assai, di gran miglioramento gli fu cagione. poscia, sendo l'hora di gia tarda, le mense si prepararono, et cenato che si hebbe, andò ciascheduno alla camera sua à riposare, et venuta la seguente mattina del Giovedi, la corte tutta, si come di guarnimenti gialli era il quarto palaggio adobbato, di panni dell'istesso colore vestitasi, à quello s'aviò. dove gionto che fu Behramo, con la donzella, che ivi era, secondo 'l costume suo, per buon pezzo tratenutosi, dopo levate le mense, fatto il quarto novellatore à se chiamare, che alcuno bell'accidente egli anco gl'havesse à raccontare, gli commandò. ilquale, fatta al signore la debita riverenza, alla novella sua cotal principio diede. Fu gia nell'antica città di Babilonia un Soldano, ilquale havea un suo figliuolo, Rammo nominato, la cui madre, che Soldana era, essendo morta,
[p. 44v modifica]prese ’l padre di lui un’altra moglie. laquale non havendo all’honor suo, ne del marito alcun riguardo, s’avide il giovane, che del consigliere del padre era fieramente inamorata. ne di ciò facendo egli con alcuna persona parola, per l’honore del padre doloroso oltre misura, quanto più cautamente potea, gli andamente di lei andava indagando. et avedutosi, che un giorno col consigliere se n’andò nel giardino, egli anco occoltamente seguitili, et dietro ad uno cespuglietto nascostosi, vide, che tutte dua presso una viva acqua, che nel giardino era, coricatisi, più fiate carnalmente insieme si conobbero. onde tutto di rabbiosa ira accesso, ne sapendo ciò, che havesse ò fare, volendo del cepuglio uscire per partirsi del giardino, fu da loro veduto. iquali perciò in grande spavento ritrovandosi, et dubitando, che il giovane non havesse al padre il loro misfatto à palesare, insieme conchiusero di dover del delitto, che essi haveano commesso, il giovane al signore accusare. onde, poscia che egli fu del giardino uscito, essi anco subitamente nel palaggio alle lor stanze ritornarono; et essendo gia l’hora tarda, havendo il Soldano per alcuni suoi affari il consigliere fatto à se chiamare, vedendolo tutto penseroso, Deh dimmi per tua fè, dissegli, che cosa ti va hora per lo pensiero, che oltre il tuo costume si malinconoso, et dolente ti veggo à stare? alle quai parole, Io non debbo, Sire, rispose il consigliere, essere d’alcuno accusatore, ne ciò al grado, ch’io [p. 45r modifica]presso di voi tengo, s'acconviene, ove anco uno grave misfatto io non vi faccia palese, conosco di gravemente offendervi, et essere dell'honor vostro poco amico. il che havendo il Soldano dal consiglier inteso, fattogli grande instanza, che 'l tutto subitamente gl'havesse à palesare, Poscia che cosi volete, disse il consigliere, io debbo alla parola vostra ubidire. havete dunque à sapere, che io piu fiate mi sono accorto il figliuolo vostro essere della Soldana grandemente innamorato, et piu volte co proprij occhi ho veduto, che egli per carnalmente conoscerla le ha dato di fiere, et gran battaglie; et pur hieri per cotal cagione io tra loro ho veduto una grandissima contesa. et à fine, che meglio di ciò possiate accertarvi, ve n'andrete dalla Soldana, laquale sono certo, che, facendole voi instanza, per non poter ella, per quanto io ho veduto, piu lungamente l’insolenza del malvagio giovane sofferire, il tutto à voi farà subitamente palese. et havendo il consigliere al suo sermone posto fine, il Soldano tutto d’ira acceso, havendo l'animo pieno di mal talento per l'offesa, che'l figliuolo havea tentato di fargli, alla camera della sua donna aviatatosi, ritrovolla dirottamente à piangere: et dimandatale del dolor suo la cagione, fingendo ella di non volerlagli palesare, pregollo, che, da lei partendosi, la lasciasse nel misero suo stato dimorare: ma egli, che del cruccio de lei dal consigliere havea intesa la cagione, con dolci parole confortandola, caramente [p. 45v modifica]pregolla, che del travaglio suo l'accidente gl'havesse à raccontare. onde, Poscia, che cosi mi commandate, la rea, et malvagia femina gli rispose, havete à sapere, Sire, che piu fede in veruna persona del mondo non si ritrova. il grave misfatto, che al presente io sono per raccontarvi, sallo Iddio che havevo diliberato per rispetto dell'honor vostro, et mio con perpetuo silentio di trapassare; ma poscia, che m'havete imposto, che la grave mia disaventura io v'habbia à palesare, saprete, che molti giorni sono, ch'io dal perfido et disleale vostro figliuolo sono gravemente molestata, per ch'io alle dishoneste voglie di lui acconsentisca; et per ciò piu fiate di fiere, et gran battaglie egli m'ha dato: et hieri, che nel giardino per consolarmi alquanto sola entrai, dal malvagio giovane, che quivi drieto ad uno cespuglio era nascosto, fui assalita, et con quanta difficultà io dalle mani di lui mi sia fuggita, Iddio vel dica. onde non dovete darvi ammiratione, s'io si misera, et dolente vita passando, in continuo cruccio, et amare lagrime mi dimori. hor' essendosi il Soldano per le parole della malvagia sua donna dell'oppositione all'innocente giovane dal consiglier fatta accertato, havendo lei con molte parole consolata, le promise, che piu dal figliuol suo non sarebbe per questa, ne per altra cagione molestata; et da lei partitosi, chiamato à se il consigliere, commandogli, che la seguente mattina per tempo dovesse fare al figliuolo suo la testa [p. 46r modifica]dal busto spiccare. la qual sentenza parendo al perfido consigliere assai crudele, Deh Sire, dissegli troppo aspra, et crudel vendetta del figliuolo volete fare, non havendo egli massimamente alle empie, et dishoneste sue voglie compimento dato. onde à me pare, che lui della malvagita sua rigidamente harrete punito, ove de paesi vostri scacciandolo, à perpetuo essilio lo dannarete. il qual consiglio tutto che il Soldano, che di rabbia, et d'ira ardeva, non potesse approbare, dal disleale consigliere con molte parole persuaso, finalmente accettò, et la mattina seguente fatto all'innocente figliuolo intendere che nello spacio di otto giorni devesse de confini de suoi paesi esser uscito, gli fe commandare, che in niun tempo piu non vi havesse in pena della vita à ritornare. onde il giovane, il quale, del giardino partendo, s’accorse d'esser stato dal malvagio consigliere, et dalla rea Soldana veduto, avisandò ciò essere della disaventura sua stato cagione, tolte alcune sue gioie, et anella, senza alcuno indugio de paesi del padre se ne uscite, et tutto malinconoso caminando, nello spacio di sette giorni ad uno villaggio ad un'altro prencipe soggetto capitò: dove havendo ritrovati tre giovani viandanti, con quelli s'accompagnò. et postisi la seguente mattina tutti in camino, in un lungo ragionamento, ch'insieme fecero, udi il figliuolo del Soldano, che l'uno de' viandanti disse di sapere uno secreto, che gli facea tutti gli altri vedere; et esso [p. 46v modifica]da nissuno era veduto: et dal secondo intesse, che'un altro ne sapea, che facea qualunque fiata gli piacea tutti i demonij correr al servitio suo: et dal terzo, che alcune parole sapea, le quai ove egli dicea, la faccia di lui à qualunque altra egli volea somigliante diventava, et alcune altre dicendo ne facea chiunque à lui piacciuto fusse adormentare. ma perciò che egli

malagevolmente le cose da lor dette creder potea, Et come poss'io, lor disse, quanto che voi detto havete, che vero sia, persuadermi, non havendo voi cosa alcuna possibile raccontata? All'hora i viandanti risposero, ci lo crederai, se di quanto detta habbiamo ti faremo l'isperienza vedere; et incontanente tutta tre delle cose da lor racconte alla presenza di lui fecero la prova. di che datasi il giovane grand'ammiratione, lor disse, che essendo quell'arti piene d'inganni, era buono, che se le scordassero, et che piu non l'havessero ad operare. al che havendo essi risposto, che ad altro tempo non l'operavano, salvo ove d'alcuna ricevuta ingiuria voleano vendicarsi; Hor perche io so, rispose loro, che la maggior parte delle vendette sogliono per l'utile, et per lo guadagno farsi, à fine che nell'avvenire habbiate l'arti vostre del tutto à lasciare, io voglio si fatto presente farvi, che non harrete piu nell'avenire di danari bisogno; et tratta fuori della bisaccia la maggior parte delle gioie, che seco havea portate, ugualmente tra loro le divise, facendosi pro mettere, che piu le lor arti [p. 47r modifica]non havessero ad usare. et à fine che essi non si facessero à credere, che egli per aventura quelle havesse in alcun luogo rubbate, raccontando loro di cui si fusse figliuolo, la disaventura sua, et lo tradimento del perfido consigliere, et della malvagia Soldana lor fe palese, di che datasi essi molta ammiratione, et dalla faccia di lui conoscendo, che veramente di gran prencipe era figliuolo, rendutegli del presente lor fatto quelle gratie, che maggiori poterono, le lor arti, à fine che del tradimento fategli potesse vendicarsi, tutta tre gli insegnarono, havendogli promesso di piu nell'avenire non voler di quelle in alcuna parte valersi. hor havendo il giovane le tre arti apparate, et conoscendo di potere con quelle è del reo consìgliere, et della malvagia matrigna vendicarsi, sendo per alcuni giorni co tre viandanti dimorato, et fatta piu fiate dell'arti insegnategli l'isperienza, presa licenza, da quelli si parti. et volendo dare prencipio à vendicarsi, et far al padre l'innocenza sua palese, operando il secreto, che facea i demonij à suoi servitij venire, licentiati tutti gli altri, un solo ne ritenne; à cui havendo commandato, che la sera dell'istesso giorno l'havesse nella città del padre condotto, fu da quello senza alcuno indugio ubidito, et nella città del Soldano, dinanzi al proprio palagio portato, quella notte in casa di una vecchiarella capitò. poscia la seguente mattina per tempo levatosi, et dell’altro secreto servendosi, uscito di ca[p. 47v modifica]sa, ciascun'altro vedea, et egli da nissuno era veduto: et all'hora dell'audienza nel palagio del Saldano entrato, il padre, et il malvagio consigliere, che con lui parlava, vide. onde di grave ira acceso, al demonio, che à suoi servitij si ritrovava, impose, che al consigliere due gran buffeti havesse à dare. il quale al commandamento presto, si fieramente sulla faccia lo percosse, che cadde in terra; et aitato da suoi, et levatosi in piedi, fu dallo spirito da nuovo con tal furia battuto, che quivi per buon spatio di tempo tramortito rimase. ilqual accidente sendo alla presenza del Soldano avenuto, per l'amore, che al consigliere portava, doloroso assai, à suoi ministri impose, che lo dovessero subitamente alla stanza condurre. poscia chiamati i piu eccellenti medici della città, et havendo con loro sopra l'accidente al consiglier avenuto lungamente divisato, facendosi à credere che del mal suo fussero gli humori superflui, ò altra indispositione del corpo suo stata cagione, conchiusero di dargli una potione, con che credeano di poterlo dall infermità sua liberare. mà essendo à tal conchiusione il giovane sempre stato presente, senza essere d’alcuno veduto, allo spirito impose, che tantosto, chel malvagio consigliere havesse la potione bevuta, lo dovesse fieramente haver battuto. onde havendo i medici il seguente giorno per tempo à lui la potione recata, bevuta che egli l'hebbe, si grave percossa dallo spirito gli fu sopra la faccia alla lor [p. 48r modifica]presenza data, che per lo naso quasi tutta fuori la gittò. il che non si puo dire quanta noia, et travaglio al Soldano, et alla sua donna ancora, che dell'amore del consigliere era accessa oltre misura, apportasse. mà non contento di ciò il giovane, et volendo piu rigidamente della ricevuta ingiuria vendicarsi, di alcuni habiti feminili vestitosi, la faccia sua à quella d’una vecchiarella tutta somigliante fece: et alla stanza del consegliere aviatosi, et colle sue donne abboccatasi, lor disse che havendo la qualita dell'infermita di lui intesa, era quivi venuta per accettarle, che egli in ogni maniera da quella lo volea liberare. onde elleno per cotai parole consolate alquanto, lui dinanzi al consigliere condussero, col quale havendo per buon spacio della qualità del mal suo, et d’ogni altro accidente avenutogli divisato, gli diede ferma speranza di doverlo con un suo secreto in un sol giorno guarire. di che havendolo egli caramente pregato, gran doni, ove liberato l'havesse gli promise. ma essendo l'hora di gia tarda, presa licenza, disse di dover la mattina seguente per tempo quivi ritornare. onde essendo per ciò la famiglia tutta del consigliere ricreata alquanto, con gran disiderio il seguente giorno stava aspettando. hor venuto il figliuol del Soldano all'hora, che egli detto havea, colla forma della vecchiarella dinanzi al consigliere, un bollo di ferro non molto grande seco porto, il quale mostratogli, Signore disse, cotesto [p. 48v modifica]bollo, che voi vedete, senza alcuna altra potione vi ha del tutto nello primiero stato di salute à restituire: et dato ordine: che quivi havesse ad esser del fuoco acceso, Bisogna, soggiunse, ch'un bollo per natica voi vi lasciate fare; et ove io non v'habbia dall'infermità vostra del tutto liberato, io mi contento che mi facciate, à guisa di rea, et malvagia donna, rigidamente castigare. à cui havendo il consigliere dato in risposta, che tutto che il lasciarsi le natiche bollare gli paresse cosa, che molto biasimo gli'havesse à recare; nondimeno, per potersi dalla grave infermità sua liberare, egli era contentò di cotesta, et maggior cosa sofferire. onde posto il giovane il bollo nel fuoco, et bene infocatolo, uno bollo per natica fece al consigliere, et allo spirito incontanente commando, che piu non l'havesse a percuotere: e presa licenza si parti, dicendo, che sino ad otto giorni quivi ritornarebbe, nel qual spacio agevolmente ei si sarebbe aveduto, sel rimedio suo gli havesse giovamento apportato. al qual tempo da nuovo alla stanza del consigliere nella solita forma venuto, sano, et allegro ritrovatolo, fu da lui di gran doni presentato. et percioche al consigliere pur parea, che, ove si fusse saputo, che egli fusse sopra le natiche bollato, dovesse ciò molto biasimo apportargli caramente lo pregò, che del rimedio datogli non dovesse con alcuno far parola. poscia per madre ricevutolo, colla moglie, et colle figliuole volle, che [p. 49r modifica]continovamente conversasse, et le piu preciose cose, ch'egli havea, tutte gli mostrò. ma havendo il giovane diliberato di dover in ogni maniera del perfido consigliere vendicarsi, col secreto, con che gli altri vedea, senza esser da gli altri veduto, entrato non una, ma piu volte nella camera delle giovani del consigliere figliuole, tutte tre carnalmente non una, mà più fiate conobbe, la mattina per tempo sempre alla sua stanza ritornando. mà havendo questo fatto tra loro le giovani communicato, tutto che il giuoco non fusse lor punto dispiaciuto, il tutto nondimeno alla madre raccontarono; la quale dolorosa di ciò oltre misura, cotal sciagura al marito subitamente fe palese. il quale giudicando, che questo alcun demonio fusse, la vecchiarella ciò è l’innamorato delle figliuole, che guarito havea, mandò à chiamare: à cui narrata, che hebbe cotal sua disaventura, caramente pregollo, che havendo lui da si grave infermità liberato, potendo, volesse à ciò ancho alcuno rimedio ritrovare. ma havendogli Rammo dato in risposta, che, parlato prima colle figliuole, per aventura si operarebbe che piu molestate non sarebbono, fecele il consigliere in una camera colla vecchiarella ridurre, la quale da esse fattosi il caso loro avenuto raccontare, al consegliere riferi, lo spirito, che egli giudicava haver si fattamente le sue figliuole trattate, essere un giovanetto, il quale havendo uno secreto, che operandolo da alcuno veduto non era, et in cotal guisa [p. 49v modifica]nella camera delle giovani à piacer suo entrando, con quelle in amorosi piaceri dimorava; soggiungendo, che à ciò anco senza alcuno indugio alcun compenso havrebbe ritrovato. di che havendolo caramente il consigliere pregato, chiamate à se le giovani, alcune parole sopra una carta scritte lor diede con ordine, che, tantosto che la notte da alcuno sentissero d’essere molestate, un gran fuoco nella camera accendessero, et la carta lor data l'havessero dentro à gittare: che il giovanetto, il quale tanta molestia lor dava, quivi veramente harebbono veduto. poscia da quelle partitosi, come prima fu la notte sopragiunta, ritornato egli nella camera delle figliuole col secreto, col quale da alcuno non potea essere veduto; subitamente che al letto girono, egli tra loro secondo l'costume suo, si hebbe posto. di che accorgendosi esse, et dal letto levatesi, fatto uno gran fuoco, et entro le scritte parole della vecchia gittatevi Rammo hebbero veduto; il quale non conoscendo elle per figliuol del Soldano, alla camera del padre legato condussero. dove entrato che egli fu, cangiatosi di faccia col secreto, che egli sapea, ne anco fu dal consigliere conosciuto. il quale volendoglisi per offenderlo accostare commando Rammo al demonio, che in compagnia sua continuamente havea, che à lui una gran percossa sulla faccia havesse à dare. il quale al commandamento presto si fieramente lo battè, che à terra lo fe cadere. la onde egli sopra'l letto tutto doloroso [p. 50r modifica]ritiratosi, facendosi à credere, che non lo spirito, da cui la vecchiarella liberato l'havea, ma il giovane percosso l'havesse, diede a suoi servi ordine, che gli havessero la mattina per tempo la testa dal busto à spiccare. onde toltolo i servi dalle mani delle figliuole del consigliere, in un'altra stanza quivi vicina lo condussero per voler l'ordine del padrone essequire. dove giunti che furono, havendo Rammo del secreto, che'l sonno inducea, servitosi, li fe addormentare, et havendosi sciolto, i capelli, et la barba à tutti tagliò, et alla sua stanza se ne ritornò. poscia, venuto il giorno, aviatosi il consigliere al luogo, dove i servi suoi erano, tutti malinconiosi, et dolenti co’ capelli, et barbe tagliate ritrovolli. di che datasi infinita ammiratione, et, se havessero il malfattore ucciso, interrogatili, inteso intieramente il fatto, tutto confuso, et dolente da loro si parti: et subitamente mandata à chiamare la vecchiarella, et la disaventura sua raccontale; Veramente, dissegli Rammo, io conosco hora, signore, che questa è operatione di huomo, et di spirito insieme; ma non dubitate, che da cotal noia ancora io spero col mezzo d’alcune mie orationi di dovervi tosto liberare: et commandando allo spirito, che piu non havesse lui à percuotere, egli anco alle figliuole per molti giorni alcuna molestia non diede. onde continuando il consigliere in stato assai tranquillo, delle passate sciagure sue del tutto iscordatosi, da nuovo con la Soldana cominciò [p. 50v modifica]amorosamente à dilettarsi. di che Rammo avedutosi da grave ira accesso, allo spirito commandò, che ito la seguente notte alla stanza del consigliere, la piu bella delle sue figliuole gli havesse nel letto presso di lui à portare. onde havendo subitamente lo spirito à Rammo ubidito, la piu bella delle figliuole del consigliere al lato di lui portò, laquale per cotal accidente essendo tutta spaventata, Non dubitare, Rammo dissele, perciò ch'io sono un'huomo, et ardentemente ti amo, et hai à sapere ch'io sono Rammo del Soldano figliuolo. onde tu non dei si fieramente dolerti, perche tu ti mi ritruovi al lato; à cui havendo ella risposto, che chiunque egli si fusse, à modo alcuno non volea acconsentirgli, A fine, dissele Rammo, che tu conosca ch'io dell'amor tuo sono grandemente acceso, et che all'honor tuo sono per haver riguardo, io sono contento di accettarti per donna, et la mia fede promettoti, che tu mi sarai moglie, ma ciò ad alcuno senza ordine mio non paleserai. lequai parole alla giovane piacciute, abbracciatolo, con lui gran diletto quella notte prese. egli poscia la mattina per tempo levatosi, detto alla giovane, che non havesse del letto sino al ritorno suo ad uscire, presa la solita forma della vecchiarella, et al palagio del consigliere aviatosi, nel camino in un messo, che per esso mandava s’incontrò. giunto dunque alla presenza di lui, Voi sapete, dissegli, madre mia, quante sciagure nello spacio di pochi giorni mi siano avenute, dallequai, merce della [p. 51r modifica]molta cortesia vostra, m'havete sempre liberato. ma hora una me n'è sopragiunta di tutte l'altre maggiore; percioche la passata notte non la robba, ma una figliuola m'è stata via portata: onde et io, et la donna mia in tanto cruccio ci ritroviamo, che Iddio vel dica; da cui ove voi, si come in ogn'altra passata noia fatto havete, poteste liberarci, noi di mille scudi doro vogliam farvi dono. à cui havendo Rammo risposto, che non per quantità alcuna d’oro, ma per l'amor, che gli portava, farebbe loro anco tantosto la figliuola ricoverare, presa licenza, à casa se ne ritornò: et col secreto, con che egli havea fatta la figliuola addormentare, allo spirito commandò, che sopragiunta la notte, quella à casa del padre havesse à portare. onde sendo al consigliere la seguente mattina dall’altre sue figliuole fatto intendere, che havevano la sorella ricoverata, non si puo dire quanto di consolatione, et contento gli havesse ciò recato et; fatta incontanente la vecchiarella à se venire; Veramente, dissele, madre mia, io conosco, et apertamente confesso di riconoscere da voi la vita, l'honore, et la salute di tutta casa mia: et perciò con largo animo ad ogni piacer vostro tutta la facultà mia per i grandi oblighi, ch'io ho con esso voi, vi offerisco. di che havendo Rammo molte gratie rendutegli; Altro disse, Sire, che la buona gratia, et amor vostro io non voglio accettare, sendo certa, che per la molta cortesia vostra in ogni tempo io sarei ne' bisogni miei da voi prontamente [p. 51v modifica]sovenuta, et con tai parole dà lui licentiatosi si parti. hor'havendo il consigliere alcuni giorni senza altro travaglio passati, delle sciagure piu fiate avenutegli da nuovo iscordandosi, all'antico giuoco colla rea Soldana ritornò, di che Rammo, che ad altro non havea il pensier rivolto, accortosi, fieramente sdegnato, et da grave ira acceso, Egli è hora di mestieri, fra se stesso disse, che del malvagio, et perfido consegliere rigida, et intiera vendetta io prenda, non volendo egli per accidente alcuno, che avenuto gli sia, il proponimento suo, ilqual tanto dishonore al Soldano mio padre apporta, lasciare; et di casa nella solita forma della vecchiarella uscito, un'huomo povero assai atttempato ritrovò, à cui accostatosi, et fattolsi amico piu fiate convitatolo à la sua stanza à mangiare lo condusse, et un giorno della povertà di lui ragionando, Perch'io veggo, fratello, grand’essere il bisogno tuo, disse Rammo, una cosa ti voglio insegnare, la quale ove tu vogli à essequire, io ti accerto, che in un sol giorno ricco diverrai. di che havendo il buon huomo à Rammo molte gratie rendute, et caramente pregatolo, che tosto gli havesse cotal secreto ad insegnare; Tu sai, dissegli Rammo, che’l Soldano il Giovedi di qualunche settimana suole publica audienza à ciascun dare; allaquale sempre il consiglier suo si suole presente ritrovare. al tribunal dunque del signore accostandoti, con alta voce al consiglier dirai, che ritrovandosi egli presso del Soldano in si alto, et [p. 52r modifica]homorato grado: et essendo tuo schiavo, et tu in povera fortuna ritrovandoti, non si voglia di te, che padron gli sei, scordare, et che ne' bisogni tuoi voglia, come ricerca il dovere, alcun soccorso darti. et perciò che egli facendosi di te beffe, tenterà di farti per cotai parole a guisa di pazzo dal tribunale scacciare; tu al Soldano rivolto, Sire, dirai, io vi dimando giustitia, et pregovi, che non vogliate sofferire, che'l consiglier vostro, di cui io sono vero padrone, si segnalata ingiuria mi habbia à fare, che in ricompenso delle molte virtù, ch'io gli feci dalla fanciullezza insegnare, à tempo ch’io sopra'l mercato lo comperai, col cui mezzo si honorato grado si ha presso di voi acquistato, mi faccia hora, ch’in povero stato mi ritrovo, et che alcun soccorso io gli dimando, si vergognosamente dalla presenza vostra iscacciare; et, ove per aventura voi non mi crediate, ch'io il vero vi racconti, et che egli schiavo mi sia, io vi dò questo segnale, che, tantosto ch'io lo comperai, fattolo Mussulmano, sopra le natiche col sigillo mio lo bollai, ilche ove altrimenti sia, mi contento, che di qualunche aspra morte à voi piaccia mi facciate morire. Le quai parole, disse al buon huomo Rammo, dette che harrai, il consegliere, le cui natiche, à tempo che egli, et io soli nella camera di lui eravamo, con le proprie mie mani i passati giorni bollai, udendoti il vero à raccontare, per fuggir la vergogna di dover le natiche al giudice mostrare, facendoti da parte [p. 52v modifica]chiamare, à fine che tu te ne vada, et che piu tu non l'habbia à vergognare, da lui ti accerto, che riccamente donato partirai. onde il buon vecchio lieto, et allegro di ciò oltre misura, il giorno della audienza dinanzi al tribunale del Soldano appresentatosi, quanto dalla vecchiarella gli era stato insegnato, interamente operò. di che il consigliere per vergogna arroscitosi, chiamato il vecchio da parte, à fine che al sermon suo havesse à por fine, da se con gran numero di danari lo licentiò. ma di cotal vergogna ancora non guari dopo scordatosi, col la Soldana, di cui egli era ferventissimamente innamorato, in amorosi diletti ritornò à tratenersi. di che sendosi Rammo ultimamente aveduto, ne piu potendo l'insolenza di lui tolerare, di palesare il tutto al Soldano si dispose. onde in forma della vecchiarella tramutatosi, fatta la seguente mattina per tempo secreta audienza dimandare, à lui presentatosi, Sire, dissegli, perciò che io, come buona vassalla vostra, non minor cura dell'honor vostro, che del mio proprio debbo havere, havendo uno gran tradimento iscoperto, che dal consegliere vostro piu fiate io ho veduto à farvi, ho statuito, à fine che vi possiate da si reo, et malvagio ministro liberare, il tutto di subitamente palesarvi. havete dunque à sapere, che hora la Soldana, consorte vostra, al lato del disleale consegliere nel letto coricata, con lui in amorosi giuochi si tratiene, et, comme che piu fiate io di ciò aveduto mi sia, nondimeno non [p. 53r modifica]potendo persuadermi, che la rea donna, che col consigliere vedevo, la Soldana si fusse, sino ad hora, che accertata mi sono, cotal misfatto non ho osato di farvi palese. hor à fine che voi non crediate, ch'io alcuna menzogna vi racconti, venitevene meco, che il tutto io vi faro co' proprij vostri occhi vedere. onde aviatosi con Rammo il Soldano, fu da lui in una parte del palagio condotto, dove in un camerino dentro di un ricco letto il malvagio consigliere colla rea femina strettamente abbracciati si ritrovavano. il che veduto che hebbe il Soldano, di sdegno, et rabbia fieramente acceso, diliberò rigidamente di cotal misfatto vendicarsi. mà perciò che molto dubitava, che non havesse la vecchiarella ciò ad alcun'altro à palesare, caramente pregatala, che seco havesse fino à tanto à dimorare, che al consigliere, et alla moglie sua havesse crudel morte data, diede ordine, che in una camera alla sua vicina fusse custodita. mà Rammo, à cui hoggi mai tempo parea di fare al padre l'error suo conoscere, havendolo si ingiustamente dallo stato iscacciato, fattagli da quelli, che lo custodivano, audienza dimandare, dinanzi à lui nella forma della vecchiarella presentatosi, et fatti tutti gli altri licentiare, essi due soli rimasero. onde havendogli fatto conoscere, che egli Rammo suo figliuolo, et havendo lasciata la forma, nella quale gli era dinanzi comparso, et nella sua ritornato, fu dal padre incontanente conosciuto, à cui raccontata l'historia [p. 53v modifica]da principio, et i secreti, che egli haveva da tre viandanti apparati, la falsa oppositione dal disleal consigliere, et dalla malvagia Soldana fattagli gli ramemorò. poscia havendogli i castighi racconti, che egli piu fiate co gli apparati secreti al reo huomo dati havea, infiniti preghi gli porse, che lui, et la malvagia Soldana dello stato suo iscacciando, volesse loro la vita donare, massimamente havendo egli la figliuola di lui tolta per moglie, la quale supplicemente lo pregava, che non volesse colla morte del padre in lagrimevole stato in perpetuo constituire. le quai parole da Rammo dette. non pote il Soldano le lagrime da dolcezza contenere, et strettamente abbracciatolo, tutto che l'animo di mal talento pieno contra il consigliere, et la Soldana havesse, nondimeno la vendetta tutta all'arbitrio del figliuolo rimesse. il quale incontanente dello stato del padre il disleal consigliere, et la malvagia Soldana iscacciati, et d’ogni lor sostanza privatili, le sponsalitie sue solennemente celebro, et non molto dopò venuto il padre à morte fatto egli dello stato suo padrone, lungamente tranquilla, et felice vita passò.

P
iacque sommamente à Behramo la maniera da Rammo tenuta nel vendicarsi del disleale, et perfido consigliere, et della malvagia Soldana; i quali havendo lui del lor misfatto al padre accusato, essi rigidamente ne furono castigati. et poscia che hebbe di cotal perfidia alquanto con suoi baroni
[p. 54r modifica]divisato, commandò, che al quinto palagio, qual tutto di verdi adornamenti era guarnito, il seguente giorno, che Venerdi era, la corte de panni dell'istesso colore vestitasi havesse ad aviarsi. il che da ciascheduno essequito. all'hora di terza quivi tutti furono arrivati. dove egli colla donzella, che ivi era, per buon pezzo dolcemente tratenutosi, et con dilicatìssimi cibi ricreatosi, fece il quinto novellatore à se venire, il quale sapendo la cagione, perche era chiamato, dopo l'haver l’Imperatore riverentemente salutato, cosi cominciò. Fu nel paese di Hottenne uno grande et eccellente filosofo, il quale molto dell’arti mecaniche dilettandosi, in quella dell'oraffo tanto valea, che ciascheduno de suoi tempi avanzava; et oltre molt'altre belle opere, che di continuo facea, formo un giorno una statua d'argento d'artificio tale, che qualunche volta dinanzi à quella alcuna bugià si diceva, incontanente si metteva à ridere. il che pervenuto all'orecchie del prencipe di quel luogo, che Mussulmano era, la volle vedere, et datasi molt'ammiratione del grande artificio, che in quella scorse, la fece al filosofo dimandare, perciò grossa somma d'oro offerendogli. mà il filosofo, che di danari poca stima facea, et di farsi grato al suo signore sommamente disiderava, glie ne fece dono. per cagione di questa statua fece il prencipe presso il suo palagio uno grande, et bellissimo seraglio, il qual era quadrangolare, et ne cantoni, l'uno de quali sopra [p. 54v modifica]uno fiume, l'altro sopra la stalla, il terzo sopra la cucina, et il quarto sopra la cantina del prencipe guardava, fece quatro ricchissime habitationi fabricare; et in esso seraglio fatta la statua sopra un’alta base collocare, da negocij libero quivi per via di diporto spesse fiate era solito di venire, et co suoi baroni di varie cose divisando, facendo nel ragionamento alcuna bugia cascare, la statua à ridere incitava: di che egli gran diletto haver solea. era questo prencipe huomo nelle scienze assai singolare, et ne studij molto essercitato. onde havendo in molti auttori letto quanto malvagio, et perfido animale la donna si fusse, s’era sino da prim’anni risolto di non voler mai prender moglie. di che tutti i popoli à lui soggetti ne sentiano molestia incredibile. perciò che, essendo egli prencipe virtuoso, et perciò à ciascheduno gratissimo, di lui desideravano di veder prole, che nello stato havesse à succedere. onde iti uno giorno alla presenza sua quattro de' principali suoi baroni, s’isforzarono con molte ragioni di fargli conoscere che, come che nella maggior parte delle donne si ritruovino di molti inganni, et che siano animali imperfettissimi, non è però, che di saggie anco, et buone non se ritrovassero, conchiudendo, che non però si dee restare di prender donna; il che à quelli massimamente è richiesto, che si ritrovano di gran stato padroni, si come egli era, per poter di se successori lasciare; per le quai ragioni da molt’altre [p. 55r modifica]accompagnate à ciò fare lo persuadevano; dicendo anco, che, ove pur per tanto perfido animale la donna riputasse, potea di otto, ò dieci fare la scielta, ch’in guisa tale agevolmente potrebbe avenire, ch’una buona ne potesse ritrovare, la quale poscia accettata per moglie, havesse dello stato suo alcuno successore à generare. alle quai parole, tutto che il genio suo da ciò lo ritrahesse, havendo il prencipe alquanto prestate l'orecchie, diliberò di fare di ciò prova per non esser da suoi popoli mai di molta ostinatione giustamente ripreso. onde havendo la bellezza, et conditioni di quattro vergini, figliuole di quattro gran signori, amici suoi, intese, mando loro quattro ambasciatori à richiederle: i quali di preciosi doni da quelli presentati, al lor prencipe fra poco spacio le vergini recarono. le quai da lui lietamente, et con grand'honore ricevute, diede ordine, che à ciascheduna di esse fusse una delle quattro habitationi assignata, che negl'angoli del seraglio, dove la statua si ritrovava, erano fabricate: et essendo l'hora di gia tarda, fattasi una di esse condurre alla stanca, comincio ad accarezzarla, et abbracciarla; et di varie cose con le divisando, posto la mano in uno canestro di rose sfogliate, che presso di lui havea, tolte alquante frondi, et volendole nelle mamelle della giovane gittare, avenne, che una ben picciola fronduccia sopra la faccia le venne à cadere; onde dimostrando ella di sentire per la percossa della fronde [p. 55v modifica]grandissimo dolore, incontanente finse di tramortire. di che il prencipe dolorato assai, chiamati i suoi camerieri, et fattosi dell'aceto recare et con l'acqua rosata mescolatolo, postolo al naso della giovane, et bagnatele le tempie, mostrò ella, che i spiriti le fussero ritornati: et per alquanto spacio riposata, levata poi in piedi, presala il prencipe per la mano, alla finestra della camera pian piano la condusse, dove alzati gl'occhi verso la statua, la vide à ridere, et incontanente dell'inganno s'accorse, et della finta, che havea la giovane fatta di essere per la percossa della fronde tramortita. nondimeno dissimulando egli ciò, et con lei di cotal accidente divisando, alla finestra appoggiatosi, postasi ella incontanente le mani alle faccia, se la coperse; il che fece, fingendo di credere, che la statua uno huomo si fusse, da cui ella al prencipe dimostrar volea non essere lecito, che fusse veduta; mà egli che del primo inganno di gia s'era accorto, scorse anco il secondo, et verso la statua rivoltosi la vide à ridere. onde accertatosi, che la malvagia giovane era di fraude ripiena, à fine che ella non s'avedesse, che egli dell'inganno di lei si fusse accorto, volle seco quella notte giacere, et la mattina seguente per tempo levatosi, et accarezzatala all'hahitatione sua, qual sopra la stalla era, la rimandò. poscia, secondo 'l costume de' Mussulmani, entrato nel bagno, et lavatosi, diede ordine, che un'altra delle giovani fusse alla presenza sua condotta. la [p. 56r modifica]quale havendo egli con lieta faccia nel suo cortile incontrata presala per la mano seco nella sua camera la condusse: et essendo di un'habito d'armelini vestito, avenne, che accostandolesi, et gittandole le braccia al collo, col pelo dell'armelino le mamelle le coperse. onde dimostrando ella, che ciò gran molestia l'havesse apportato, Ohime disse, Sire, allargatevi di gratia alquanto, perciò che il pelo dell'habito vostro sento che stranamente la carne mi rode, et mi reca infinito dispiacere. dalle quai parole conoscendo il prencipe la malvagita, et l'inganno della giovane, verso della statua rivolto, la vide à ridere, et della fraude s'accorse. mà dissimulando egli ciò, Tu hai in vero, le rispose il corpo molto dilicato, et poscia che tanta molestia dal pelo dell'habito mio tu ti senti recare, mi fo à credere, che essend'il corpo tuo tale, la faccia tua molto piu delicata habbia ad essere, et in cotal guisa seco divisando, accostatosi con essa ad uno specchio, che nella camera si ritrovava, si pose all'incontro di quello presso la faccia di lei, et dentro tutta due guardando, si mise ella le mani incontanente alla faccia, et dimandata dal prencipe per qual cagione ciò facesse, Perche diss’ella, non porta il dovere, che da altro huomo, che da voi, io sia veduta. et perche di gia s'era il prencipe della falsita aveduto, da nuovo alla statua rivoltò, la vide à ridere. nondimeno egli dissimulando il tutto, la notte colla giovane giacer volle: et la mattina per tempo levatosi [p. 56v modifica]all'habitatione sua, quale sopra la cucina era, la rimandò; et egli nel bagno entrato, et per alquanto spacio dimoratovi, uscito, diede ordine che la terza giovane gli fusse condotta: laquale alla presenza sua arrivata con allegra faccia raccolse, et con essa entrato nel giardino del palagio, nella fresca herba s’assettarono, di varie cose divisando. quivi uno bellissimo lago si ritrovava, che per la diversita de pesci, che per entro si scorgeano, era molto dilettevole à vedere. al quale accostatisi gittosi subitamente la giovane uno velo sopra la faccia; et dal prencipe, perchè ciò facesse interrogata, rispose, Perche in questo lago si sono de pesci maschi, da quali non è cosa honesta, send'io donna, ch'io sia veduta. per le quai parole avedutosi il prencipe, che questa dell'altre due non era migliore, volendosi di ciò accertare, alla statua rivolto, che ridea s'accorse. ne guari anco stette, che essendo in esso lago una picciola, et bellissima navicella colle vele aperte, et con molte figurine d’intaglio, che alle gran navi, che l'alto mare varcano, s’assomigliava, la quale per adornamento del lago fabricata, quivi era stata riposta, avenne che dal vento hor in questa, hor in quella parte del lago isbattuta, si sommerse. il che dalla giovane veduto, fingendo ella di tramortire, cadde à terra, et in se ritornata, della cagione dell'angoscia sua dal prencipe dimandata, Perche, disse, il veder à sommergere quella navicella co marinai, che entro vi si ritrovavano, grandissimo travaglio [p. 57r modifica]mi diede. onde il Prencipe della fraude, et malvagità della giovane avedutosi, havendo dimostrato per le figurine di legno, che in essa navicella erano sommerse, di tramortire, alzati gli occhi alla statua, la vide à ghignare, et che non s'ingannava, s'accertò. ma di ciò non dando alla giovane segno alcuno, et carezzandola, con lei quella notte giacer volle. et la mattina per tempo all'habitatione sua, quale sopra un fiumicello era fabricate, rimandatala, la quarta, uscito ch'ei fu del bagno, fece à se condurre. laquale alla presenza di lui vedutasi, et non glisi volendo per riverenza accostare, presala egli per la mano, molte carezze à farle cominciò. ma perche tutta honesta, et di bei costumi ornata la vedea, dubitando, che quest’anco all'altre simigliante, malvagia si fusse, rivolti alla statua gli occhi, non la vide à ridere; percioche veramente buona, et honesta era. onde con ella anco quella notte giaciuto, la mattina alla habitatione sua, laquale presso alla cantina era, la rimandò. ma percioche cotesta giovane giudicò egli per la humiltà, et molta riverenza, che gli facea, dover essere di alcun povero, et vil'huomo, et non di prencipe figliuola, nell'avenire col altre tre usando, con ella piu giacer non volle. hor avvenne, che gito una sera alla stanza di quella, che dalla fronde della rosa nella faccia percossa, finse di tramortire, con essa dopo cena coricatosi, et per buon pezzo in varij ragionamenti tratenutosi, s'addormentò, et dopo [p. 57v modifica]alquanto spatio risvegliato, credendosi ritrovare la giovane appresso, s'avidde, che nel letto non era. di che datasi molta ammiratione, et incontanente levatosi, acceso il lume, in ogni parte della stanza diligentemente la cercò; et tutte le porte chiuse ritrovando, quella sola, che alla stalla conducea, s'avide esser aperta. onde di grave ira acceso, tolta la spada, et per la porta, che aperta ritrovò, alla stalla aviatosi, udi la giovane grandemente à gridare, et in un cantone ritiratosi, vide, che'l stalliere co calci, et pugni fieramente la battea, perciò che tanto l'havea fatto aspettare. ond'ella dirottamente piangendo et iscusandosi, che prima non havea potuto andarvi per cagione del signore, con cui quella notte era giaciuta, dissegli, che tantosto ch'ei s'addormentò, levatasi dal letto, quivi con ogni prestezza se ne venne, molti preghi porgendogli, che di batterla volesse cessare. lequai cose vedendo il prencipe, tutto pieno di mal talento appena di tutte dua ucciderli si pote astenere; nondimeno havendo alla dignità sua riguardo in altro tempo la vendetta della malvagia femina volle riservare, fra se stesso dicendo; Malvagia femina, come puoi tu si fiere battiture sopportare, sendo si dilicata la tua faccia, che da una fronduccia di rosa percossa alla presenza mia tramortisti? et il grande arteficio della statua vero esser s'accorse. poscia d’indi partitosi, et al letto ritornato, di ciò per poter dell'altre la malvagità vedere, con alcuno [p. 58r modifica]non fece parola. il seguente giorno poi all'hora solita mandata à torre la seconda giovane, à cui sopra la cucina era la stanza assignata, con essa sin'al tardo in varij ragionamenti tratenutosi, sendo di gia preparata la cena, alla mensa soli si assettarono, et quivi per gran pezzo in dilettevoli ragionamenti il tempo passando, levate le tavole, finse il prencipe di addormentarsi, et in cotal guisa per lo spatio di due hore dimorando, si fece à credere la giovane, che egli veramente si fusse addormentato. onde chetamente levatasi, aperto l'uscio della camera, verso la cucina s'aviò: ma il prencipe, che altrimenti non dormiva, et del tutto s'era aveduto, pian piano'anco egli seguitala, vide la giovane, incontanente che alla cucina arrivò, essere dal cuoco strettamente abbracciata, ilqual per la man presala, et sopra un monte di spinose legna coricatala, in amorosi piaceri dolcemente si tratenea. di che datasi egli molta ammiratione, et vedendo, che colei, à cui la veste d’armellini, che le mammelle leggiermente le havea toccate, havea si gran molestia recata, che quasi la fece tramortire, non si sentiva dalle spinose legna offendere, Costei, veramente, disse gli, non è men rea, et malvagia dell'altra, et hor conosco, che verissimo giudicio anco di lei la statua fece. nondimeno il tutto con silentio tra passando, à giacersi ritornato, la seguente notte per poter anco della terza isperienza fare con gran disio aspettava. hor la mattina per tempo levatosi insin'al [p. 58v modifica]la hora di Vespro niun'altra cosa per lo pensiero rivolgea, che come havesse le scelerate donne à castigare. poscia fatta la terza, che nella stanza sopra il fiume habitava, alla presenza sua venire, tutto che di lei niente di meglio, che dell’altre veduto havea, si sperasse, nondimeno la cominciò à carezzare, et in dilettevoli ragionamenti sin'alla notte tratenutala, preparate le tavole, si misero à cenare, poscia per alquanto spatio, havendo alcune finissime musiche udite, se ne girono à dormire: et coricatosi il prencipe, percioche sommamente della malvagità di quessta anco disiderava di accertarsi, non guari stette, che dicendo alla giovane di sentirsi stanco, finse di voler riposare. ilche havendole agevolmente persuaso, et giudicando ella che egli veramente fusse addormentato, chetamente à guisa dell’altre dal lato di lui levatasi, aprendo l’uscio pian piano, della camera se n'uscì, et verso una scala, che al fiume conducea, si aviò. dove poscia che fu arrivata, spogliatasi, et postisi i panni in capo, prese un gran vaso di terra, che quivi vuoto si ritruovava, et sotto le braccia messolsi, per non s’affogare, dall’altro canto del fiume passò. dove giunta presa da un contadino, et strettamente abbracciata, sopra l'argine del fiume tutte dua coricatisi amorosamente per buon spatio di tempo si dilettarono. laqual operatione havendo ottimamente il prencipe veduta, percioche levatosi dal letto sino sopra'l fiume occultamente la seguitò, [p. 59r modifica]questa anco non men dell'altre rea esser conobbe: laquale havendo finto di tramortire per una picciol navicella, che nel lago vide dal vento esser sommersa, et la faccia, à fine che i pesci maschi non la vedessero, si coperse, con tanto pericolo il fiume passando, veramente di fraude, et inganno esser ripiena col rider suo havea la statua dimostrato. nondimeno non facendo egli di ciò motto alcuno, nella camera se ne ritornò, et al letto gittosene, il seguente giorno con gran disio aspettava per far della quarta ancora l'istessa prova, che dell altre tre fatta havea. et la mattina per tempo levatosi, et sino alhora di Vespro ne gl'affari suoi tratenutosi, diede ordine, che la giovane havesse à lui à venire, col laquale nel giardino sino al tardo in varij ragionamenti il tempo passando, alla mensa, che quivi riccamente era preparata, s’assettarono, et al fine di essa con finissimi suoni, et canti pervenuti, al letto se ne girono. et quivi dopo varij ragionamenti tra lor fatti, fingendo il prencipe d'addormentarsi, la giovane chetamente dal lato levatagli, et vestitasi, et tolto uno libricciuolo in mano, passò in un camerino vicino à far oratione. ma il prencipe, che il tutto vedea, facendosi pure à credere, che questa anco l'havesse ad ingannare, senza alcuno romore anch'egli vestitosi la seguitò; et veduto che ella quivi faceva oratione, non però volle ancora, che buona fusse, accertarsi; ma dimorato alguanto, et venuta ella al fine dell’oratione, et verso [p. 59v modifica]l'uscio del camerino per uscire aviatasi, il prencipe incontanente, per non esser da lei veduto, al letto se ne ritornò; et ella tornatasi à spogliare da nuovo chetamente al lato di lui si coricò: nondimeno con tutto ciò non potendo egli ancora, che questa buona fusse, persuadersi, giudicando, che con finta di santità lo volesse ingannare; et perciò havendo diliberato di seco le tre seguenti notti giacere, per cotal spatio di tempo seco la ritenne; et accortosi, che veramente la giovane, buona, et virtuosa era, havendola continuamente veduta à perseverare nell'oratione, eleggendo fra se stesso questa per sua moglie, dell'ingiuria dall'altre tre fattagli diliberò di rigidamente vendicarsi. et havendo egli fra molti fieri animali, de quali gran copia n'havea, et ne' spettacoli, facendoli insieme combattere, solea servirsi, uno horribile, et spaventevole mulo, chiamati una sera al tardo i suoi servi, et con essi nella stalla entrato, diede ordine, che levando quello dal luogo, dove si ritrovava, ivi lo dovessero legare, dove egli sapea, che la rea femina havea à passare. ilche poscia che fu da loro essequito, à fine che lo stalliere non l'havesse da quel luogo à rimuovere, dove l'havea fatto legare, impose loro, che quella notte nella stalla insieme col stalliere havessero à dimorare. et ritornato nella camera sua, ordinò, che la giovane, quale nell'habitatione sopra la stala dimorava, dovesse à lui venire. onde ella al commandamento [p. 60r modifica]presta, incontanente alla presenza del prencipe si ritrovò; ilquale con lieta faccia ricevutala, havendo un'honorato convito fatto preparare, con essa alla mensa si assettò, et quivi per buon spatio di tempo in suoni, et canti tratenutisi, levate le tavole, essendo l'hora di gia tarda, presala il prencipe per la mano seco à giacere, et incontanente che egli si coricò, mostrando di esser stanco, finse di addormentarsi. ilche dalla vil femina veduto, havendo ella l'animo al suo stalliere, presi i suoi panni, et chetamente del letto levatasi, si come l'altra fiata fatto havea, verso alla scala, che alla stalla conducea, s'aviò: et à basso scesa, giudicando, che'l stalliere ivi l'havesse ad aspettare, dove l'altra fiata aspettata l'havea, à canto del fiero mulo s'andò à coricare: ilquale di ciò avedutosi, co' calci, et co’ denti si fieramente l'assali, che in poco spatio di tempo gli diede aspra, et crudel morte. ilche havendo il seguente giorno que' servi, che col stalliere rimasero, fatto al prencipe intendere, tutto che egli di ciò mostrasse di grandemente dolersi, incredibil letitia gl'apportarono. et perciò che l'altre due ancora havea diliberato di far morire, fatta quella giovane à se venire, che sopra la cucina la sua stanza havea, et con essa, si come coll'altra, che'l mulo uccise, cenato, et lietamente tratenutosi, sendo l'hora tarda s’andò à giacere; havendo però prima ad un suo intimo cameriere dato ordine, che all'hora all'hora i quattro primi gradi della [p. 60v modifica]scala, che alla cucina conducea, havesse à sconficare. ilche sendo stato pienamente fatto, et egli colla giovane, sendosi lungamente in amorosi ragionamenti tratenuto, finse d'addormentarsi. ond'ella, che malvagia era, et che non il prencipe, ma il cuoco suo ardentemente amava, pian piano dal lato di lui levatasi, prese i suoi panni sotto le braccia, verso la cucina s’aviò, et alla scala arrivata, ponendo il pie per scendere, et non ritrovando i gradi, traboccò, et perciò che alto era il precipitio, tutte l'ossa rompendosi incontanente di questa vita passò. di che il prencipe lieto, et

allegro assai ne rimase, tutto che di ciò à cui le portò cotal novella, mostrasse di sentir gran dispiacere. et percioche della terza sola gli restava a vendicarsi, mandatala il seguente giorno su'l tardo à chiamare, giunta dinanzi à lui grandemente l'accarezzò, et con essa, si come con l'altre due fatto havea, nel convito et in diversi ragionamenti sin allhora del dormire tratenutosi, girono à coricarsi; havendo però il giorno ad un intimo suo barone imposto, chel vaso di terra cotto facendo rubbare, qual ella solea sotto le braccia porsi, per sicuramente poter il fiume varcare, nel proprio luogo, dove riposto era, un'altro à quello simile, che crudo fusse, havesse à collocare. ilche da quello fu diligentemente essequito. hor essendosi il Prencipe colla rea femina coricatosi, et con essa di amorosi successi havendo lungamente divisato, si come l'altre fiate fatto havea, finse di [p. 61r modifica]addormentarsi, di che come prima ella s'accorse, chetamente levatasi, presi i suoi panni, della camera usci, et alla riviera aviatasi, postilisi in testa, tolse il vaso, che crudo era, et sotto le braccia acconciolsi, credendo che l'usato fusse, entro nel fiume, dove sommergendosi il vaso, percioche crudo era, ella anco subitamente s’affogò, ilche essendo la mattina al prencipe riferito gli diede una compiuta allegrezza, essendosi delle tre ree, et malvagie femine si rigidamente vendicato, poscia volendo al pensier suo intero compimento dare, la quarta giovane, quale all'oratione tutta era rivolta, per la bontà, et rare virtù, ch'in lei scorse, prendendo per moglie, fece con grandissima solennità le sponsalitie celebrare, et di essa in poco spatio di tempo havuti tre figliuoli maschi, i suoi vasalli, che di lui prole disideravano di vedere, infinitamente racconsolo, et col la moglie in virtuose opre tutto di tratenendosi, molti anni tranquilla, et felice vita passarono.

G
ran compassione all'Imperadore mosse il caso alle tre malvagie femine avenuto, per la crudele, et aspra sorte di morte dal prencipe Mussulmano lor data: nondimeno il lor misfatto biasimando, la perfidia delle donne egli anco gravemente acusava. alqual ragionamento posto che egli hebbe fine, diede ordine che la corte sua di bruno vestitasi, del qual colore era anco il sesto palagio tutto guarnito, la seguente mattina del Sabbato quivi havesse à
[p. 61v modifica]cavalcare. onde postosi il Sabbato mattina per tempo con tutti i suoi baroni in camino, nello spatio di tre hore all’alloggiamento arrivarono. dove havendo egli la donzella ritrovata, per la mano presala, poscia ch'in varij ragionamenti s’hebbe con lei alquanto tratenuto, s'assettò alla mensa, qual'era di nobilissime vivande abondantissima. et dopo desinare havendo nella camera sua preso alquanto di riposo, dinanzi à se fece il sesto novellatore chiamare: ilquale alla presenza di lui comparso, fattagli un'humil riverenza, à raccontar la sua novella in cotal guisa cominciò.

In Serger paese mio da questo assai luntano, per la bellezza di giardini, et di chiare fontane vago oltre misura, una citta Letzer chiamata sopra la marina posta siritruova, dove fu gia uno gran Re Mussulmano; ilquale amichevolmente i cittadini, et forastieri trattando, in poco spacio di tempo assai famoso divenne: onde la città di lui di ricchi mercatanti Cbristiani, et Saraceni sempre abondava. à questo Re, venuto ch'ei fu à morte, il figliuol successe, ilquale dalla virtu del padre assai luntano, sendo à ciascheduno per la malvagia sua natura molesto, et grave assai, era grandemente da suoi vassalli, et da stranieri odiato. hor havendo per cotal cagione gran parte di mercatanti la città abandonata, pochi ve ne rimasero, tra quali furono due vecchi, carissimi amici, huomini di grande honore, et di gran thesoro padroni; i quali essendo Christiani, et i [p. 62r modifica]commandamenti di Dio osservando, ove havessero havuti figliuoli lieta, e tranquilla vita compiutamente harrebbono passata. di che sendosi un giorno insieme doluti, in fine del loro sermone pattuirono, ove loro in alcun tempo fussero nasciuti figliuoli, essendo l'uno maschio, et l'altra femina, di fare, che in matrimonio s’havessero à giugnere: ne guari di tempo stette, che del loro disiderio furono essauditi: percioche quasi ad uno istesso giorno le lor mogli l'una il maschio, Feristeno chiamato, et l'altra la femina, Giulla nominata, figliuoli veramente di maravigliosa bellezza, con grandissimo lor contento partorirono. i quali havendogli sino al tempo di poterli alla scola mandare virtuosamente allevati, poscia ad una dotta, et santa persona li consignarono, à fine che et letere, et costumi havessero ad apparare; ne andò loro il pensier fallito: percioche essendo i fanciulli di bellissimo ingegno dotati, quanto dal saggio precettore era lor insegnato, tanto apparavano, et tutto che in tenera età ancora fussero, si fattamente nondimeno s'amavano, che non poteano l’uno dall'altro troppo lungamente stare divisi: et percioche il lor precettore, oltre l'altre virtu sue, nell'acconciare i mazzuoli di rose, o d’altri fiori si fattamente valea, che agevolmente qualunque faccia di huomo, o di donna con quelli solea figurare, di cotal arte i fanciulli molto dilettandosi, in quella anco, oltre l'altre virtu, di tanta eccellenza divennero, che'l [p. 62v modifica]precettore in non molto spatio di tempo di gran lunga hebbero avanzato. mà essendo hoggi mai la fanciulla all'età di dodici anni pervenuta, et havendo quanto à quell’età s’acconveniva della virtu apparate, il padre levatala dalla scola, dalla madre in casa sua la facea custodire. di che Feristeno doloroso quanto mai alcun' altro fusse, vedendosi da colei, che tanto amava, essere diviso, di passione si sentia morire, nellaquale sendo per lo spacio di uno anno continuaro, et ogni giorno sentendosi maggiormente dell'amore di lei trafitto, di farle ciò in alcuna maniera intendere si dispose. onde havendo uno mazzuolo di rose, et altri fiori con tal'artificio composto, che la faccia di lei in quello viva si scorgea, per un suo servo secretamente glielo mandò. ricevuto dunque Giulla dal suo Feristeno, ilqual'ella sopra ogni altra cosa amava, uno cosi raro, et nobil dono, piu fiate bacciatolo, nel suo giardino subitamente corse, dove raccolti molti fiori, et in un mazzuolo il vivo suo ritratto di Feristeno havendo figurato, per l'istesso servo glie lo mando; ilquale quantunque Feristeno havesse con grande allegrezza veduto; nondimeno per lo grande amore, che le portava, non guari dopo, una grave infermita ne gli sopravenne. di che sendosi il padre aveduto il soverchio amore, che il figliuolo à Giulla portava, essere cagione, senza alcuno indugio al padre di lei, laquale per l'istesso accidente ne' medesimi termini si ritrovava, se n'andò. [p. 63r modifica]à cui disse, I patti, amico carissimo, si vogliono osservare. la tua figliuola è hoggi mai venuta in età da marito, et Feristeno è presto di prenderla per moglie. onde caramente pregoti, che le lor nozze tantosto facciamo, per poter loro, che si ardentemente si amano, da certa morte liberare. al che fare il padre di Giulla sendo prontissimo, ordinata una gran festa, le sponsalitie fecero solennemente celebrare. et percioche la fanciulla era di maravigliosa bellezza, incontanente di ciò all’orrecchie del Re la fama corse. ilquale, tutto che veduta non l'havesse, per udire nondimeno tanto la belta di lei à celebrare, di vederla si dispose: et subitamente fatti per i suoi ministri di Feristeno, et di Giulla i vecchi padri à se chiamare, impose loro, che l'istesso giorno senza alcun fallo i figliuoli, di cui le sponsalitie haveano celebrate, dovessero alla presenza sua condurre. al cui commandamento i buon padri presti, cò giovanetti di ricchi panni guarniti, si come allo stato loro s'acconvenia, al palagio reale s'aviarono: et dinanzi al Re comparsi, tantosto ch’egli della bellezza della sposa si fu accertato, laquale anco maggior gli parve di quello, che la fama sonato havea, dell'amor di lei sentendosi fieramente trafitto, à Feristeno rivolto, Io ti commando disse, che tu d’altra donna provedendoti, cotesta fanciulla habbia per la persona mia à rilasciare: percio che io à piacer mio di lei intendo di disporre: et ciò ove tu non habbia nello [p. 63v modifica]spacio di tre giorni essequito, hai à sapere, che incontanente io ti farro la testa dal busto spiccare. le quai parole havendo à Feristeno infinita noia recata, Sire, al Re ripose, strana nel vero, et dura parmi la propostra vostra: et à fine che tosto habbiate il fiero proponimento vostro ad essequire, tutto che io non sia mai d’alcuno stato micidiale, et perciò di cotal morte, qual voi mi proponete, io non sia degno, vi fo intendere, che vivo la sposa mia ne à voi, ne ad altro huomo sono mai per rilasciare. dalla qual risposta giudicandosi il Re grandemente offeso: percioche havendo egli un suo fratello ucciso, al cui figliuolo, prima che'l Re lor padre della presente vita passasse, gli fu da lui imposto, c'havesse una sua figliuola à maritare; ilqual misfatto per non haver ad ubidire il commandamento del padre commise, et poscia il nipote, et la propria figliuola, che gl'havea ad esser moglie, à perpetua prigione condennò: et conoscendosi egli micidiale, et per la risposta di Feristeno degno della morte: Dunque diss'egli fra se stesso, costui per haver'io il mio fratello ucciso, altro non mi vuol colle parole sue significare, salvo che non egli, ma io, che micidiale sono, di pena capitale debbo essere dannato. onde havendo l'animo pieno di mal talento, à suoi ministri impose, che legato, et incarceratolo, le seguente mattina per tempo l'havessero à gittare in mare; poscia al padre della fanciulla rivolto, E' tu, diss'egli, sino che altro [p. 64r modifica]io ti faccia intendere, la tua figliuola, quale fra pochi giorni secondo la legge mia di spofare intendo, presso di te custodirai. et posto fine al suo sermone, i miseri, et dolorosi padri, quali per cotal accidente in grande confusione si ritrovavano, dalla presenza sua licentiò. poscia rimaso egli solo, tutto che dell'amore di Giulla fusse fieramente acceso, nondimeno havendo ancora in se alcuna scintilletta di ragione, sopra la risposta da Feristeno datagli volle de' suoi dottori il consiglio ricercare. onde fattili dinanzi à se venire, il tutto per ordine lor racconto, et, che sopra di ciò l'havessero à consigliare loro impose. intesa dunq; i dottori la proposta dal Re lor fatta, et conoscendo, ch'egli contra Feristeno nissuna ragione non havea, dal piu vecchio di loro in cotal guisa gli fu risposto; Io giudicherei, Sire, ottimamente fatto, che'l giovanetto Christiano fusse sprigionato: percioche non essendo egli stato micidiale, ingiustamente si farebbe à dargli la morte: et nella nostra legge noi ritrovamo, che Macometto ci promette di dovere inimichevolmente coll'ira sua il giorno del giudicio tutti que' Mussulmani per seguitare, i quali à Christiani tributarij alcuna ingiuria harranno fatta. le quai parole tutto che al Re gran timore apportassero, non dimeno il fiero suo proponimento lasciar non volle; et da nuovo chiamati à se i suoi ministri, lor impose, che'l misero Feristeno havessero la seguente matina à gittare in mare. mà Iddio giusto riguardatore [p. 64v modifica]dell'innocenza del giovanettto, volendolo dall'ingiusta sentenza del Re liberare, et il missero, et dolente padre racconsolare, allo scampo di lui in cotal guisa ritrovò compenso. havea il precettore di Feristeno uno figliuolo, Giassemen nominato, ilquale, oltre molte altre virtu, nell'arte di far cave sotterra colla virtu di una sua verga si fattamente valea, che in picciol spaccio di tempo tre, et quattro miglia di strada s'harrebbe fatto, et appresso ogni grosso muro con quella rompea, et racconciava di maniera, che niuno, per huomo accorto ch'ei si fusse stato, non se ne sarebbe giamai potuto avedere. cotesto giovane d’uno lungo viaggio l'istesso giorno dell'accidente à Feristeno avenuto al tardo ritornato; et intesa la crudele, et ingiusta sentenza dal Re datagli, teneramente amandolo, da cotal sciagura si dispose colla virtu sua di liberarlo; et ito alla stanza del padre di lui, et fattogli ciò intendere, tutto lo racconsolo. sopragiunta dunque la notte aviatosi Giassemen verso'l luogo, dove Feristeno incarcerato si ritrovava, tolta la verga in mano, per sotterra si fece la via alla prigione, il cui muro dopo c'hebbe rotto, quivi il misero giovanetto, che in sante orationi dimorava, ritrovo: et chiamatolo, et per la mano presolo, dopo uno lungo ragionamento lo pregò à stare di buon'animo, promettendogli, che ancora à suo bell'agio la sua Giulla si goderebbe, et in cotal guisa trattolo della prigione havendo, il muro, come prima era, [p. 65r modifica]racconciato, al vecchio, et doloroso padre lo condusse, ilquale, poscia che'l figliuolo hebbe veduto, per soverchia letitia lagrimando, l'abbracciò. poscia, percioche il giorno si avicinava, et tempo non era in lunghi ragionamenti di dimorare, à Giassemen rivolto, et quelle gratie rendutegli, che al gran beneficio da lui ricevuto s'acconveniano, caramente lo pregò, che havendo egli Feristeno dalla morte liberato, di lui anco havesse à prender la cura, in alcuna parte della città sino à tanto nascondendolo, che altro havessero potuto diliberare. al che dimostratosi Giassemen prontissimo, ricevuta dal vecchio buona somma di danari, et quelle provisìoni fatte, che al vivere loro erano necessarie, tolta una casa à pigione, quall'era alle mura della città vicina, quivi Feristeno condusse. hor, come prima fu giorno, volendo i ministri del Re il commandamento di lui essequire, chetamente verso la prigione aviatisi, et in quella entrati, Feristeno non vi ritrovarono; et accessi molti lumi per vedere se in alcuna parte fusse stata rotta, intera, et sana la videro. del qual accidente tutti stupefatti, à consiglieri del Re subitamente corsero à raccontarlo; i quali datasi grande ammiratione, variamente l'interpretavano; dicendo alcuni, che non essendo la prigione in alcuna parte rotta, ciò era per l’innocenza del giovane miracolosamente avenuto; al che gli altri non assentendo, con dire, che i Christiani erano carichi di peccati, al Re dello scampo di Feristeno davano la [p. 65v modifica]cagione, per haver egli nella sentenza à lui data contra la legge Musulmana operato. mà percio che la fiera natura del Re conosceano, ilquale, ove gli fusse caduto nel pensiero, che i ministri per danari havessero lasciato Feristeno fuggire, harrebbe lor data crudel morte, conchiusero, che ciò non gli havesse à palesare, et à ministri ordinarono, che tratto dall' altre prigioni alcuno mal fattore degno della morte, quello havessero à gittare nel mare, et subitamente al Re riportassero di havere la mattina per tempo à Feristeno la morte data. il che havendo senza alcuno indugio i ministri essequito, et al Re della morte di Feristeno la novella recata, non si puo dire quanto ci di ciò lieto, et allegro ne rimase. poscia havendo al padre di Giulla fatto intendere, che sendo Feristeno gia marito di lei di vita privo, devesse la figliuola sua à lui condurre, qual'egli secondo la legge sua sposar volea; il timido vecchiarello temendo, che ciò, che a Feristeno avenuto esser credea, alla figliuola sua, et à lui anco non avenisse, ove al Re non l'havesse subitamente consignata, gli fece intendere, ch'egli ad ogni piacer suo della figliuola, et d'ogn'altra cosa sua potea disporre. onde ritrovandosi la misera fanciulla in si misero, et doloroso stato, et conoscendo di dovere da colui essere goduta, che al diletto suo Feristeno si crudel morte data havea, dirottamente piangendo, à guisa di disperata, diliberò se stessa di vita privare; et preso uno coltello, et [p. 66r modifica]volendosi con quello svenare, da una figliuola della balia sua, Achel chiamata, che seco sempre dimorava, fu tenuta; laquale havendola di ciò grandemente ripresa, le dimostrò quanto grave error fusse il disperarsi, et che ove da se stessa si fusse uccisa, l'anima sua eternamente nel penace fuoco dello Inferno serebbe stata dannata. onde con si fatte, et molt' altre ragioni, havendola dal fiero suo proponimento rimossa, et racconsolata alquanto, le venne anco à dire, che non cosi agevolmente s'havea alle parole del tiranno a prestar fede, ilquale d’haver fatto Feristeno morire havea per la città palesato; ilche ella in nissuna guisa creder non potea. à cui, Io veramente conosco Achel carissima, la lagrimosa Giulla rispose, che tu vedendomi tanto bisognosa di conforto, per lo soverechio amore, che tu mi porti, in ogni maniera tenti dal proponimento della morte ritrarmi. ma dimmi di gratia, ov'io anco à me stessa la morte non dia, et che in si misero stato di vita, del mio carissimo marito priva io mi rimanga, parti egli ragionevole, che della virginità mia à si crudele, et empio tiranno, et della nostra fede nimico io debba far dono? Mai nò Achel dissele, ne à ciò mai io vi conforterei: percioche di voi, et della fede di Christo, io mi dimostrerei poco amica: col cui aiuto io spero, che à cotal sciagura anco troveremo alcun compenso. voi devete pur sapere di quanto buona, et santa vita il confessor nostro sia da ciascheduno tenuto; [p. 66v modifica]lui, ove cosi à voi piaccia, faremo incontanente à noi venire, ilquale, poscia che gl'harremo il bisogno, et volontà vostra raccontata, sono certo, che colla gratia di Dio ci darà alcun'utile, et buon consiglio. laqual opinione havendo la dolorosa Giulla approvata, il confessore subitamente mandarono à chiamare, à cui havendo il tutto narrato, et pregatolo che in tanta sciagura alcun consiglio volesse lor dare, alla lagrimosa fanciulla rivolto, Figliuola, dissele, noi per alcun strano accidente, che ci avenga, non debbiamo mai disperarsi: anzi ricorrendo à Christo habbiamo supplichevolmente à pregarlo, che ci voglia porgere alcuno aiuto: percioche ei mai non abbandona, chiunque in lui si confida. primieramente dunque voi, et io insieme col mezzo dell'orationi, et de' digiuni tentaremo di placare l'ira del signor Dio, et pregarenlo, che, havendo à peccati nostri riguardo, in tanta necessità ci voglia alcun soccorso dare: poscia, ove avenga, che tu Giulla dinanzi al Re condotta sia, dopo fattagli la debita riverenza. Sire, gli dirai, percioche veramente conosco, havendo voi statuito, ch'io vostra sposa sia, il grande, et perfetto amore, che mi portate, supplicemente pregovi, che la prima gratia, ch'io sono per chiedervi, non mi habbiate à negare, ch'è questa, che, prima che voi le sponsalitie mie facciate celebrare, quaranta giorni mi vogliate concedere, nel cui spacio in alcuna camera del palagio vostro custodita, io possa à [p. 67r modifica]certe mie bisogne sodisfare; ilche io sono certo, si perch'egli ferventemente ti ama, si anco perche il signor Dio cosi permetterà, ch'ei non è per negarti. poscia dunque, che tu ciò da lui harrai ottenuto, entrata in quella camera, ch'ei ti farà consignare, mille Pater nostri al giorno dicendo, il tempo di quaranta di digiunerai: ilche fatto che harrai, io ti accerto, che dalla grande disaventura, nellaquale hora tu ti ritruovi, serai liberata. allequai parole posto c'hebbe fine il confessore, non si puo dire quanto del consiglio di lui Gìulla, et Achel sodisfatte rimasero: dallequai, data lor prima la sua beneditione, presa licenza, il sant'huomo si parti. ne dopò guari di tempo passò, che una gran compagnia di donne riccamente vestite d’ordine del Re alla stanza del padre della fanciulla si aviarono per volerla solennemente al palagio del Re accompagnare; lequai da Giulla con allegra faccia ricevute, seco per alquanto spacio dimorarono. poscia insieme colla sua fida Achel verso il palagio reale dalla dolorosa madre, et dalle matrone del Re accompagnata, prese il camino. della cui venuta havuta il Re novella, scese subitamente le scale del palagio, nel cortile con un'honorata compagnia di cavallieri la stava aspettando. giunta dunque che fu alla presenza di lui, et essequito quanto dal confessore insegnato le fu, il tempo di quaranta giorni gli dimandò. ilche havendole il Re con allegra faccia concesso, chiamato il suo tesoriere, et di [p. 67v modifica]pretiosissimi gioelli fattole fare uno solenne dono, ordinò, che secretamente colla sua Achel in una stanza, che nel giardino del palagio reale era in un luogo, Giulistano chiamato, fusse per lo spatio da lei dimandato custodita; non guari luntano dalqual luogo in un'altra habitatione la propria figliuola anco imprigionata tenea: ne quivi alcun'altra persona entrar potea, fuori che una vecchiarella, à cui, percioche era gran maestra di acconciar giardini, la cura di quel luogo era commessa. hor quivi in orationi, et preghi la dolorosa Giulla, secondo'l consiglio del confessore, tutto di dimorando, avenne che la figliuola de'l Re, a cui la vecchiarella la venuta di Giulla havea palesata, si pose in animo di volerle parlare, et di ciò havendo il padre caramente fatto pregare, il disìderio suo agevolmente ottenne. ilche havendo à Giulla subitamente per una sua cameriera fatto intendere, da lei fu con allegra faccia incontrata, et ricevuta. collaquale havendo per buon spacio di varie cose divisato, le venne anco in un lungo ragionamento la disaventura sua da principio à raccontare. onde havendola di se mossa a gran compassione, et conosciuto la figliuola del Re con quanta sicurtà Giulla le miserie sue le havea narrate, ell'anco la morte del zio, la prigionia del marito, et il lungo tempo, che quivi il padre la tenea rinchiusa, le fe palese. et per ciò havendo le due giovanette una gran domestichezza tra lor fatta, et gran parte del [p. 68r modifica]giorno insieme dimorando, perche sperava Giulla col secreto, chel confessore insegnato le havea, di dover tosto dalle mani del tiranno liberarsi, quello anco alla figliuola di lui, à fine ch'ella medesimamente s'havesse à liberare, insegnar volle. et poscia che un giorno tra loro di varie cose lungamente hebbero di visato, le disse Giulla, Percioche io veramente conosco di dovere coll'aiuto di Dio col mezzo d'uno secreto, che dal confessor mio, huomo di buona, et santa vita apparai, dalle mani dell'empio Re tosto fuggire, et nello primiero mio stato ritornare, et, che tu qui habbia nella tua prigionia à rimanere, grandemente mi duole, ove tu mi prometta di non fare di ciò mai ad alcun parola, quello anco à te farò palese accertandoti, che volendotene tu servire, alle miserie tue subito compenso ritroverai. di che havendole molte gratie rendute la figliuola del Re, et promessole di non dover ciò mai ad alcun palesare, caramente la pregò, che ciò gli havesse incontanente ad insegnare, per poter anco ella dallo misero stato, in che si ritrovava, liberarsi. onde havendole Giulla il tutto senza alcuno indugio isposto, et veramente parendole, che con tal secreto havesse dalla prigionia sua se, et il marito à liberare, à Dio fe voto, ove ella nello primiero suo stato fusse restituita, d’haversi incontanente à battezzare. et ringratiata Giulla della grande amorevolezza, che le havea dimostro, alla stanza sua ritornata, al degiuno, et al dire i mille [p. 68v modifica]Pater nostri diede divotamente principio. nelle quai cose havendo gia Giulla alquanti giorni continuato, parvele una notte in sogno il misero Feristeno di vedere; ilquale seco della sciagura sua dolendosi, caramente la pregava, che, poscia ch'ella di tanta sua disaventura era stata cagione, al meno con uno de suoi mazzuoli di rose, nelquale la faccia di lei scorger potesse, l'havesse à consolare. ma non potendo in cotal sogno lungamente continuare, per essersi per lo gran dolore, che le parole di Feristeno le haveano apportato, subitamente destata, chiamata Achel compagna sua, il tutto per ordine le raccontò. laquale veggendo perciò Giulla tutta dolorata à lagrimare, con molte ragioni sino all'apparire della alba s'isforzò di consolarla. alqual tempo havendo la vecchiarella, che di quel luogo havea la cura, uno canestruccia de fresche rose raccolte, et uno bellissimo mazzuolo fattone, à Giulla in nome del Re portollo à presentare, laquale con lieta faccia ricevutolo, alla donna commise, che di ciò n’havesse il signore grandemente à ringratiare: et havendo ciò tolto per buon augurio, Madre mia, alla vecchiarella disse, io veramente non posso negare, che'l mazzuolo di rose, che recato mi havete, non sia, et bello, et politamente acconciò; ma ove io uno canestruccio di rose haver potessi, si bel mazzuolo io vi farei vedere, che di gran lunga quello, che recato mi havete, di bellezza avanzerebbe. perche la vecchiarella, che gran [p. 69r modifica]maestra in cotal'arte essere credea, bramosa di vedere quanto in ciò la giovanetta valesse, incontanente à raccoglier le rose s'aviò. le quai tantosto che à Giulla hebbe portate, per consolare se stessa, dispostasi di volere alla dimanda in sogno da Feristeno fattale sodisfare, postosi uno specchio dinanzi, et in quello guatatasi, la propria faccia sua nel mazzuolo con tanta maestria figurò, che quivi da ogn'uno potea essere conosciuta, poscia fatta la vecchiarella à se venire, et il mazzuolo presentatole, A cui piu vi piace, dissele, ne farete dono. il quale tantosto che dalla donna fu veduto, accortasi, che si bello, et dilicato era, che'l suo di gran lunga avanzava, sospicò, ove quello al Re havesse in nome di Giulla presentato, di dover ella per aventura la provision sua, qual havea per la cura di quel luogo, perdere, et che'l Re alla giovanetta, che tanto in cotal'arte valea l'havesse ad assignare. onde non solo al Re non lo volle presentare, ma dubitando anco che un giorno non havess’egli il valore della giovanetta à conoscere, onde n'havesse lei della provisione sua à privare, per i giardini della città si dispose di cercare, se alcuno maestro, che la Giulla avanzasse, havesse potuto ritrovare, colle cui fatiche, ove le fusse stato di mestieri, l'honore, et provision sua si havesse conservata. mà percioche alcuno ritrovar non pote, che piu bel mazzuolo di quello di Giulla osasse di fare, tutta dolorosa, verso'l Giulistano aviatasi, in Giassemen [p. 69v modifica]si venne ad incontrare; ilquale tantosto che'l mazzuolo in mano della vecchiarella vide, quello dalla moglie di Feristeno esser stato fatto conobbe. di che allegro oltre misura; Deh madre mia, dissele, venderestemi voi per aventura quel mazzuolo di rose? à cui, Mai si rispose ella, ma men di dieci scudi io non ne voglio. di che fingendo il giovane di darsi molta ammiratione, replicolle, che ov'ella due soli n'havesse isborsati, piu bel mazzuolo di quello le farebbe vedere. di che sendo la vecchiarella bramosa oltre misura. Io certamente, risposegli, non due, mà cinque mi contento, d'isborsare, ove tu non uno piu bello, ma un cosi fatto mazzuolo mi faccia havere. et in cotal guisa accordatisi, con incredibil letitia, presa la vecchiarella per la mano, alla stanza, dove Feristeno dimorava, la condusse. alla cui presenza poscia che furono, arrivati, accostatoglisi Giassemen all'orrecchie, Statevene hoggi mai allegro, diss'egli che buone novelle hora io vi reco. per lequai parole il giovanetto incontanente in pie levatosi, et alla donna rivolto, vedutole il mazzuolo della sua Giulla in mano, et inteso il patto, che Giassemen, et ella fatto haveano; Hor, madre mia, dissele, ove uno canestruccio di rose voi mi rechiate, io vi farò uno mazzuolo di gran lunga piu bello del vostro vedere. il che disiderando ella sopra ogni altra cosa, per non haver piu del valore di Giulla à temere, lasciato quivi il suo mazzuolo, le rose prestamente andò à preparare. mà [p. 70r modifica]Feristeno fra tanto havendo quello ben mille, et piu fiate baciato, una litera à Giulla scrivendo, la prigionia sua, et ogni altra cosa infino à quel giorno avenutagli le fe palese, caramente pregandola, ch'ella anco medesimamente dello stato di lei, et del luogo, dove si ritrovava, l'havesse ad accertare: percioche agevolmente colla virtu di Giassemen, che dalla morte liberato l'havea, à lei sarebbe andato. poscia havendo la letera dentro d'una canna nascosta, la vecchiarella, che le rose gli portasse, stava aspettando, laquale tantosto che con quelle fu à Feristeno ritornata, presa egli la canna in mano, uno mazzuolo sopra si fattamente vi acconcio, che’l vivo ritratto suo, et della sua Giulla quivi si potea vedere; et con tal artificio le rose compose, che di bellezza quello di Giulla di gran lunga avanzava. poscia havendolo alla vecchiarella presentato, Madre mia, dissele, io il prezzo, che al compagno mio havete promesso, tutto vi dono, ne altro pagamento da voi voglio, salvo, che'l mazzuol, c'hora io vi dono, al maestro, che quel fece, di cui voi dieci scudi ne dimandavate, vogliate dimostrare, à fine ch'egli sappia, che in questa città de gl'altri anco si ritruovano, i quai piu bei mazzuoli del suo sanno fare. il che havendo la donna à Feristeno promesso, et della ricevuta cortesia, molte gratie rendutegli, tutta lieta, et allegra di lui si parti. et alla giovanetta arrivata, Hor vedete un poco, figliuola, dissele, se anco io ho saputo uno [p. 70v modifica]mazzuolo piu bello del vostro fare. à cui Giulla, che l'opra del marito subitamente conobbe, tutta consolata per haver conosciuto, ch'ei morto non era; Io nel vero, rispose, negar non posso, che'l mazzuol vostro piu bello di quello, ch'io à voi diedi, non sia; mà, ove lo mi vogliate lasciare, et recarmi delle rose, domatina un'altro di assai maggior bellezza io vi faro vedere. perche la vecchiarella disposta di vedere ad ogni modo ciò, che la giovanetta sapea fare, il mazzuolo lasciolle; et essendo l'hora tarda, da lei si parti. restata dunque Giulla sola per la molla letitia, che del vivo marito havea, dirottamente lagrimando, Achel compagna sua incontanente chiamò, à cui havendola strettamente abbracciata, Meco ti rallegra, dissele, che Iddio i preghi nostri ha continciato ad essaudire, et come s'era accertata, che Feristeno vivo fusse, te raccontò, il mazzuolo di rose mostrandole, che per la vecchiarella egli mandato le havea. il che non si puo dire quanto contento ad Achel apportasse; laquale tolto il mazzuolo in mano, et avedutasi, che sopra una canna forata era acconcio, per entro guatandovi, la letera, che Feristeno scritta havea, venne à vedere. il che havendo a Giulla dimostrato, della canna la trasse, et lettala d'ogni accidente à Feristeno avenuto, et dell'animo di lui furono pienamente informate. onde venuta à Giulla l'occasione di potere il marito dello stato suo nella guisa da lui dimostratagli accertare, [p. 71r modifica]subitamente in una leterina ogni suo avenimento raccontogli; et il luogo, ov'ella si ritrovava, gli fe à sapere: et in una picciol canna ripostala, si come Feristeno fatto havea, con gran disio stava il seguente giorno ad aspettare. delquale tantosto che l’alba cominciò ad apparire, quivi la vecchiarella colle rose fu arrivata: le quai poscia che Giulla hebbe con allegra faccia ricevute, sopra la canna, dove la letera riposta havea, uno mazzuolo, che di bellezza quello di Feristeno assai avanzava, compose; et alla vechiarella assignatolo, non si puo dire quanta ammiratione per l’artificio suo le apportasse. onde entrata nell'istessa sospitione, in che prima caduta era, che’l Re, ove il valore di Giulla in cotal'arte gli fusse palese, non l'havesse della provision sua à privare, à Feristeno ritornata insieme co'l mazzuolo di Giulla uno canestruccio di rose, perch'egli uno piu bello n'havesse à fare, gli portò; et alla presenza di lui arrivata, et il mazzuolo, et le rose presentategli, Figliuol, mio gli disse; perche io conosco, che’l mazzuolo, che hora io ti ho portato, d'artificio, et di bellezza il tuo avanza, ti ho insieme voluto delle rose recare, perche tu uno piu polito ne faccia, et il maestro di quello conosca il valor tuo del suo esser maggiore. lequai parole havendo Feristeno alla vecchiarella dimostrato essergli sommamente grate, ricevuto il mazzuolo della giovanetta, qual'egli incontanente conobbe, alla donna disse, che la sera al tardo devesse à lui per [p. 71v modifica]lo mazzuolo, ch'egli fatto harebbe, ritornare, ond'ella presa licenza, et da lui partitasi, quivi solo con Giassemen lo lasciò: et tantosto ch'ella hebbe il piede fuori dell'uscio, egli tratta la letera di Giulla della canna, dello stato di lei, et del luogo, dove si ritrovava, compiutamente si accertò. poscia, fatto delle rose, che la vecchiarella portate gli havea, uno mazzuolo, che gl'altri tutti di gran lunga di bellezza avanzava, la sera à lei lo consignò. laquale veramente conoscendo, che'l piu bello di quello far non si potea; et perciò del timore, che prima havea, tutta ispogliatasi, alla sua stanza tutta contenta se ne ritornò. hor'essendo Feristeno lieto, et allegro oltre misura per haver havuto della sua Giulla novella: et conoscendo quanto ei teneramente da lei amato fusse, disposto di volerla in ogni maniera ricoverare, al suo Giassemen, perchè in ciò l'havesse ad aitare, molti preghi porse; à cui egli subitamente in cotal guisa rispose; Voi havete à sapere, signore, che vicino al luogo, dove la giovanetta dimora, uno grande et bellissimo palagio si ritruova, ilquale essendo d’uno certo mercatante, che al Re di molti danari è debitore, hora publicamente per lo fisco si vende; onde, quando voi diliberaste di comperarlo, agevolmente ci potrebbe il pensier nostro riuscire. il qual consiglio havendo Feristeno sommamente lodato, à Giassemen disse, che quello per ogni prezzo si havesse à comperare. onde havendo incontanente egli finto di [p. 72r modifica]essere uno mercatante forastiero, à consiglieri del signore si aviò; et fatto loro intendere, che di luntano paese con uno suo compagno per quivi lungamente dimorare era venuto, co’ danari, che dal padre di Feristeno ricevette, quello comperò: et havendolo riccamente d’ogni cosa guarnito, senza alcuno indugio con Feristeno l'andò ad habitare. poscia colla virtu della verga fattosi sotterra la strada sino alla stanza, dove Giulla si ritrovava, quivi col padron suo chetamente pervenne. dove havendo Feristeno la moglie sua ritrovata, che per lo lungo digiuno, et molte orationi stanca, sopra'l letto gittatasi, prendea alquanto di riposo, presso di lei coricatosi, di dolcezza dirottamente lagrimando, strettamente l'abbracciò. la onde la giovanetta svegliatasi, et il carissimo suo marito veggendo, giudicando di sognare, nulla gli dicea. mà egli affettuosamente stringendola, et seco cominciando à ragionare, si fece, che accorgendosi ella, che'l suo sogno non era, il marito conobbe. da cui havendo inteso in qual guisa quivi con Giassemen era venuto, non si può dire quanto consolata rimase. poscia in dolci ragionamenti tratenutisi insieme con Achel, quale di cotal accidente era lieta oltre misura, et Giassemen per la fatta strada al comperato palaggio s'aviarono, dove per buon spacio dimorati, Feristeno à Giassemen rivolto, in cotal guisa parlò; A' me pare, carissimo Giassemen, che poscia, c’hora è à Dio piaciuto, che io co'l mezzo [p. 72v modifica]della tua virtu in poter mio io mi ritrovo colei, laquale sommamente disideravo, et che al disiderio nostro habbiamo intero compimento dato; benfatto sarebbe, che per fuggir l'empito del crudel tiranno, con Giulla, et Achel di quinci partitici, in alcuna piu sicura parte per passare tranquilla vita andassemo ad habitare. al che rispose egli; Di questo fatto, padrone, caramente pregovi, che la cura à me vogliate lasciare: percioche io ho gia buon pezzo statuito quanto intorno à ciò habbiamo à fare; et so, che della diliberatione mia compiutamente sodisfatto rimarrete. per lequai parole Feristeno achetatosi, à Giassemen di cotal fatto il pensiero tutto lasciò. ilquale, venuta la seguente mattina, per poter rigidamente il misfatto del Re vendicare, alla corte di lui aviatosi, et havuta l'audienza, havendo, come novello mercatante, seco molti ragionamenti havuti, al palagio, ch'egli novellamente dal fisco comperato havea, per lo seguente giorno l'invitò. et poscia che cio dal Re hebbe ottenuto, presa da lui licenza, colla maggior letitia del mondo à Feristeno, et à Giulla se ne ritornò; et di tutto ciò gli hebbe subitamente informati che nel seguente giorno haveano à fare. venuto dunque il Re allhora statuita con un sol ragazzetto nel cortile, et volendo su per le scale del palagio salire, fu da Giassemen incontrato, et colla debita reverenza ricevuto. poscia nella sala entrati, dove Feristeno, et Giulla si ritrovavano, il Re subitamente i [p. 73r modifica]giovanetti vide, iquali verso di lui aviatisi, si come Giassemen ammaestrati, gl'avea, riverentemente il salutarono, et baciarongli le mani. ma egli, che di tutto ciò stupefatto rimase, parendogli pure di quelli riconoscere, seco stesso dicea; Costei nel vero à me pare, che la moglie mia sia: et quegli non puo essere, che Feristeno primo marito di lei non sia, ilqual'io nel mare feci gittare; et, ove ciò non sia, io veramente mi debbo sognare. di che Giassemen mostrando di non avedersi, Sire, dissegli, deh di gratia, perchè state voi cosi penseroso? al che il Re disideroso di accertarsi di quanto quivi veduto havea, rispose; Mi è venuto non so che à memoria, perche sono astretto hor'hora alla stanza à ritornare. ma voi fra tanto di qui non vi partirete: percioche fra poco spatio da nuovo io mi ritroverò con voi, et ciò detto incontanente si parti. onde Giassemen accortosi, che nel Giulistano andar volea, per vedere se Giulla quivi ritrovava, subitamente de' suoi primi panni fattala rivestire, per la fatta strada alla sua stanza la condusse. dove non guari dopo sendo il Re arrivato, et havendo la giovanetta ritrovata, non si puo dire quanto di ammiratione gli diede. et poscia che con lei si hebbe alquanto tratenuto, tutto di stupore, et di maraviglia ripieno, disideroso oltre misura di vedere da nuovo i giovanetti, che gia veduti havea, al palagio di Giassemen se ne ritornò; dove sendo anco Giulla prima di lui ritornata, et de' primi panni [p. 73v modifica]rivestita, co' gioelli, che donati gl'havea, riccamente adornata, ad incontrarlo nella sala con Feristeno se ne venne, iquali incontanente che'l Re hebbe veduti, dandosi maggiore ammiratione della prima, per havere i gioielli intorno à Giulla veduti, à Giassemen, rivolto, chi quei giovanetti si fussero, gli dimandò. à cui, Sire, rispose Giassemen, questo è uno mio compagno mercatante, si come io sono, et quella è moglie di lui. ma percioche di cotal risposta punto il Re non si senti sodisfatto, la giovanetta caramente pregò, che i gioielli, che al collo havea, gli dovesse prestare; ch'egli fra brevissimo spatio gliele restituirebbe: percioch'ei intendea di farne fare con alcuni de’ suoi gioelli, ch'egli nel Giulistano si ritrovava, paragone; di quei volendo dire, ch'egli alla giovanetta havea da principio presentati. alche fare Giulla dimostratasi prontissima; Percioche Sire, rispose, il levarmi alla presenza vostra i gioielli dal collo à me pare, che gran vergogna mi apportarebbe, quivi nella camera entrata dal collo mi li trarrò, et hor'hora porterollivi: et voi ad ogni piacer vostro di quelli, et della restante facultà nostra ancora, quale di tutto cuore vi offerimo, potrete disporre. lequai parole udite c'hebbe il Re, per haver anco poco prima la voce di Giulla nella camera, dovegli seco ragionato havea, attentamente udita, turbato oltre misura, seco stesso cominciò a dire, Che maggior certezza co' gioielli di costei poss’io havere di quella, c'hora io ho, [p. 74r modifica]veggendo, et udendo lei à raggionare? ma meglio è, ch'io da nuovo subitamente ritorni dove ella dimora, che in cotal guisa maggior certezza io ne potrò havere. perche tirato Giassemen da parte, dissegli che volendo di nuovo per un suo bisogno in fretta alla stanza ritornare, alla giovanetta, che nella camera petrarsi i gioielli entrata era, facesse intendere, che per alhora altrimenti non gli li portasse, et che volessero quivi aspettarlo, che senza alcuno indugio serebbe à loro ritornato. et senza piu dirgli parola, à guisa quasi di furioso correndo al Giulistano se n'andò. ilche medesimamente Giassemen per la solita strada fece à Giulla fare. laquale de’ primi panni tornatasi à vestire, nella sua stanza, prima che'l Re arrivasse, ritrovatasi, giunto ch'egli vi fu, et vedutala nell'habito, in ch'egli lasciata l’havea, percioche i gioielli non le vide al collo, dimandolle qual fusse la cagione, ch'ella con quei non si adornava. allequai parole, Sire, rispose ella, i gioielli, che, merce vostra, voi donati mi havete; sino à tanto, che'l termine di quaranta giorni, ch'io vi dimandai, non sia finito, à me si disdice di portare, iquali fra tanto in cotesta cassetta rinchiusi io tengo: et aprendo una cassettina, gli li mostrò. Ma di gratia, Sire, soggiunse ella, ditemi, perche mi fate hora voi cotal dimanda? à cui il Re, ilquale era quasi che uscito di sospetto, et ferventemente la giovanetta amava, quanto che gli era avenuto per ordine raccontò, con sacramento [p. 74v modifica]affermandole, che quanto piu egli la guatava, tanto piu in qualunche parte alla moglie del giovanetto mercatante, che nel palagio di Giassemen dimorava, la vedea somigliante. et posto fine al suo ragionamento, dispostosi per alcuno segnale del tutto di accertarsi, presala per la mano, fingendo di volerla accarezzare, di maniera il diritto braccio le strinse, che la carne livida, et nera le fece. poscia da lei partitosi verso il palagio di Giassemen subitamente s’aviò. ma Giulla per cotal segno tutta paurosa divenuta, piu tosto del Re al palagio per l'occolta strada ritornata, al marito, et à Giassemen mostrando il braccio, quanto, che'l Re detto le havea tutta dolorosa per ordine loro raccontò. ma Giassemen, che in piu d’una arte assai valea; Non dubitate, padrona, dissele, c'hor hora io vi faro la carne livida nel primiero suo stato ritornare. et subitamente entrato nel giardino, una certa herba ritrovò, collaquale tantosto, ch’egli toccò il lividore, che alla giovinetta astutamente il Re fatto havea, la carne bella, et morbida le rimase, di che Giulla allegra oltre misura, de gli altri panni rivestitasi, et de gioielli adornatasi, nel cortile col marito suo, et con Giassemen andò il Re ad incontrare. ilquale, poscia che con lieta faccia hebbe le salutationi ricevute, alla giovanetta rivolto, Deh, di gratia, dissele prima che alla mensa ci assettiamo, bellissima giovanetta, con licenza del marito vostro di uno favore io vi voglio ricercare; qual'è, che'l [p. 75r modifica]diritto braccio qui publicamente per trarmi d’uno gran dubbio m'habbiate à mostrare. di che sendo stato prontamente da Giulla compiaciuto, non vedendole alcuno livvidore, tutto lieto, et allegro, credendo, che la sua Giulla non fusse, di cotal cortesia molte gratie rendutele, alla mensa dirimpetto à lei s’assettò, per lo pensiero rivolgendosi in qual guisa la potesse rapire. et poscia che alla fine del convito si venne, con finissimi canti, et suoni per buon spatio tratenutisi, il Re, à fine che quanto di fare intendea non gl'andasse fallito, di varie cose divisando, finalmente disse, che in tutto 'l tempo di sua vita piu felice giornata di quella non havea passata. la onde egli facea loro intendere la loro dimestichezza essergli si cara, et grata, che spesse fiate, ove ciò in piacer lor fusse, egli ritornerebbe si dolce compagnia à visitare. lequai parole udite c'hebbe Giassemen, et avedutosi à che fine egli le dicea, percioche doppiamente lo volea schernire, in cotal guisa gli rispose; Carissimo ci sera sempre, Sire, et à gran gratia ci riputaremo, se spesse fiate vi degnarete colla real presenza vostra di honorarci, et di ciò supplichevolmente ve ne preghiamo. dellequai parole havendo loro rendute il Re quelle gratie, che pote maggiori, tutto lieto licentiatosi al suo palagio se ne ritornò. ne tantosto l'alba del seguente giorno cominciò ad apparire, ch’egli per guatare la giovanetta nel suo giardino entrato, ilquale à pie del palagio de’ giovani si ritrovava, [p. 75v modifica]vedendola la cominciò à vagheggiare: et ciò havendo per lo spacio di sette giorni fatto, piu fiate andò co' giovani à desinare, tentando in ogni maniera di poterla sola ritrovare, ma percioche Giassemen di compiutamente il Re schernire havea statuito, con Feristeno conchiuse, che sola il seguente giorno Giulla in certa parte del palagio si lasciasse dal Re ritrovare; ilquale in dolci ragionamenti havesse in ogni maniera à tratenere. il che havendo la giovane interamente essequito, essendo il seguente giorno il Re co' giovanetti ito à desinare, lei sola in una parte del palagio ritrovò: à cui havendo con molte parole fatto conoscere quanto ei ferventemente l'amava, caramente pregolla, che dell'amor suo gli volesse far dono. à cui preghi, Sire, rispose Giulla, si fattamente mi hanno di voi le maniere vostre innamorata, ch'io di cosa alcuna non vi saprei gia mai disdire: ma sino, che’l marito mio, et Giassemen qui si ritruovano, non veggo, com’io possa al vostro, ne al mio disiderio compiacere; i quali percio che fra pochi giorni colle loro mercatantie si hanno di questa città à partire, staremo ad aspettare, che si pongano in camino; et all'hora con maggior sicurtà della mia vita, et contento vostro ci potremo godere. laqual risposta essendo sommamente al Re piacciuta, una mano baciatale, tutto allegro, et lieto da lei si partì. poscia havendo Giulla al marito, et à Giassemen l'historia tutta racconta, non si puo dire quanto diletto [p. 76r modifica]la beffa della giovanetta al Re fatta havesse loro apportato. ma percioche il Re di lei fieramente vedeano innamorato, et conosceano anco d'haverlo sino al'hora assai schernito, per fuggire alcuno inganno, che alle lor persone harrebbe il tiranno potuto preparare, diliberarono di prestamente partire. onde aviatosi Giassemen la istessa sera al tardo alla marina, uno navilio di Christiani, che la seguente notte havea à partire, ritrovò, et co'l padrone accordatosi, quanto facea lor di mestiero per la partita prepararono. poscia la seguente mattina per tempo al Re aviatisi, fingendo di volere con alcune loro mercatantie uno viaggio verso l'Indie fare, la giovanetta, che sola quivi diceano alla cura del lor palagio lasciare, molto gli raccommandarono. ilche essendo al Re di sommo piacere, largamente lor promise, ch'egli per le molte cortesie da loro ricevute, et la giovanetta, et il lor palagio farebbe à guisa delle proprie sue cose custodire. di che rendutegli i giovani molte gratie, presa licenza da lui, si partirono, et havendo il tutto preparato, il seguente giorno al tardo alla nave con Giulla, et Achel aviatisi, si partirono; et fra poche hore per havere il vento assai favorevole, molti miglia dal tiranno luntani si ritrovarono. ilquale la mattina per tempo levatosi, et inteso come la nave era partita, facendosi à credere di dovere la giovanetta à suo bell'agio godere, incontanente al palagio di lei aviatosi, et entrato nel [p. 76v modifica]cortile, non sentendo alcuna persona, salito su per la scala, nella sala venne, laquale ritrovando insieme coll'altre stanze tutte spogliata, ne vedendo persona alcuna à comparire, havendo anco scorta la buca, che Giassemen fatta havea, in quella à guisa di disperato entrato, nella stanza, ch'egli havea à Giulla assignata, pervenne: et della gran beffa, che i giovani fatta gl'haveano, avedutosi, da subito dolore, et da soverchia rabbia soprapreso, nello spatio di due giorni, senza sapersi da alcuno la cagione, miseramente se ne mori: ne havendo altra prole, che la imprigionata figliuola di se lasciata, i consiglieri havendo del successore nel regno lungamente divisato, conchiusero di trarre la figliuola del morto tiranno di prigione, et quella al cugino suo dell'ucciso fratello figliolo maritare, facendolo del regno successore. alqual consiglio havendo subita essecutione data, solennemente feccero le sponsalitie celebrare. ni guari di tempo stette, che havendo il novello Re dalla moglie inteso, com'egli per le orationi, et voto da lei fatto in tanto regno era succeduto, et che ciò era per lo ricordo da Giulla datole avenuto, diede ordine, che incontanente havessero i giovanni colla Giulla, et Achel quivi à ritornare; percioche per la grandezza del ricevuto beneficio intendea di alcun degno ricompenso lor dare. ma havendo inteso, ch'eglino, tutto che della morte del tiranno, et d'ogni successo fussero accertati, per timore nondimeno non [p. 77r modifica]osavano di quivi ritornare, mandò loro suoi ambasciadori, co' quali assicurati al novello Re se ne ritornarono. à cui racconta c'hebbe Giulla l'historia da principio, egli rendute al sommo Dio gratie infinite, al voto della moglie volendo sodisfare, alla fede di Christo con lei subitamente se ne venne. ilche havendo medesimamente i consiglieri di lui fatto per lo miracolo, che veduto haveano, avenne, che in poco spatio di tempo tutti i popoli delle città, et paesi di lui si battezzarono, et novellamente celebrate le sponsalitie all'uso della chiesa Romana, volle anco, che Giassemen, che di si alto suo grado era stato cagione, havesse Achel fidelissima compagna di Giulla ad isposare, et bandita una solenne, et gran festa, quivi di luntani paesi ogn’uno concorse; allaquale, poscia che fu posto fine, fece Feristeno, et Giassemen di gran tesoro padroni: et egli insieme colla moglie Christianamente vivendo, continuamente all'alto Iddio del ricevuto beneficio infinite gratie rendevano.

H
avea di gia ricoverata Behramo del tutto la primiera salute, quando, venuto che fu al fine della novella sua il sesto novellatore, commandò al maggiordomo suo, che la seguente mattina della Dominica per tempo la corte tutta, d'habiti d'oro vestita, al settimo palagio, il quale medesimamente tutto di guarnimenti d’oro era adornato s'havesse ad aviare. onde inteso da' baroni il commandamento del signore, fu ciascheduno pronto subitamente ad
[p. 77v modifica]ubidirlo; et egli anco havendosi quel giorno gran maraviglia data di tutti gl'accidenti avenuti per la crudele, et empia sentenza che'l fiero tiranno à Feristeno diede, come prima l’alba del seguente giorno cominciò ad apparire, montato à cavallo, che piu, essendo hoggi mai sano divenuto, d’andare in lettica non havea bisogno, sull'hora di terza al settimo palagio pervenne. dove smontato, et dalla donzella, che ivi era, incontrato egli per la mano presala, et seco per buon spacio di tempo in dilettevoli ragionamenti tratenutosi, et con dilicatissimi cibi ricreatosi commandò che'l novellatore, che l'ultimo era, havesse la novella sua ad incominciare. il quale poco luntano dalla persona del sìgnore ritrovandosi, inteso l'ordine, et voler di lui, primieramente fattagli la debita riverenza, alla novella sua cotal principio diede. Gli altri novellatori pens'io, Sire, che v'habbiano tutti nelle novelle loro gl'altrui accidenti raccontati; io all'incontro cose non ad altrui, mà à me stesso avenute sono per narravi. nel paese mio, che Chimo s'adimanda, oltre l'altre virtù, che gl'huomini à figliuoli sogliono far apparare, rari sono quelli, i quale colla musica insìeme quelle non facciano accompagnare: onde è che molti in tale professione eccellenti quivi si ritruovano. et perciò ch’io di huomo fui figliuolo, ilquale, tutto che di povera fortuna fusse, volontieri le fatiche sue spender solea per farmi à gl'altri giovanetti dell'età mia nelle virtù uguale, nel [p. 78r modifica]tempo della fanciullezza si fattamente ne studi della musica m'affaticai, che di gran lunga i compagni miei tutti avanzavo; et vedendo io, che nella città mia il suono del liuto molto era prezzato in quello ogni mio spirito ponendo, in poco spacio di tempo avenne, che facendo io ogni giorno profitto maggiore di eccellenza tutti gli altri fra non molto spacio di tempo avanzai; et cotal virtu à molti della città mia insegnando, et ad altri anco, che dalle vicine città venivano à me per appararla, gran quantita di danari solevo guadagnare. hor avenne fra questo mezzo tempo, che nella città nostra uno vecchio mercatante capitò, ilquale seco una giovanetta condotta havea, che si eccellentemente il liuto sonava, che à lei in cotal professione nel mondo tutto alcuno altro pare non si potea ritrovare. di che sendosi sparsa la fama per la città, pervenne ciò anco all'orecchie del signore, ilquale della musica grandemente dilettandosi fatto à se il vecchio mercatante venire, et delle conditioni della giovanetta dalle parole di lui accertatosi, caramente pregollo, che volesse alla presenza sua condurla. à cui havendo il mercatante risposto, che egli havendo la giovane per le rare conditioni, ch’erano in lei, per figliuola accettata, et havendo ella statuito di sempre castamente vivere, in una camera la facea da quattro fantesche servire: percioche non volendo essa fuor di quella uscire, quivi nell'orationi, et nelle virtù il giorno tutto [p. 78v modifica]consumava. onde lui supplicemente pregava, che disiando le virtù di lei udire gli facesse gratia, ove à lui piacciuto fusse, di gire sino alla sua stanza: percioche ivi l'eccelente virtù della giovane con gran contento di lei, et à bell'agio suo potrebbe udire. onde havendo inteso il signore la cagione, perche la giovane fuori di casa malagevolmente si potrebbe condurre, diliberò egli, sopragiunta che fusse la notte, alla casa del mercatante da un solo suo gentil'huomo accompagnato aviarsi; dove giunto che ei fu, nella camera della giovanetta entrato, la bellezza, et honestà di lei veduta, la cominciò ferventemente ad amare, et pregatala ad esser contenta di voler la virtù suà fargli sentire, alle parole del signore presta, tolto il liuto in mano, lo cominciò si soavemente à sonare, che egli al mercatante rivolto di non haver mai in cotal professione alcun’udito, che di gran lunga alla eccellenza della giovane arrivasse, confessò. et da nuovo pregatala, che volesse un’altra fiata lasciarsi udire, tutta ubidiente, et presta, tolto il liuto in mano, quello si dolcemente per alquanto spatio di tempo sonò, che, prima che il signore da lei si partisse, fieramente della virtù di lei innamorato, di uno preciosissimo gioiello presentatala, et molte gratie à lei, et al mercatante per la ricevuta cortesia rendute, alla sua stanza se ne ritornò. hor’essendo della molta eccellenza della giovane in cotal professione corsa per tutta la città la fama in poco spatio di [p. 79r modifica]tempo avenne, ch'io perdendo'l credito, et nome, che per lo passato haver solevo, da scolari ancora fui abbandonato; di che doloroso oltre misura per havere la molta utilità perduta, che con tale industria ne acquistavo, un giorno alla stanza del mercatante m'aviai, et con esso abboccatomi, fecigli il grave danno conoscere, che egli colla venuta sua, havendo seco la giovane condotta, m'havea apportato; et pregatolo, che, poscia che in si doloroso stato per cagione di lei mi ritrovavo, fusse almen contento di farmi la virtu di lei udire, entrato egli dalla giovane, et fattole il disiderio mio palese, per ritrovarmi hogimai in età grave, agevolmente mi lascio entrare ad ascoltarla, et tantosto che alla presenza di lei mi ritrovai, vedendola di bellezza singolare, mi feci à credere, che nella virtù ancora dovesse et me, et ogni altro avanzare. di che volendomi accertare, caramente la pregai, che, tollendo il liuto in mano, fusse contenta la molta virtù sua lasciarmi ascoltare, la quale havendomi prontanente essaudito, si dolce melodia mi fece udire, ch’io giudico, che alcun'altro nel mondo tutto in cotal virtù à lei pare non si possa ritrovare. onde di tanta eccellenza fieramente innamoratomi, supplicemente, et lei, et il mercatante ancora pregai, che essendo io di già vecchìo, fussero contenti di accettarmi per servitore: percio che io per le rare conditioni della giovane fidele, et assiduo servitio non mancarei di lor prestare. di che send'io [p. 79v modifica]stato essaudito, fui dal mercatante à bisogni della camera della giovane destinato; et isforzandomi continuamente colla prontezza della servitu mia la gratia di lei di acquistarmi, fra pochi giorni mi avidi, ch'ella, à guisa di proprio padre, m'amava, et riveriva. onde sendomi io per la dolcezza di cotal servitu del ricevuto danno del tutto iscordato, et tranquilla, et felice vita nella camera della giovane passando, m'accorsi, che qualunque fiata essa il liuto sonava grandissimi sospiri gittar solea, di cui facendo mi io à credere che amor ne fusse cagione, diliberai di un giorno dimandarnela. et attesa per lo spacio di tre mesi l'occasione, ragionando ella meco di varij accidenti della natura, et dell'infelice stato de mortali, Deh signora, le dissi io, non vi fie grave di palesarmi la cagione di tanti sospiri, quanti continuamente io vi sento à gittare; perciò che, sendo io huomo di grand’età, et di alcuna isperienza, per aventura potrò qualche rimedio al dolor vostro ritrovare, et, ove à voi questa mia dimanda audace paia, di cui la molta riverenza, ch’io alle virtù vostre porto, n'è sola cagione, humilmente ve ne dimando perdono. alle quai parole poscia ch’io hebbi posto fine, cominciando la giovane à lagrimare; Percio che, carissimo padre, dissemi, da che voi alla servitu nostra v'havete dedicato ho per piu segni conosciuto, che da vera figliuola teneramente m'havete sempre amata, et in qualunque cosa ci havete fidele, et [p. 80r modifica]diligente opera prestata, de sospiri miei la cagione hor'hora sono per narrarvi: la quale percioche à niuno altro io voglio che palese sia, voi caramente prego, che secreta l'habbiate à tenere, et che, potendo, alla gran mia passione alcun rimedio habbiate à ritrovare. havete dunque à sapere, che send'io di età di dieci anni nel governo d'uno reo, et malvagio mio zio, che fino quando io ero nelle fascie involta, il padre, et madre mi morirono, percio che molto della musica mi dilettavo, et per l'età mia niun'altro era, che in cotal arte mi avanzasse, fui da lui ad uno ricco mercatante venduta, il quale seco in diverse parti del mondo per lo spacio di cinque anni conducendomi, et facendomi da molti signori udire, assai danari colla virtù mia solea guadagnare. hor avenne, che, sendosi egli in un luntano paese alla corte d'uno gran prencipe con sue mercatantie aviato, quivi mi fece da molti baroni di lui sentire, i quali havendolo perciò riccamente presentato, al prencipe la virtù mia fecero intendere; il quale, percio che della musica grandemente si dilettava, incontanente fece il padron mio pregare, che alla presenza sua m’havesse à condurre. dove giunta ch'io fui, tolto il liuto in mano, et postami à sonare m'avidi, che'l prencipe della virtù mia prese gran diletto. da cui tolta io licenza, et di uno bel gioiello presentata, col padron mio alla stanza ne ritornammo. à cui havendo l'istesso giorno fatto il signore intendere, che egli della persona [p. 80v modifica]mia ogni gran prezzo gl'harrebbe dato, ove à lui m'havesse voluta lasciare, egli, gran quantità di danari da lui ricevuta, mi gli vendè, et ricco nel paese suo se ne ritornò, hor’il prencipe havendomi subitamente di ricchi, et preciosi panni fatta vestire, in poco spacio di tempo dell'amor mio si fattamente s’accese, che, tutto ch'io gli fusse schiava, ciascuna cosa da lui impetrar solevo. mà perciò che la fortuna non suole troppo lungamente à mortali benigna et favorevole dimostrarsi, avenne, che un giorno havendomi egli seco alla caccia condotta, et al uno cervo in un sol colpo, qual'io c'havesse à fare gli proposi, colla saetta un piede coll'orecchia confitto, per alcune parole, ch'io sopra il colpo da lui fatto all'hora inconsideratamente ragionai, le quali egli giudicò che troppo licentiosamente da me dette havessero l'honor suo maculato, da subita, et fervente ira acceso à suoi ministri commandò, che incontanente spogliatami, et la mani da dietro legatemi in un bosco non guari luntano mi conducessero, dove la notte le fiere m'havessero à divorare. il che poscia che da ministri fu essequito, et che spogliata, et legata alla discretione dalla fortuna lasciata m’hebbero, avenne, che io misera, et dolente per lo timore della morte, laquale tutta via stavo aspettando, postami à caminare alla strada commune arrivai: per dove sul tramontar del Sole una gran compagnia di mercatanti passando, che all'allogiamento andava fu da [p. 81r modifica]quelli il grave mio pianto udito, et il padron nostro, che, fra loro si ritrovava, la misera mia voce seguendo, mi ritrovò, et mossosi di me à compassione, slegatami, et de suoi panni rivestitami, seco all'allogiamento mi condusse, dove chi ch'io mi fusse, et dell'essercitio, et gran disaventura mia interrogatami, da me altro non pote intendere, salvo che l'essercitio mio la musica era. onde fattosi dall'hoste uno liuto recare, et datolomi in mano, mi puosi à sonare, et col suono accompagnato il canto, si fatto diletto gli diedi, che egli per figliuola accettatami, seco in ogni parte mi conduce, et fammi cotal servitio, qual tu vedi, prestare. mà perciò che io del felice stato, nel quale presso del mio signore mi ritrovavo, non mi posso scordare, et dell'amor di lui ancora mi sento fieramente trafitta, qualunque fiata il liuto io tolgo in mano, ilquale in si alto stato m’havea collocata, et al signor mio tanto diletto dar solea, non posso far di meno, che io non gitti molti cocenti, et dolorosi sospiri. onde caramente ti prego, che poscia che di quei la cagione io ti ho racconta, alcun rimedio, potendo, tu mi voglia dare. alle quai parole havendo la giovane posto fine, mosso io pe'l grave accidente à lei avenuto à compassione, dalle lagrime non potei contenermi; et promessole di dover con ogni mio potere alcun rimedio al grave dolor suo ritrovare, mi disposi di voler co’ segnali da lei datimi il suo signor cercare, per fargli conoscere, che [p. 81v modifica]tutto che egli la giovane à si crudel morte havesse dannata, ella nondimeno dell'amor suo fieramente ardeva. et da lei presa licenza, et postomi in camino, nello spatio di otto giorni in una bella, et gran città arrivai, dove sendo stato bandito, che chiunque fusse venuto alcuna bella novella alla presenza vostra à raccontare, da voi di molti, et ricchi doni sarebbe presentato, diliberai di venire dinanzi à voi per farvi un accidente non ad altrui mà à me stesso avenuto palese. le quai parole incontanente c'hebbe Behramo udite, Haime, diss'egli tra se stesso, questa in vero è la mia Diliramma: et dal novellatore accertatosi in qual parte, et in potere di cui si ritrovasse, diversi messi al padrone di lei mando, facendogli un gran thesoro in nome suo offerire, ove la giovane havesse alla presenza sua condotta; perciò che della musica dilettandosi, et della virtu di lei sendo all'orecchie sue pervenuta, sommamente d’udirla disiderava. giunti dunque i messi di Behramo di al mercatante, et disiderando egli piu tosto per acquistarsi la gratia di gran signore, che per altra offerta, ch’in nome suo fattagli fusse, di aviarsi nel paese di lui, subitamente colla giovane si mise in camino, et havendole la cagione del lor viaggio racconta, s'avide ella il vecchio servitore suo haverle ottimamente la promessa servata, havendo al suo signore di se data novella; et non molto dopo nella imperiale città arrivati, à Behramo tantosto fecero la lor [p. 82r modifica]venuta intendere. ilquale da un sol gentil'huomo accompagnato alla casa, dove con Dìliramma il mercatante era alloggiato, et vedutala, et abbracciatala, non potendo tenere le lagrime di dolcezza, non si puo dire da quanta allegrezza fusse soprapreso, et havendo al mercatante raccontata la crudeltà, che alla giovane usata havea, dopo havergli di molti pesi d’oro fatto dono, Diliramma presso di se ritenne. laquale al vecchio servitor suo sentendosi grandemente obligata, caramente il signore pregò, che poscia che egli d'haverìa nel primiero suo stato restituita era stato cagione, fusse contento per suo amore con alcun'honesto premio di riconoscerlo; il che da Behramo agevolmente ottenne. ilquale poscia per la ricevuta allegrezza dell'havere la sua Diliramma ritrovata, ricoverata del tutto la salute sua, chiamati i tre giovani figliuoli del re di Serendippo, uso loro tai parole: Perche io veramente conosco, giovani di alto, et nobil intelletto dotati, che non havendo saputo quanti medici nell’imperio mio si ritrovavano alcuno rimedio alla grave infermità mia dare, voi soli col sottile avedimento, et consiglio vostro m'havete la pristina salute mia restituita, harrei caro d’intendere come cotal mezzo per lo scampo della vita mia vi siate potuti imaginare; à cui, Sire, rispose il maggiore, perch’io m'avidi, che per haver voi del tutto il sonno perduto, eri in si grave infermità caduto, che della vita vostra poca speranza [p. 82v modifica]ciascheduno havea, et sapendo ancho, che gran parte dell'infermità sogliono co suoi contrarij curarsi, m'imaginai, che non potendo ne' vostri occhi, stando voi nel palagio vostro, sonno entrare, ove sette giorni almeno vi fussi di stanza cangiato, potessi la primiera salute ricoverare: onde i sette palagi, in ciascuno de quali ogni giorno haveste à giacere, vi ricordai, che subitamente faceste fabricare, facendomi à credere, che in cotal guisa agevolmente il sonno havesse ne' vostri occhi à ritornare; Et io, disse il secondo, perche conobbi, che del mal vostro Diliramma, qual voi tanto amavi, et giudicavi, che dalle fiere fusse stata divorata, era cagione, mi feci à credere, che ove con altre donne vi fuste alcuna fiata tratenuto, di lei scordandovi, potessi dall'infermità vostra liberarvi; onde vi ricordai, che ne sette palagi deveste sette bellissimi donzelle far condurre. il che poscia c'hebbe detto; Perch'io, soggiunse il terzo, non potevo credere, che Diliramma, non essendosi della sua morte nel bosco alcun segno veduto, fusse stata dalle fiere divorata, giudicai, che, ove voi haveste fatto in diverse provincie bandire, che sette novellatori vi fussero mandati, i quali alcuna bella novella raccontandovi ricchi nelle loro città rimandareste, Diliramma col mezzo di alcuno di loro v'havesse dello stato, et esser suo ad accertare: et in cotal guisa di sette novellatori mi venne nel pensiero di ricordarvi. di che Behramo havendo à tutta tre i giovani rese [p. 83r modifica]grazie infinite, et confessando di riconoscere la vita dall'alto, et nobil intelletto loro, di gran thesoro presentatigli, nel lor paese li rimandò. i quali in camino postisi, et nel regno del padre arrivati, lui che di già vecchio era, infermo ritrovarono, il quale con grande allegrezza ricevutili, et conosciutili veramente perfetti, per haver colla dottrina le varie maniere, et costumi di diverse nationi apparate, dopo haver loro data la benedittione della presente vita passò: et il maggior nel regno succeduto, quello con molta prudenza, et gran contento de' suoi vasalli lungamente governò. il secondo poi per non mancare alla Reina, che lo specchio à Behramo restituì, nel paese di lei avitatosi, et, secondo la promessa fattale, toltala per moglie, di quel regno divenne padrone. ne guari di tempo stette, che havendo Behramo una giovane figliuola, ricordandosi del ricevuto beneficio, mandò al terzo fratello quella per moglie ad offerire; il quale accettatala, et con una gran compagnia postosi in viaggio alla corte di Behramo ritornò, dove le sponsalitie solennemente celebrate per la morte del suocero, la quale poco tempo da poi successe, di tutto l'Imperio suo divenne signore.

IL FINE.


IN VENETIA per Michele Tramezzino,


M D L V I I.