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Poesie (Mamiani)/Idillj/Rispetti di un Trasteverino

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Idillj - Rispetti di un Trasteverino. - Idillio popolare

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Idillj - Rispetti di un Trasteverino. - Idillio popolare
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RISPETTI DI UN TRASTEVERINO.

IDILLIO POPOLARE.


          Alli tuoi vetri affacciasi la Luna,
Crezia, per vagheggiare il tuo bel viso:
Oh fossi un de’ suoi raggi io per fortuna,
Che scoprirei là dentro il paradiso!
5Ovver mi trasformassi in qualcheduna
Di quelle pianticelle di narciso
Che tien’ su la finestra e le ristori
D’un risolino sempre che le odori!
          Fior di lattuca,[1] e tu se’ tanto bella
10Che non ti comprerebbe oro che luca:
E dico e giuro, fior di pimpinella,
Che sembri una Madonna di San Luca.
In la furlana salti così snella,
Che sembri un cavriuol, fiore di ruca:
15Io dico e giuro, fior di melanciane,
Che tu se’ it Sole delle Montigiane.
          Fior di frumento, e il di che da Testaccio
Scender, bella, ti vidi a passo lento,
E il cembaletto alzar col manco braccio,
20Piena le trecce di spillon d’argento,
Io subito venuto e foco e ghiaccio,
Pur guardandoti fiso con pavento,

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In San Pietro, diss’io, non vidi scolto
Nè dipinto giammai un si bel volto.
          25Fior di maggese, e mille zerbinotti
Presso ti stanno e avvisano lor prese;
Chè roccolo non à tanti merlotti
Nė tanti agrumi tien Villa Borghese:
Ma chi mi fa dormir di male notti
30È un certo fusto che va per le chiese:
Fiore di mercorella e fior di cisto,
Io lo farò saltar da Ponte Sisto.
          Ma, Crezia, i’ son per te cane che abbaja,
Chè tu, crudel, non m’odi e fai la sorda:
35Già vengo roco più d’una ghiandaja,
E al mandolino è già rotta una corda.
Fior di quel, fior di questo a centinaja
Vo nominando, e quante mi ricorda
Aver veduto in prati erbe fiorire;
40Ma tu non senti o tu non vuoi sentire.
          Un gran torto mi fai, dolce bocchino,
A disprezzar per questo lo mio amore,
Che da spender non ò sempre un zecchino,
E ’l mio mestiere è quel di friggitore;
45Nė badi assai che un conte palatino,
Un milordo inghilese, un monsignore
Prender su me non ponno il sopramano,
Chè il mio sangue è, per Dio, sangue romano.
          Son friggitore, è vero, a Sant’Andrea,
50Ma non ò conti aperti con veruno:
Povera vita faccio ma non rea,
E so quando è mestier stare a digiuno:
Io non ò trine addosso da livrea,
Vivo del mio sudor nè servo alcuno;
          55Non son palafreniero, nè scozzone,
Nè caudatario, nè guardaportone.
Non fo per dir, ma il giorno delle feste,
Quand’ò la giacchettina di velluto
E la rezzola guernita di creste,
60Fibbie d’argento e scarponcel puntuto,

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Crezia, non fo per dir, ma in quella veste
Con certi cascamorti i' non rifiuto
Venire al paragone; e quando io passo,
65Qualche fanciulla dice ch' io son l'asso.
          Trovami alcun che vaglia più di mene
I barberi a sostare in capo al Corso,
O tiri nel pallon bòtte si piene,
O faccia tombolar per terra l'orso
70(Quando all'incontro inalberato viene)
Con un sol colpo, senz' altro soccorso:
Trova se piede mai fu così snello
A ballar tutta notte il salterello.
          Per forza e per coraggio io non la cedo
75A niun cristiano, e guai a chi mi tocca!
Lo san molti paini, a quel ch'io credo,
Ch'era lor meglio aver chiusa la bocca:
E sa Monte Testaccio ch'io possiedo
Tanto di core, e non fu prova sciocca
80Contra sette gendarmi a tener duro,
E quattro ne cacciai tra l'uscio e 'l muro.
          Io non séguito l'uso dei Minenti,
Che non rifinan mai di farsi belli.
85Pur dimmi, Crezia, e non vo' già che menti
Per raddoppiarmi al cor punte e martelli:
Dimmi, bocchin d'amore, ov'è che senti
Con me' garbo del mio cantar stornelli,
E far più lungo il trillo e più sonoro
90Quando m'inspiri tu, dolce tesoro ?
          Nė sai che all'osteria del Pellicano
A improvvisar con Beppe ò gareggiato?
E fioccavano i versi a mano a mano,
Ch'io parea legger dentro a uno stampato.
95Di Scevola che al foco arde la mano
E di Virginia bella ò verseggiato ;
E di Lucrezia sopra il gran cordoglio,
E sull'oche per fin del Campidoglio.
          Ma della tua superbia irragionevole
100Ogni di più riscontro la cagione:

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Magagnato i’ ti sembro e rincrescevole,
Anzi il più tristo grugno del Rione,
Perchè ti piace Renzo lo svenevole;
Renzo ti piace, il brutto ipocritone,
105Che nelle sacristie trascina i zoccoli
E suona le campane e ruba i moccoli.
          Torce il collo si sempre, che a vedello
Somiglia a un fico dalla pioggia sfatto:
Guarda sottecchi in questo lato e in quello,
110E non fa nulla se non di soppiatto:
Negli occhi à un luccichio come d’orpello,
E in ogni cosa tien forma di gatto.
Ma tu gli lisci il pelo e lo accarezzi
Pur nondimeno, e me fuggi e disprezzi.
          115Oh questa mosca io mi vo’ tor dal naso,
E sia per accadermi ogni malanno;
Chè sento che il bicchiere è colmo raso,
E il diavolo ne goda s’io mi danno.
Macchie, fossi, dirupi ad ogni caso
120Il povero bandito ajuteranno:
Ma tu, Crezia, sarai cagion funesta
Ch’io verrò messo al bando della testa.
          E qual cor sarà il tuo, Crezia crudele,
125Quando i birri verran sulla mia traccia;
E preso e ammanettato il tuo fedele
Vedrai tornar con sanguinosa faccia;
E il popol furibondo e pien di fele
Come al toro ferito entro la caccia,
130Udrai gridarmi dreto: Moja, moja;
E vedra’mi ridotto in man del boja!
          Non mi cercar nel cataletto in chiesa,
Chè il mio corpo starà fuor di sacrato;
E già in inferno l’anima discesa
135Tanto poi t’odierà quanto t’à amato....
Ahi questo no! chè vivrà sempre accesa
E perduta di te contra suo grato.
Odierà ben sè stessa e il mondo e Dio;
Te sempre adorerà, bell’angiol mio.

Note

  1. [p. 359 modifica]Sogliono i Trasteverini ne’ loro improvvisi introduarre i nomi di molti fiori, con ciascuno de’ quali fanno rimare uno o due versi; e i ternarj o quadernarj che se ne formano, sono domandati stornelli, sconciatura di ritornelli.