Poesie (Eminescu)/LXVI. Epistola IV

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LXVI. Epistola IV

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Mihai Eminescu - Poesie (1927)
Traduzione dal rumeno di Ramiro Ortiz (1927)
LXVI. Epistola IV
LXV. Epistola III LXVII. L’Astro
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LXVI.

EPISTOLA IV.


Sta il castello solitario rispecchiandosi nei laghi,
ed in fondo all’acqua chiara dorme l’ombra sua da secoli;

misterioso sta nella notte e di tra gli abeti s’innalza,
dando tanta oscurità ai roteanti flutti.

5Attraverso le finestre ad arco, dietro i vetri, treman solo
lunghe tende increspate che scintillano qual brina;

la luna tremola sui boschi, s’accende, si fa grande,
e spigoli di rocce e vette d’alberi profila sul cielo,

mentre le querce sembran sentinelle giganti,
10che il suo sorgere veglino come un tesoro arcano.

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Solo i bianchi cigni che lievi galleggian tra le canne,
padroni di quell’acque, ospiti di quella calma,

coll’ali aperte starnazzano e l’acque muovono
ora in cerchi ondeggianti, ora in solchi luminosi.

15Fremendo i giunchi si piegano al passare dell’onda,
e, nell' ombra fiorita, sonnolento un grillo sospira....

C’è tanta estate nell’aria! è così dolce il susurro!...
Solo un cavalier nella notte sospirando guarda il balcone

cosi carico di verdura, che dalla ringhiera traboccano
20rosse rose di Sciras e liane di mille specie.

Il respiro di quell’acque lo inebbria nella dolce sera
e, sull’incanto della natura, dolci accordi sgocciola la chitarra:

Oh móstramiti di nuovo in quella tua lunga veste di seta,
che par tutta coperta d’una polvere d’argento!

25Tutta la vita starei a guardarti in quella tua corona di raggi,
mentre passi la bianca mano sulle tue chiome bionde.

Vieni! Folleggia con me.... col mio destino,... gittami
dal tuo seno dolce il fiore pallido delle rive del lago,

perch’egli cada leggiero sulle corde sonore della chitarra....
30Oh, è sì bianca la notte, che par sia caduta la neve!

O fa’ ch’io venga all’ombra profumata della tua stanza
e m’inebbrii del profumo delle tue tele di lino!

Cupido, allegro paggio, velerà colla manina
la tua lampada violetta, flessuosa mia Signora!»

35Ed ecco un frusciar di seta sul marmo tra i vasi di fiori,
tra le rose di Sciras e le liane azzurre.

Di tra i fiori la fanciulla ride e sulla ringhiera si piega:
pari a un lieve volto d’angelo è l’aspetto dell’amata!

Dal balcone gli gitta una rosa, e, colle mani alla bocca,
40par che lo rimproveri, mentre dolci susurri gl’invia;

poi di nuovo sparisce, odi passi che scendono....
e, uscendo rapida dalla porta, eccoli che si son presi alla vita.

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Sottobraccio incedono stretti.... e stan bene così vicini:
essa bella ed egli giovane, egli alto ed ella alta.

45E dall’ombra della riva si stacca ora e prende il largo
la barca colle vele che le pendono dall’albero,

e leggiera avanza a silenziosi colpi di remi,
tanta malia e tanta bellezza cullando....

La luna? la luna esce intera e s’innalza cosi bionda,
50che da riva a riva traccia un sentiero di fiamma,

che su di un’infinità di piccole onde par ch’ella posi leggiero,
lei, la fanciulla d’oro, sogno della nebbia eterna;

e, come la luce è più dolce, così le sponde si precisano
e, come crescono i flutti, così anch’esse s’innalzano;

55il bosco appare più grande e sembra venir più vicino,
insieme col disco della luna ormai padrona dell’acque,

e i tigli dalla larga ombra e dai fiori fino a terra,
verso l’acqua oscura lievi fremono al vento.

Sul biondo capo della fanciulla aleggiando piovono i fiori,
60mentr’ella con ambe le braccia s’avvince al collo dell’amato

e indietro il capo riversa: «M’ammalii ma non mi spaventi!
Oh quanto terribilmente dolce su’ tuoi labbri suona la parola!

Come in alto sollevi nel tuo pensiero la tua povera schiava,
il cui solo ornamento è il tuo pensiero d’amore!

65Col fuoco della tua voce m’ardi e mi rapisci,
sì che mi par d’ascoltare una favola d’altri tempi;

pieni di tutti i tuoi sogni, gli occhi tuoi son così tristi,
che nella lor umida profondità il mio pensiero si perde....

Dàmmeli a me i tuoi occhi neri.... non guardarmi così in tralice
70poi che della dolce lor notte non mi sazierei in eterno,

divenir cieca vorrei fisandoli.... Oh ascolta un poco laggiù
come innamorati parlano i flutti colle stelle indovine!

Parlan sognando i boschi neri e le sorgenti azzurre,
de’ nostri amori tra loro susurrano in segreto

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75e gli astri che freddi brillano tra la ramaglia oscura,
la terra, il cielo, il lago, tutti ci son amici....

Ben potresti il timone abbandonare e i remi,
perchè a lor piacere ci portin l'onde rapide,

poi che dovunque rapirci con loro vorranno,
80dovunque felici saremo, nella vita e nella morte!»

· · · · · · · · · · ·

Fantasia, fantasia! Quando m’hai in tuo potere,
com’è facile viaggiare per mari, laghi, foreste!

Ma.... infelice! dove hai visto tali plaghe sconosciute?
quando avvenner queste cose? Forse al mille e quattrocento?

85Ahimè che a tuo piacere più non puoi abbandonarti al sogno,
perderti negli occhi dell’amata, carezzar la tua fanciulla,

cingerle il collo col braccio, le labbra premer sulle labbra
e il petto al petto, nè domandarle: «M’ami tu? davvero?»

Niente! Hai teso appena le braccia che all’uscio s’ode picchiare
90e una processione di parenti ti sfila importuna davanti,

sì ch’hai appena il tempo di riscuoterti e chinar gli occhi a terra....
o che in questo mondo non ci sia un angolo per star soli?

Vedili ora come mummie rigidi sulle sedie,
mentre colle dita nervose tu scherzi con una frangia

95o arrotoli una sigaretta o conti i peli dei baffi
e in problemi di culinaria cerchi mostrarti esperto.

Sono stufo d’una tal vita.... Non la coppa ch’ella, m’offre,
ma questa grigia miseria, questa prosa mi è amara....

A che con tante lagrime santificare un istinto
100vano, che, due volte all’anno, accoppia anche gli uccelli?

Non voi vivete, ma l’altro che v’ispira, — è lui che vive,
lui che ride sul vostro labbro, lui che s’estasia, lui che susurra,

poi che la nostra vita non è che l'onda che scorre
ed è sempre lo stesso fiume! Il fiume! Ecco il Demiurgo!

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105Non v’accorgete che il vostro amore vi è estraneo?
che, folli! le cose più sciocche vi sembran meraviglie?

Non v’accorgete che serve ai fini della Natura,
ed è culla d’altre vite, che saran semi d’odio?

Non vedete che il vostro riso nei figli vostri è pianto,
110e ch’è solo per sua colpa che ancora vive il seme di Caino?

O teatro di fantocci!... vano suon d’accenti umani!
Mille fole e barzellette voi narrate senza intenderle

come tanti pappagalli!... Affé mia sembrate attori
che recitino a sè stessi e ripetano all’infinito

115ciò che sempre i secoli dissero e che diranno ancora,
finché il sole si spegnerà precipitando all’imo.

Che? Quando la luna sui deserti filtra di tra le nubi il suo raggio,
tu, col tuo mondo di pensieri, vorrai seguirne l' orme?

O vorrai scivolar sul ghiaccio delle strade sotto la neve,
120guardare i lumi accesi d’una ben nota stanza

per veder la tua bella fra uno stuol di perdigiorni
mentre a tutti sorride nella sua leggerezza?

ed ascoltar di fuori il tinnir degli sproni e il frusciar delle gonne
mentr’essi s’arricciano i baffi ed esse fan l’occhio dolce?

125Mentre lei con uno sguardo dà l’appuntamento,
tu col tuo ridicolo amore te ne starai fuori al gelo?

Amerai, ostinato e violento come un fanciullo,
chi è fredda come la neve e incostante come Marzo?

Protendendo a lei le braccia, perderai la ragione
130ad ammirarla e carezzarla dal capo alle piante col pensiero,

come un bel marmo di Paros o una tela del Correggio,
mentre è fredda e civetta? — Via, caro, sei ridicolo!


Si.... sognavo un tempo colei che m’avrebbe amato,
che quando fossi sopra pensieri mi guarderebbe di nascosto

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135ed io la sentirei vicina, ed ella lo saprebbe....
Oh, delle nostre povere vite avremmo fatto un poema!...

Non la cerco più.... A che cercare? È sempre la stessa canzone....
il desiderio della pace eterna, che mi suona all’orecchio;

ma l’organo è stonato, e, di tra le note stridenti,
140l’antica melodia appena appare di tanto in tanto,

come sorgente che palpiti nella notte, come raggio
puro d’un Carme Secolare sognato un di

di tra le note che fischiano, stridono, s’infrangono
e tumultuando s’incalzano con furia selvaggia!

Mentre nel pensiero mi passa l’uragano e il capo m’arde di febbre,
145aspro, fréddo risuona l’eterno canto interrotto....

Dove son le note serene della mia vita, perch’io le canti?
Ahimè che gli organi son guasti e l’organista è pazzo!