Periodi istorici e topografia delle valli di Non e Sole nel Tirolo meridionale/Topografia della Valle di Non/Giurisdizione di Castelfondo

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Giurisdizione di Castelfondo

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Topografia della Valle di Non - Introduzione Topografia della Valle di Non - Quartiere di mezzo

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Giurisdizione di Castelfondo.


L
a giurisdizione austriaca di Castelfondo giace a settentrione della Valle di Non, confina a mattina colla giurisdizione di Caldaro, a mezzogiorno colla Pieve Trentina di Cloz, a sera colla Valle di Ulten, ed a settentrione colla giurisdizione di Tisens. Essa abbonda d’ ogni sorta di legna, e produce ogni qualità di grani. Il torrente Novella trae quì la sua sorgente, e viene formato da due rivi, uno de’ quali discende dalle Palade, e l’ altro dalle montagne di Ulten; poco distante poi da Senale si uniscono; riceve in se altri rivi, e separando la giurisdizione dal distretto trentino di là dall’ acqua passa per il tratto di Cloz, delle Ville di Romallo, e di Revò, e si scarica nel Noce: produce dei pesci ottimi, ma piccioli. L’ antichità di questa giurisdizione si comprova da un privilegio concesso da Conrado Vescovo di Trento1 alla chiesa di Senale nell’ anno 1199, mentre fra li testimoni viene accennato Jacobo de Castro Fundo. Il Brucklenero, il Conte Brandis, ed il P. Fridenfels pag. 26 autori del secolo XVII. scrivono, che una volta fosse posseduta da Gottschalco de Cagnò, e che indi si devolvesse a Mainardo Conte del Tirolo, e suoi successori; ma non adducono documenti, onde non abbiamo altra prova, che la loro asserzione. Quello, che abbiamo di certo si è, che nel secolo XIV., e nel principio del XV. apparteneva alla cospicua famiglia di Rotemburg, mentre abbiamo un ristretto, e confuso urbario giurisdizionale; e lo stemma gentilizio di questa famiglia esiste ancora sopra la porta del castello dinastiale. Un documento dell’ anno 1314 dimostra essere stato Enrico di Rotemburg in Bolzano2 testimonio ad un solenne atto. Altro Enrico di questo cognome figlio, o nipote dell’ antecedente,3 fiorì nel secolo XV., che era capitanio all’ Adige, e del Principe di Trento, del quale abbiamo nell’ Istoria parlato. Ora questo Enrico di Rotemburg, che traeva la sua origine dal borgo, e castello di tal nome in Baviera, secondo Gerardo de Roo4 uomo di gran potenza, e che avea de’ grandi clienti, ed a lui aderivano degli [p. 92 modifica]ecclesistici, ed alcuni dell’ ordine equestre, che non erano molto portati per Federigo Duca d’ Austria, e Conte del Tirolo, questo Enrico, come

si disse, circa l’anno 1411 eccitò de’ Regoli della Baviera a venire nel Tirolo, ed impadronirsene: poteva favorire l’ impresa il Rotemburgo co’ suoi aderenti, perchè padrone di molte giurisdizioni, e tra le altre di Caldaro, e Castelfondo. Vennero i Regoli Bavari, ed assediarono Halla d’ Innsbruck; era Vescovo di Passavia Giorgio Hohenlohe; questi s’ interpose, e si fece un armistizio per due anni; non cessava intanto il Rotemburgo di recar molestie al Duca, e vessava con imposizioni i sudditi delle sue giurisdizioni; ma finalmente Eberhando Vescovo d’ Augusta compose la faccenda, ed i bavari ritornarono al lor paese. Nacque dipoi il tumulto di Trento accennato nell’ Istoria, e quì, come capitanio, ne prese parte anche il Rotemburgo a favore del Vescovo; se n’ ebbe a male Federigo, che un uomo a lui infenso si mescolasse in quest’ affare, il perchè s’ aumentarono li disgusti. Nacquero poi gli sconcerti nella Storia accennati tra Giorgio Vescovo di Trento ed il Duca Federigo, ch’ebbe da che fare col Concilio di Costanza. Intanto fu chiamato Ernesto5 fratello di Federigo, il quale era Duca della Stiria, per occupare il Tirolo; venne egli l’ anno 1415, ma sbrigatosi Federigo dagli affari di Costanza fece ritorno nel Tirolo, e ritrovò, che gli ecclesiastici, e i nobili erano addetti al fratello Ernesto, dove che le città, e giurisdizioni stanche delle vessazioni de’ Prefetti erano del partito di Federigo: si trattò l’affare, ed i fratelli Federigo, ed Ernesto s’accomodarono; Ernesto partì per la Stiria, restando il Tirolo a Federigo, come attesta il citato scrittore: avendo poi Federigo dovuto ritornare a Costanza dissimulò col Rotemburgo, e suoi aderenti; ma verso l’ anno 1416 pensò a castigare li nobili, e Enrico di Rotemburg fu spogliato di tutte le sue giurisdizioni, e per grazia condannato a privata vita, e l’ unica figlia, che avea raccomandata, fu data in matrimonio a Baroni Rechbergio; così le giurisdizioni di Castelfondo , e Caldaro passarono al Duca Federigo. Il Gaven nel Dizionario de' nobili t. 1. pag. 1412. scrive, che la famiglia Rotemburg è intieramente mancata, ed estinta in Germania. Ebbe però la precauzione il Duca Federigo di cattivarsi nel deprimer questi Conti l’ affetto de’ Contadini, e nelle giurisdizioni da lui occupate loro donò la libertà, qual costume erasi già al finire del secolo 13. introdotto in Germania, come osserva Eckard Intr. in rem diplomat. pag. 131., e ridusse le prestazioni 6 personali a livelli ereditarj; e in questa guisa innalzò il quarto stato del Tirolo, ch’ ebbe dipoi la sua stabilità, e si procurò una utilità urbariale, e da ciò ebbero origine li urbarj dinastiali, che tuttora sussistono. S’ accomodò il Duca in seguito col Vescovo di Trento per la giurisdizione di Castelfondo, e la riconobbe per feudale, e mensale assieme con quella di Caldaro, e li 26 Giugno 1424 dal Vescovo Alessandro di Mazovia prese [p. 93 modifica]l’investitura di tutto ciò 7 che avea posseduto il Rotemburg proveniente dalla chiesa di Trento a titolo di feudo; fu poi riconosciuta come feudo mensale da Ferdinando Re de’ Romani l’anno 1532; 8 e continua al presente. Del resto il Duca Federigo passò a miglior vita l’anno 1439 con aver lasciato una considerevole eredità all’unico suo figlio Sigismondo; ma sotto di questo, e suoi successori si cangiarono le circostanze, e s’aumentarono i bisogni dello stato, onde diverse giurisdizioni del Tirolo per una certa somma di denaro furono date in pegno a diversi; per questo motivo la giurisdizione di Castelfondo fu data in pegno alli Conti di Fuchs; ma non restò molto in questa famiglia, mentre l’anno 1516 passò alli Baroni di Thunn, e l’anno 1573 fu eretto il pubblico documento di pignorazione, e continua ad esserlo di presente nella linea de’ Conti di Thunn di C. Brughiero, che per convenzioni di famiglie la unirono. Anzi l’Augusta Maria Teresa l’anno 1775 concesse a Gio. Vigilio Conte di Thunn l’investitura feudale d’una decima ragguardevole nella Villa di Castelfondo, quale investitura comprende in mancanza di questa linea tutta la famiglia de’ Conti di Thunn. Per altro sotto l’Arciduca Ferdinando e Conte del Tirolo, ed il Cardinale Cristoforo Madruzzo Vescovo di Trento nacque una contesa per li confini della giurisdizione; si trattò l’affare, e si venne ad una convenzione. Questo Recesso manca di giorno, ed anno, nè altro esemplare si ritrovò nell’archivio vescovile di Trento, nè in quello dinastiale di Castelfondo per tutte le ricerche fatte. Convien sapere, che l’Arciduca Ferdinando prese il possesso del Tirolo l’anno 1567; ed essendo nati de’ sconcerti col Cardinale Ludovico Madruzzo per la rinunzia fattagli da suo zio Cardinale Cristoforo, questi non vennero che l’anno 1578 amichevolmente composti, ed in Trento li 3 Maggio dell’anno medesimo fu pubblicato il Recesso, onde la convenzione per la dinastia di Castelfondo, che non era segnata, fu in questo tacitamente, o espressamente compresa, e si osserva presentemente, perchè tutto fu composto 9 come nota l’autore de’ fatti del Tirolo. Molti articoli contiene questa convenzione; tra gli altri si concede al capitanio del Principe il diritto di far pescar una volta al mese nell’acqua di S. Romedio: quest’acqua serve di confine alle Ville, ed appartenenze, che di là dall’acqua sono giurisdizionali di Castelfondo. Nella Storia si accenna al secolo XVIII. la prestazione dovuta alla comune difesa, perciò si deve avvertire, che fu con decreto provinciale del 12 Dicembre 1802 ordinato, che contribuisca fanti 23 e per tutte quattro le leve fanti 92.

Castelfondo, colle due Ville Rajna e Dovena, Pieve, e Capoluogo della giurisdizione, alla quale diede il nome, giace in pianura, ed ha chiesa parrocchiale. Questo sofferse molto nell’incendio per la seconda volta [p. 94 modifica]seguito li 24 Marzo 1749. Dal monte vicino scorre il rivo Rabbiola, che poi va a perdersi nella Novella: una volta vi si coltivavano viti, ma ora non cresce che grano. Vicino alla Villa di Castelfondo sopra un colle è situato il castello dinastiale nominato castel Castelfondo, fuori del nome di poca considerazione, avendo sofferto li 13 Febbrajo 1670, e nel mese di Gennajo 1738 due incendj, all’occasione de’quali perirono molti documenti, co’ quali s’avrebbe potuto venir in chiaro di molte cose, che restano all’oscuro. Il palazzo di Vigna verso mezzogiorno del castello fu avanti due secoli principiato con ordine di architettura; poi fu abbandonato all’ingiurie de’ tempi, non restando che il maso di Vigna.

Senale è estrema Pieve, in tedesco Maria Wald, con chiesa parrocchiale, che appartiene, e viene amministrata da’ Canonici Regolari della Prepositura di Gries: quì principia ad aver uso il linguaggio, e metodo di vivere tedesco, e la Villa è dispersa, e composta di masi, il clima è rigido, ed alpestre, la campagna vien sovente danneggiata dalla gragnuola, e nevi, e la maggior parte de l’anno si scalda d’ordinario la stufa, abbonda di pascoli; l’avena, la segale, e poco frumento sono i grani che vi crescono. La chiesa parrocchiale viene frequentata per una divota immagine di Maria Vergine, che vi si ritrova. Poco distante stavvi posto un imperial regio dazio figliale, che avanti 60 anni non esisteva, indi si sale al Campen, ossia Palade, monte, per dove si passa a Tisens. All’occasione, che nella giurisdizione furono erette le Cappellanie locali di Rufredo, Amblar, Don, e Tavon con aulico decreto dei 10 Marzo 1785, i masi Negroni di Senale, che appartenevano alla Parrochia di Castelfondo, furono uniti a Senale. Ne’ tempi di mezzo questa parrocchia era soggetta alla Pieve di San Lorenzo di Sarnonico, ed in Senale deve essere stato un ospizio, se non vogliamo dire convento. Papa Lucio III. l’anno 1185, che per affari ritrovavasi in Verona, la esentò 10, e diresse la Bolla al Rettore, e fratelli professi di Senale.

La Villa di S. Felice, ove prevale il metodo tedesco, giace a mattina di Senale, in un clima non tanto rigido, e forma una mediocre curazia, quale è compresa nella parrocchia di Fondo, ma nel rimanente appartiene alla giurisdizione di Castelfondo. Il tempo, e la venuta di questi tedeschi nella Valle è incerto; noi lo ascriviamo alla divozione verso il monastero, ossia ospizio di Senale, e pensiamo, che li abbia attirati il servizio, che in quello ritrovarono: acquistarono poscia de’ terreni incolti, quali ridussero a masi, mentre tutti contribuiscono alla canonica di Senale.

Brez Pieve, oggidì anche Arsio, forma la principal parte della giurisdizione di C. Fondo: è composta di sei Ville; tre sono unite, cioè propriamente Brez, Riva, e Traversara', giacciono in una amena pianura, e [p. 95 modifica]vi crescono frutta, e grani d’ogni sorta: al basso nelle colline si coltivano anche le viti, ma in poca quantità. La situazione è la più meridionale della giurisdizione, avendo a fronte il mezzodì, e confina colla Pieve di Cloz. Il Pincio 11, e dopo di lui il Reschio 12 credono potersi dedurre dalla Geografia di Tolomeo, che Brez ne’ tempi rimoti era una città detta Brecina, o Bretina. Veramente nello scavare alla campagna detta i Casalini furono ritrovati a’ nostri tempi ordigni di cucina, e segni di case, onde si dovrebbe dire, che l’abitato fosse più ragguardevole. Anche l’anno 1777 poco lungi dalla Villa verso Fondo fu ritrovata una sotterranea volta, a guisa di sepolcro, fabbricata di tofi, chiusa con una pietra come un forno, ed ancora bianca, nella quale v’erano distese le ossa di tre cadaveri umani, de’ quali quello di mezzo aveva ossatura d’una non ordinaria lunghezza, e gli altri due mostravano di essere stati di due giovani dell’età circa di 7 anni. Tutte tre le teste, ossia cranj erano cadenti da un guanciale di muro, su cui pria d’infracidirsi le carni dovevano esser appoggiati. Ciò dimostra l’antichità del Villaggio, non potendosi dubitare esser ciò stato una sepoltura de’ Gentili. Non si potè però ritrovare nè iscrizione, nè medaglia alcuna. Ma il Rollin 13 nella sua Istoria antica osserva, che la Geografia di Tolomeo è assai estesa, e pure in ogni luogo circostanziata; ma questa estensione medesima la rende più sospetta, essendo difficile, che in tutti i luoghi sia esatta, e corretta. Strabone, che non nomina Becuni, riferisce una buona parte di ciò, che scrive, avendo gli occhi proprj per testimonj, come quello, che avea fatti molti viaggi per assicurarsene da se stesso. Anche il Marchese Maffei 14 nella Verona illustrata, opera, che contiene di più di quello porti il titolo, seguendo l’Olstenio, il Cluverio, e Cellario, uomini, che all’antica Geografia sacrificarono la lor vita, osserva, che Tolomeo, ove tratta di queste parti, confonde tutto: scusabile in così vasto assunto fu forse uno Scrittore Egiziano di molti sbagli. Dopo i Cenomani, continua egli, si pongono a occidente della Venezia i Becuni, inaudito nome, del quale non si è mai ritrovato riscontro alcuno: o Camuni si dovea scrivere, o Breuni, che restavano ad occidente della Venezia; mentre la nostra Brecina resta a settentrione. Reca anche meraviglia, che questi Becuni non siano nominati nel Trofeo d’Augusto accennato nella Storia, abbenchè Tolomeo abbia fiorito sotto M. Aurelio. La scoperta di qualche lapide potrebbe chiarir il tutto. Ritornando alla Pieve, questa è intersecata [p. 96 modifica]da alcune picciole Vallette, che divertono dalla campagna, e dalle Ville il pericolo d’inondazione, che potrebbe succedere nelle pioggie strabocchevoli. Poco distante dalle accennate Ville si ritrova Carnalez, e più a settentrione Salobbi situato in altura verso Castelfondo più vicino alla miniera di marmorina accennata nell’introduzione alla Storia. La chiesa parrocchiale è discosta da queste Ville, e di questa ne hanno il diritto di patronato li Conti d’Arz.

Arsio, che diede il nome a tutta la Pieve, in tedesco Arz, picciolo Villaggio, giace in pianura alle falde d’un monticello: poco distante da questa Villa si ritrova il vecchio castello Arz, ossia Arsio, alla destra della Novella. Da che li Conti di tal nome trasferirono il loro domicilio ad Arsio nel palazzo novellamente rifabbricato, ed in Revò, ove esiste un’altra linea, il castello ha perduto il suo splendore; si ritrova ivi un picciolo laghetto. Avendovi villaggio, e castello, che porta il nome d’Arz, dobbiamo riguardare questa famiglia come originaria del paese già ne’ tempi anteriori all’introduzion de’ cognomi, de’ quali abbiamo nell’Introduzione parlato. Di questa famiglia de’ Conti d’Arz, in italiano Arsio, abbiamo un documento, che ritrovasi nell’archivio d’Innsbruck, ed in quello di Trento15, ove Alberto I. Vescovo di Trento li 9 Luglio 1185 in presenza di Warimberto de Arso investisce a retto feudo tra gli altri Comitem Odolricum tantum de castro de Arse. Questi Conti ne’ secoli di mezzo amministravano la giustizia16, e da ciò prendiamo il principio della giurisdizione d’Arsio, la quale comprende l’intiera Pieve, e della quale i Conti d’Ars ne prendono l’investitura dal Conte del Tirolo, e presentemente esercitano ogni sesto anno separatamente dalla giurisdizione di C. Fondo per mezzo d’un Vicario, che amministra in vece dei Conti giustizia. Questi Conti vennero in seguito inseriti nella matricola del Tirolo, ed aumentarono i loro feudi, e divennero camerieri ereditarj del Principato Trentino. Nelle notizie trentine17 all’anno 1307 Sycherio, ossia Suicherio, viene nominato nobilis vir miles; e nel recesso di Bolgiano, nella Storia accennato, dell’anno 1407 fra li testimonj viene annoverato Odorico Comite de Arso. Ma dopo sofferse questa famiglia una funesta mutazione: erano aderenti ad Enrico di Rotemburg, onde anch’essi vennero privati dal Duca Federigo d’Austria de’ loro18 feudi, e della dignità di Conti. Se vogliamo prestar fede al Burcklenero19, egli nomina Udalrico di Arsio come aderente al Rotemburgo, ed a questo [p. 97 modifica]furono dati degli allodj in Caldaro. Abbiamo avuto alle mani un originale investitura fornita di tutti i requisiti diplomatici di Ferdinando Re d’Ungheria e di Boemia Conte del Tirolo, che fu poi Imperatore il primo di tal nome, data in Innsbruck li 24 Novembre 1529 (era a quel tempo Ministro alla reale Corte Bernardo Clesio); conferisce in questa nella principesca Contea del Tirolo 20 a Giorgio d’Arz 21 per sua umilissima supplica a titolo di feudo la giurisdizione, e il castello d’Arz, colla riserva di cinque anni consecutivi a favore de’ Conti del Tirolo, ed il sesto anno che la possa godere con tutti li suol emolumenti Giorgio d’Arz e suoi Eredi: del successo sotto il Duca Federigo non si fa menzione. Riscontrate le investiture di Federigo medesimo antecedenti al fatto del Rotemburgo non si ritrova questa risserva a favore de’ Conti del Tirolo, onde veniamo al chiaro come terminò quest’affare dopo la morte del Duca Federigo, e che siano favole certi racconti del volgo intorno a quest’affare. Nella medesima investitura vengono nel resto conferiti i feudi istessi, che si ritrovano nominati nelle antecedenti investiture. Della depressione di questa famiglia ne fa fede l’istesso diploma di Ferdinando III. Imperatore dato in Linz li 17 Agosto 1648, col quale li rimise anche nella dignità di Conti. Aggiunsero poi il feudo di castel Vasio situato nella Pieve di Sarnonico. Conviene però credere, che i Vescovi Trentini non riconoscessero la cassazione del Duca Federigo, perchè in Trento nella chiesa degli Agostiniani esiste una lapide collo stemma gentilizio, e colla seguente iscrizione, che si ritrova anche nell’archivio d’Innsbruck: Sepulcrum nobilium virorum, Dominum Federici Lanesi, & Aliprandi Comitum Castri Arsi, Vallis Ananiæ, in quo jacet nobilis, & egregius juvenis, & Comes Dominus Aliprandus de Castro Arsi, qui obiit die jovis octavo mensis Februarii 1474. Il marmo è corroso. Nel trascorso secolo fiorì Felice Ferdinando Cavaliere dell’Ordine Teutonico, e Commendatore di Sterzing, Ciambellano, Consigliere imperial regio intimo, e generale dell’Elettore di Baviera; morì in Revò 22 li 25 Settembre 1726 nell’età d’anni 54. Questa famiglia ha anche de’ vassalli, ai quali spedisce il seniore le investiture: queste sono del secolo XV., e si riferiscono all’antica osservanza; forse saranno perite le antecedenti; oltre le prestazioni solite di livelli contengono l’obbligo di fedeltà, rispetto, e difesa verso l’investienti, e con ciò veniamo a confermare, quanto abbiamo nella Storia accennato, che i feudatarj più ragguardevoli aveano de’ vassali subordinati. La spedizione di queste investiture continua anche al presente, ed abbiamo avuto alle mani un vecchio urbario, che le conservò, e si usò sempre il titolo di Conti, perchè spedite da’ notari trentini. Si [p. 98 modifica]ritrovano in questa Pieve vantaggiose fondazioni: una di sei alunni nel collegio di Graz detto Ferdinandeo; fu lasciata da Antonio Avancini Parroco, e Decano della città di Hardberg nella Stiria, nato in Brez l’anno 1583. A questi stessi alunni, che devono esser consanguinei del fondatore, lasciò la sua eredità Luigi Bertoldi nativo di Brez, Arcidiacono di Graz. Essendosi poi ridotti li alunni al numero di quattro, Luigi Borzaga di Brez, Parroco di S. Leonardo presso Graz, aggiunse altra fondazione per due alunni parenti del fondatore Avancini, ed in difetto per studiosi nati, ed educati in Brez. Altra fondazione lasciò li 3 Marzo 1648 Giacomo Gola nato in Brez l’anno 1600 Decano della Collegiata di N. S. in Monaco, e Consigliere Elettorale con stipendio per quattro studiosi, i quali discendessero da suoi fratelli, ed in difetto da sua sorella. Non deve ommettersi, come nativo di questa Pieve, Giovan Michele de’ Menghin Professore di medicina nell’Università d’Innsbruck, Direttore della facoltà medica, Protomedico del Tirolo, e Consigliere dell’imperial regio Governo in materia di sanità: morì nell’età d’anni 50 in circa in Innsbruck l’anno 1789 alla fine di Maggio. Egli pubblicò diverse Dissertazioni mediche, e l’analisi delle acque di Val di Sole, della quale si parlerà. In premio di ciò fu da Maria Teresa Imperatrice creato Cavaliere degli Stati ereditarj col predicato di Brurnonthal. Appartengono alla giurisdizione di C. Fondo 26 case, che sono disperse nelle Ville trentine, quali dall’Arciduca si vollero riservate nella convenzione come abitazioni nobili. Ad oriente della Valle di Non nella Pieve di Romeno si ritrovano le due Ville una di Don e l’altra d’Amblar, piccioli luoghi alle falde del monte Valavena abbondante di legna.

La Villa di Rufredo nella Pieve di Sarnonico estremo Villaggio della Valle contiene diversi masi in tedesco chiamati vandoi: sotto la Villa si ritrovano 3 laghetti, da’ quali sorte il rivo di Rufredo, che riceve le acque di Don, e Amblar, ed a S. Romedio si unisce con un altro rivo detto Verdes, e formano l’acqua di S. Romedio. Poco distante da questa Villa si ritrova la Mendola, e l’osteria di tal nome, per dove si passa a Caldaro. In Rufredo ebbe i suoi natali nel secolo passato il Borgomastro della Città di Vienna Pietro Giuseppe Kofler, che sotto l’augusta M. Teresa coprì con somma lode per molti anni tal importante impiego, fatto dalla medesima Cavaliere de li Stati ereditarj, e Consigliere della Reggenza: morì in Vienna li 26 Maggio 1764 nell’età d’anni 64. Finalmente appartengono alla giurisdizione di C. Fondo nella Pieve di S. Zeno il Santuario di S. Romedio, e la Villa di Tavon. Verso mattina poco distante da S. Zeno si apre una Valle detta di S. Romedio, per mezzo della quale scorre un torrente, che porta lo stesso nome, ed abbonda di trote squisite, ma picciole, e si scarica poi nel Noce: ai due lati della Valle si alzano due cengi legati l’un l’altro, che sembrano una continuata muraglia, e cammin facendo per mezz’ora si scopre sopra eminente cengio un Santuario, alla cui custodia vi dimora un Sacerdote col titolo di Priore, che viene presentato dal seniore de’ Conti di Thunn per concessione di Leone X. a [p. 99 modifica]gione dell’aumento fatto23 alle rendite del Santuario. Per salire alla Cappella, ove riposano le reliquie del Santo, conviene ascendese 90 e più scalini di pietra, si passa anche per una chiesa competente. Altri appellano il Santo Remedio co’ suoi due compagni Abraam, e David. Nel passato secolo l’erudito abate Girolamo Tartarotti, ed il P. Bonelli hanno fortemente disputato intorno alla patria, e al nome di questi Anacoreti, così appellati dal Greco idioma: a noi basterà il dire, ch’essi furono già in venerazione nell’anno 1135, e questa continua non solo nella diocesi di Trento, ed in quella di Bressanone, ma anche in diverse di Germania; e chi desira maggiori notizie, queste si hanno negli Annali Sabinionesi al secolo IV. §. 72., e nelle Notizie di Trento t. 1. dissert. 1. Ne’ bei giorni della chiesa abbiamo un gran numero di Anacoreti, detti Ascetici, che il Fleuri24 chiama martiri della penitenza, che si separavano dal mondo per meditare le cose celesti. La vicinanza del luogo del martirio de’ Santi Anauniensi enunziato al Cap. II. sembra aver dato occasione al ritiro di S. Romedio. Continua il concorso a questo Santuario principalmente nella state, vi vengono anche de’ forestieri, e continua la venerazione per una costante tradizione.25

Tavon è picciolo Villaggio: poco distante si ritrova un colle detto Dos Tavon, ossia maso. Nel passato secolo uno scaltro contadino, Bartolommeo Stancher, per farsi credito l’anno 1772 propalò d’aver ritrovato un ragguardevole tesoro in Antiche monete d’oro, e di averlo consegnato al Primissario di quel luogo Don Gasparo Ziller. Siccome veniva ad averne parte il regio fisco, si principiò uno strepitoso processo, ed il Sacerdote li 2 Gennajo 1773 fu condotto in arresto nel castello di Roveredo, si dibattè l’affare con grande impegno per tre anni, ed il processo arrivò a 700 fogli. L’ufficio ecclesiastico di Trento Sede vacante li sei Aprile 1776 diede un ragionato parere, e dimostrò l’impostura. Il supremo Tribunale di Giustizia li 20 Agosto 1777 dichiarò il Sacerdote innocente, e fu posto in libertà; e siccome il contadino ritrovavasi in Vienna, fu arrestato, e spedito ad Innsbruck. Fu indi spedita un’aulica Commissione, il contadino posto alle strette confessò l’impostura, ed in pena fu rilegato. Il Sacerdote ottenne dall’augusta Maria Teresa un’annua pensione di fiorini 340 vitalizia, e morì in S. Zeno li 5 Gennajo 1797 nell’età d’anni 81.

Note

  1. Notizie Trentine V. 3. P. 1. pag. 180.
  2. Ducis Corinthiæ Curiæ Magistro Notizie di Trento V. II. pag. 648. Si nomina anche Sigfrido de Rotemburg.
  3. Loc. cit. V. I1I. P. I. pag. 354. Si chiama potens Capitaneus.
  4. Annales Austriaci Lib. IV. pag. 147. Fridericum domi turbæ exceperunt, quarum concitator præcipuus erat Henricus quidam Rotemburgicus, magna potentia, & clientelis subnixus, quique inter omnes totius regionis optimates maxime unus præminebat. Erat enim Athesinæ ditionis, vetustæque arcis Tirolis (unde regioni nomen) & aliorum aliquot locorum præfectus. Nec deerant ex Ecclesiasticis quoque, & equestri ordine nonnulli, qui Principi minus obsequentes, adversos de ipso rumores ferebant, neque alio fere nomine, quam Fridericum cum vacua pera, vulgo appellitabant. At horum contumelias facile dissimulabat Fridericus; ab Henrico major metus incumbebat, ut qui summo magistratui absque collega præfectus, maxima secum momenta rerum traheret.
  5. Roo loco cit. pag. 157.
  6. Fatti del Tirolo pag. 78.
  7. Monumenta Eccles. Trident. pag. 128.
  8. Loc. cit. pag. 182.
  9. Pag. 95.
  10. Notizie di Trento t. III. pag. 176. Rædingero Rectori, & Fratribus Sanctæ Mariæ de Senali regularem vitam professis salutem .... Veronæ XI. Kal. Octob. Altra Bolla segue di Onorio III. dell’anno 1221, e vien chiamato ospitale loc. cit. pag. 193.
  11. Lib. VI. pag. 37. tergo, scrive: "Anauniam Vallem fuisse Bechunorum; quia nostra etiam tempestate vicus est, quem vulgus Brecium appellat, quæ fortassis ea est Brecina, de qua meminit Ptolomæus ... etsi in quibusdam codicibus Brecina scriptum sit."
  12. Annales Sabinionenses sæcul. IV. n. 188. riporta il testo di Tolomeo: Bechunorum, qui sunt ab occasu Venetiæ civitates hæ sunt ... Vannia, Caraca, Brecena, Anaunium.
  13. Tom. XV. pag. 66.
  14. Lib. I. pag. 22.
  15. Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ.
  16. Media ætate singulis pagis præerant Comites, qui Principum vice provincias regebant, & per vicos jura reddebant. Eckard Introductio in rem diplomaticam Prœm. §. XIV. not.
  17. Notizie Trentine V. III. pag. 124.
  18. Fridericus Tirolensium Princeps, nobilium quorumdum conatibus eundum ratus, Henricum Rotemburgicum omni prorsus ditione exuit... Eamdem cum Henrico fortunam sortisus Calderani Dominus.... ac alii nonnulli. De Roo L. 4. pag. 164.
  19. Manoscritto istorico L. 13. e 21. pag. 414.
  20. Non fu sempre usata la denominazione di principesca sino a Carlo VI, e si ritrovano diversi documenti, che portano Contea semplicemente.
  21. La lettera t fu forse posta inavvertentemente, mentre nel resto scrive semplicemente Arz.
  22. Nella chiesa parrocchiale esiste l’iscrizione sepolcrale.
  23. Fridenfels P. Amando Canon Præmonstrat. Opera uscita in foglio Praga 1699 col titolo gloriosus Sanctus Romedius, calamo panegirico adornata; l’opera è adorna di eleganti rami, ed in fine è delineato il cengio mastino eminente col Santuario, e la giurisdizione di C. Fondo, alla quale aspetta.
  24. Discorso preliminare II. §. III.
  25. Il Boehmero celebre scrittore Protestante I. E. P. L. I. tit. 4. §. 20. non rigetta queste tradizioni scrivendo: quæ per traditionem a majoribus de manu in manum in successsores sunt derivata, habent præsumptionem pro se veritatis, & fidem operantur historicam, donec probetur contrarium.