Poesie (Mamiani)/Idillj/I due Amori
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I DUE AMORI.
Pontano. Della fertil Natura
Amor figliuolo e padre,
Delle cose leggiadre - anima e luce;
Tu nel porpureo sen di gioventude,
5Nudrito di piacer, metti le piume,
Tra i vezzi e i baci delle Grazie ignude;
Pot, tutto infuso dell’idalio lume
Che di lor guardo piove,
Cresci e voli alle prove
10Del tuo gentil valore,
Degli uomini signore - e degli Dei.
Costanzo. Amore alma è del mondo, amore è cetra
Che d’auree corde ed infinite e sante
Leva eterna melòde al primo amante.
15Qui il miglior raggio che di lui traluce
E a figurar ne ajuta il paradiso,
Entro nel giro di begli occhj luce,
E in quel benigno innamorato riso
Che dell’alma è splendor parvente in viso,
20E alle forme superne è simigliante.
Pontano. China sui molli e candidi origlieri,
Come sul vitreo lago un fior di loto,
E da blando sopor vinta l’altrieri,
La vidi e stetti ad ammirarla immoto.
25Dalle ombrate pupille
Uscian veneri a mille,
E dai labbri socchiusi
E dai capei diffusi in bionde anella.
Stringer quelle e trattar m’era diletto
30Morbide più che penna d’aïrone,
E sul bel volto e sovra il bianco petto
Sfogliando nevigar fior di stagione.
Dal gentil nembo tocchi
Schiuse languidi gli occhj
35Ella, e fe’ rosso il viso,
E m’allegrò d’un riso - tuttavia.
Costanzo. China i begli occhj e nell’andar modesta
E piena d’ineffabil leggiadria,
Sotto un candido velo, in umil vesta,
40L’altrier Madonna al maggior tempio gia,
E tutta gente accolta in sulla via
Di soave stupor facea tremante.
Veníala ognun con dolce atto inchinando,
E a me parea veder d’angeli schiera
45Seguirla con amore e dir, cantando:
— Sorgi, o diletta, alla più alta sfera; —
E d’ambrosia immortal, colà dov’era,
L’aria del tempio si sentia fragrante.
Pontano. Un poderel gentile, una casetta,
50Dove sul mar Posilipo declina,
Dove abbracciato colla mia diletta
Ora il limpido ciel di Mergellina,
Ora il bel flutto io scopra,
E folta mi ricopra
55La pergola vivace;
Quest’un desio mi giace entro dell’alma:
E uno schifo talora ambo ne porti,
Solcando il mar, tra Procida e Miseno,
Là dove dai verzier vaghi e dagli orti
60Spirto sen’ vien di mille odori ameno;
Ed ella grazïosa,
Con la voce amorosa
Canti dolci parole
Che la marina e il Sole - e il ciel rallegri.
65Talor sul vespro in solitaria parte
Di naccare e di flauti alle cadenze,
Mutar la veggia senza studio ed arte
Sue lascivette e facili movenze;
Poi, con gioconda faccia,
70Entro le aperte braccia
E sui lenti ginocchi
Per vezzo mi trabocchi - ella e mi baci.
Costanzo. O felice languir, s’ella il saluto
Dolce e amorevol suo mai non disdica,
75E legger sappia nel color ch’io muto
E nel parlar che sè medesmo implica;
E giunga il di che sospirando dica:
— Più bel cor non vid’io, nè più costante. —
E se gli occhj volgesse agli occhj miei,
80Pur come insegna a’ suoi discenti amore,
O per troppo di gaudio io mi morrei,
O com’è in ciel beato ogni splendore
Solo mirando al suo nobil Fattore,
Di me nel mio guardar fora il sembiante.
Pontano. 85Sognai (pèra quel sogno) estinta e chiusa
Tra verdi zolle, oimė! la mia fanciulla ;
E nel cor mi piangea l’alma, rinchiusa
In quel dolor ch’ogni conforto annulla:
Quando di bianche rose,
90Fuor dalle zolle erbose,
Vid’io nascer tra breve
Un cespite, che lieve — aura scotea.
Poi l’aura in voce si cangiò e disse:
— In queste rose, amico, in queste foglie
95(Non ingrata dimora) il ciel m’affisse:
Quindi ogni april rinnoverò le spoglie,
Quindi l’odor che grato
Somiglierassi al fiato
Del vergin labbro mio.
100Di queste rose, o pio, — côgli e t’acqueta.
E qui con meco a sospirar d’amore
Vien cerchiato di mirto anco talvolta :
Bacia il caro virgulto e con umore
D’ambra lo avviva, e il picciol vento ascolta
105Ch’entro il suo verde ramo
Vien susurrando: Io t’amo.
Indi i fioretti miei
Più rugiadosi e bei — côgli e t’acqueta. —
Costanzo. La morte di colei che m’innamora
110Già nel fallace immaginar viď io:
Vedovato d’onor, di pace fuora,
Orbo giaceasi e bujo il secol rio:
Ella altera ascendeva in grembo a Dio,
A guisa di beata e trionfante.
115Per prodigio d’amor seco saliva
L’attonita mia mente, e lei scorgea
Fiammeggiar come stella e come diva.
Ma ciò che impresso è nella calda idea,
Ciò che mirava io là, ciò che intendea,
120Mai ridir non isperi uomo parlante.
Nella sua spoglia intanto ombra non era
Di morte, ma di sonno e di stanchezza;
E sorrideva a noi sua bianca cera
Composta in nuova spirital bellezza;
125E il crin le coronava una chiarezza
Qual se stato le fosse il Sol davante.
Costanzo. È dell’alma Natura
Amor figliuolo e padre,
E di cose leggiadre anima e luce.
Pontano. 130Amore alma è del mondo, amore è cetra
Che d’auree corde ed infinite e sante
Leva eterna melòde al primo amante.